Un doppio colpo basso per l’Italia dell’olio. Restata a bocca asciutta nel rinnovo a fine giugno delle cariche del Coi, il Consiglio oleicolo internazionale, organismo internazionale sotto l’egida dell’Onu, l’Italia ha dovuto fare i conti con un’altra cattiva notizia: la cacciata del responsabile dell’Unità chimica del Coi. Il colpo di mano viene raccontato da Alberto Grimelli direttore di TeatroNaturale.it che scrive: “Meno di un’ora dopo la rielezione, Abdelladif Ghedira (tunisino, confermato anche lo spagnolo Jaime Lillo come direttore delegato, ndr) ha dato il benservito all’italiano a capo dell’unità chimica del Coi, vincitore del relativo concorso e alla scadenza dei sei mesi del periodo di prova. La motivazione del licenziamento è surreale: troppo bravo (…) La sostituzione è avvenuta a tempo di record, con una tunisina, guarda caso la stessa nazionalità del direttore esecutivo, pronta a prendere il posto dell’italiano silurato”.Â
Obiettivo? Depotenziare il panel test
Il motivo di tanta fretta? Un atteggiamento più morbido verso la “riforma” del panel test. La proposta della Spagna che giace da tempo prevede nei fatti un depotenziamento della prova organolettica che deve accertare l’assenza di difetti nell’extravergine fintanto che è in vendita sugli scaffali. Cosa vorrebbe la Spagna (e non solo)? Un extravergine immesso sul mercato una volta superato il panel test per 12 mesi non può più essere messo in discussione. Un via libera sostanziale a miscele di oli di dubbia provenienza e qualità .
La lunga mano delle lobbies
Ma ci sarebbe dell’altro come spiega bene Grimelli nel suo articolo: “Nei corridoi della sede del Coi si dice che le epurazioni di italiani potrebbero anche continuare. Forte la tentazione di vedere in questa serie di incredibili accadimenti una congiura di Tunisia e Spagna contro l’Italia. E potrebbe essere un errore. Un’interpretazione semplicistica, su cui mi sto in parte ricredendo, specie se verrà confermata la notizia, riportata dall’OliveOilTimes, che vuole che il Coi, guidato da Ghedira, abbia assegnato alla Arabffi (la Federalimentare araba), guidata dall’amico Hayssam Jaffan, l’incarico di diffondere la norma e gli standard Coi nel mondo arabo. Sarebbe alquanto strano e anomalo, ancora una volta senza precedenti, che un organismo internazionale, sotto l’egida dell’Onu, dia un simile incarico a un’associazione privata, composta da aziende che fanno profitti sull’olio d’oliva. Se così fosse, unitamente alla storica vicinanza al mondo delle cooperative olearie iberiche di Jaime Lillo, attuale direttore aggiunto spagnolo del Coi, l’asse che si potrebbe intravedere non è fra Stati ma tra lobbies: quelle delle grandi e grandissime cooperative spagnole e dell’industria olearia marocchina e tunisina“.
A pensar male si fa peccato, viene da pensare, ma spesso ci si azzecca.
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