Di birra negli ultimi anni si parla spesso e in ogni stagione dell’anno. Ancora più di frequente se ne discute a sproposito, aggrappandosi a falsi miti e convinzioni personali che però non hanno un riscontro reale. Abbiamo voluto cercare di fare chiarezza dedicando alla birra la nostra rubrica settimanale sui miti alimentari
Bevo birra anziché del vino perché fa bene alla mia salute
VERO/FALSO Il bevitore abituale di birra, come tanti di noi del resto per altri aspetti nutrizionali, cerca sempre di ricevere un’indulgenza e se quella che trova è di tipo “plenaria” allora è ancora meglio. Nel tempo si è letto e sentito che la birra non aumenta il colesterolo, anzi lo riduce, che previene le malattie del sistema scheletrico, che riduce i problemi cardiocircolatori, che può spianare le rughe etc. Tra l’immagine della birra alla “spina” e la fonte dell’eterna giovinezza dello spagnolo Juan Ponce de León spesso il confine sembrava molto labile, ma ricordiamo che la birra è pur sempre una bevanda alcolica. L’alcol è pur sempre una molecola da valutare bene per i suoi effetti diretti sul nostro corpo e per gli effetti indiretti derivanti invece dal suo abuso. La birra è una di quelle bevande che permette di socializzare e ciò spesso fra i giovani per motivi economici o per la convinzione che non sia fonte di pericoli, permette di apprezzare alcune pietanze tanto che numerosi Chef negli ultimi anni si sono dedicati a cercare le migliori combinazioni birra con piatti che non siano la semplice pizza. La birra è una bevanda che permette di rinfrescarsi in una serata calda, ma va consumata in modo misurato, ricordandoci che l’alcol è un “falso amico” che ci nasconde di avere riflessi pronti e la perdita della padronanza delle nostre capacità ad esempio di guida, ma intanto alle spalle ci sta giocando un brutto scherzo.
Amo le birre trappiste o quelle di abbazia perché sono un qualcosa di molto particolare
FALSO Ahimè questo è un mito che crolla molto rumorosamente. Le birre trappiste sono delle bevande ben regolarmente e che si producono in Monasteri benedettini della stretta osservanza, dove si hanno delle regole di convivenza e di preghiera molto chiare. Le birre trappiste oggi sono prodotte solo in sei monasteri belgi fra cui la Chimay, mentre due marchi sono di origine olandese, esiste una birra trappista da un monastero austriaco, uno è autorizzato negli USA, la birra trappista in Italia è prodotta presso l’Abbazia Tre Fontane vicino Roma e, infine, troviamo solo un marchio inglese. La birra trappista francese e quella spagnola sono dei casi anomali. Le birre trappiste devono essere prodotte con precisi metodi è usando un processo di alta fermentazione tipico delle birre belghe o inglesi. Queste birre, chiamate Ale, chiedono di aggiungere al mosto dei lieviti della famiglia dei Saccharomyces cerevisiae che lavorano ad alte temperature, 12 e i 23 °C, molto velocemente. Le birre a bassa fermentazione, per intenderci le Lager, usano lieviti Saccharomyces uvarum e lavorano fra 7 e 9°C, sono birre lente come processo di ottenimento ma con un aroma più semplice e dove chi beve non sente troppo il contributo di malti e luppoli come nelle birre Ale. Il termine trappista viene concesso solo a pochi siti e sono riconoscibili dalla presenza di un chiaro logo esagonale. Differenti sono le birre di Abbazia che non sono così ben regolamentate e sono chiamate in questo modo perché prodotte vicino a monasteri, o perché la ricetta deriva da una birra trappista o perchè il nome ricorda qualche monastero. La scelta tra una birra trappista o una Lager oppure con una birra del tutto diversa ad esempio a fermentazione spontanea, è del tutto personale e dove vi è “gusto” non mancherà mai “il guadagno” per cui si scelga non la birra migliore ma quella che più piace.
Amo la birra solo ghiacciata e preferisco le birre chiare che sono certamente meno alcoliche
FALSO La birra è uno dei primi prodotti che l’uomo ha iniziato a produrre come il pane, il vino o i formaggi con l’aiuto del mondo dei microrganismi, potremmo definire questi prodotti come i primordi dell’uomo nell’utilizzo di processi microbici, che permettono di raggiungere vette sensoriali e di piacere a volte inaspettate. La birra calda o anche tiepida è una vera iattura che si merita un nostro “nemico”. Troppo fredda però non è neanche la migliore soluzione, le nostre sensibili papille gustative se sono provate dal freddo vengono meno al loro lavoro e non ci fanno apprezzare al meglio quello che stiamo provando. La giusta temperatura dipende dalla birra, per non sbagliare è meglio posizionarsi fra i 5 e i 6°C permettendoci di apprezzare questa bevanda al meglio. Il colore delle birre è talvolta fuorviante per cui associamo un colore “scuro” ad un grado alcolico maggiore. Ad esempio la Guinness, ovvero la birra irlandese scura per antonomasia, ha un grado alcolico di circa 4,2° e il suo colore dipende dalla tostatura più spinta del malto che permette di produrre delle melanoidine in maggiori quantità e che, peraltro, partecipano al noto sapore amarognolo. Nelle lattine è inserita, prima di tapparla, una piccola sfera di plastica che aiuta a imitare la spillatura e permette di avere un bello strato di schiuma resistente come nelle birre spillate. La schiuma non è un trucco per dare meno birra oppure un semplice fatto estetico, ha lo scopo di fare da tappo per qualche minuto alla bevanda impendendo di ossidarsi o di disperdere aromi volatili prima di consumarla. Nelle bottiglie della Guinness troviamo un oggetto differente che, non deve uscire dal collo, ma svolgere le stesse funzioni di aiuto nella formazione della schiuma quando si riempie il bicchiere.
Non tutte le birre sono uguali, ma anche le bottiglie devono essere scelte bene per avere il meglio
VERO La birra è un prodotto che, come tanti del resto che si ottengono attraverso dei delicati equilibri di fermentazioni, di conservazione, etc., ed è molto importante usare delle bottiglie scure perché quelle trasparenti o di colore verde non proteggono la birra soprattutto dalla luce e questo porta a modificarne sapori e gusto. Le bottiglie scure, un po’ come nell’olio extravergine di oliva, sono le migliori per mantenere inalterata la parte sensoriale che il maestro birraio ha voluto farci provare. Vale la pena anche di ricordare che le birre in lattine non sono sinonimo necessariamente di bassa qualità. Se nel passato l’alluminio del contenitore partecipava al gusto della birra dandole un retrogusto poco apprezzato e molto metallico, oggi per risolvere questo punto debole, quasi tutte i birrifici proteggono l’interno con delle lattine con dei rivestimenti, non rischiosi per la nostra salute, mantenendo i vantaggi dell’alluminio che si raffredda molto rapidamente per consumare birre alla giusta temperatura. Per concludere non è il contenitore a fare qualità, ma il contenuto per cui se nelle lattine mettiamo birra eccellente troveremo birre eccellenti.
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Amo solo birra “doppio malto” mentre tutte le altre sono delle “pallide” imitazioni
FALSO Altro mito che potrebbe rendere i bevitori di birra molto basiti: la birra doppio malto è solo un frutto dei nostri legislatori. Le birre sono classificate fra di loro in base al cosiddetto “grado Plato”, ovvero volendo semplificare, a quanto zucchero contengono. Esistono per questo motivo 5 tipologie di birra per cui una birra analcolica, ovvero meno di 1,2° gradi alcolici può avere fino all’8% di saccarosio. La doppio malto è una birra con un grado alcolico almeno anche di 4,5° ma con il 14,5% di saccarosio presente mentre nulla vieta ad avere una birra con un grado alcolico di 6° e almeno il 13% di zuccheri presenti di essere assaggiata ma non di chiamarsi doppio malto. Non esiste un legame fra quanti zuccheri sono presenti e il grado alcolico della birra. A volte, la fredda normativa che serve a catalogare e incasellare rigidamente i prodotti, permette di creare dei miti come la “doppio malto” sinonimo di birra molto alcolica, ma basta leggere la Legge 16 agosto 1962, n. 1354 per comprendere tutto questo. In questa normativa che risale a oltre mezzo secolo fa, viene escluso l’uso di sostanze schiumogene per simulare la schiuma tanto desiderata oppure di microrganismi che non siano Saccharomyces carlsbergensis o di Saccharomyces cerevisiae, o ancora non permette di chiarificarle se non con mezzi meccanici oppure usando sostanze del tutto innocue per la nostra salute.
Bevo poca birra perché fa ingrassare ed è amara inoltre non si può conservare troppo a lungo
FALSO La birra contiene certamente dell’alcol, che oltre ai danni derivanti dal suo abuso, che di calorie ne concede circa 150 per lattina da 33 cl, mentre con mezzo litro di birra si può arrivare a 230 calorie ma è l’effetto rigonfiamento dovuto all’anidride carbonica che ci gonfia e lo stomaco non percependo la sazietà tende a mangiare altro portando le calorie come valore alle stelle. Per il gusto definito “amaro” dipende molto dal modo di produrla, è spesso si è scelto di avere molto luppolo che fornisce lo spunto amaro, ma che per le donne in lattazione non è sufficiente a far produrre più latte. Tutto al più, ci si può far consigliare per avere una tisana al luppolo così da avere meno difficoltà ad allattare il neonato al seno come è oramai acclarato sia la prima scelta da fare. La presenza del luppolo nella birra è molto frequente perché è grazie ai suoi composti che ripuliamo le papille gustative dopo un sorso e ci prepariamo a riassaggiare al meglio quello successivo, naturalmente sempre senza abusare. La birra è una bevanda che può “invecchiare al fresco e al buio“ senza grossi problemi mentre dove si usato molto luppolo, si può notare un cambiamento del sapore che non sempre è apprezzato dai consumatori. Le birre non artigianali sono “pastorizzate” per cui resistono bene nel tempo e in pratica è come osservare una “foto della birra” al momento della sua produzione. Le birre più artigianali sono paragonabili a un “film” che scorre nel tempo per cui la data di maturazione in bottiglia e una data per il cosiddetto “best before” evita che la birra scada di qualità sensoriale rovinando una bella serata trascorsa in allegra compagnia.