La quantità di zucchero aggiunto nelle bevande zuccherate vendute a Filadelfia è diminuita della metà nel primo anno in cui la “sugar tax” è stata in vigore. A dirlo è uno studio pubblicato all’inizio di questo mese sulla rivista Jama, guidato da ricercatori dell’Università della Pennsylvania, Johns Hopkins, Harvard e il Dipartimento di salute pubblica di Filadelfia. Sono stati confrontati i dati di vendita di un anno prima e un anno dopo l’applicazione della tassa in 291 rivenditori di catene. A fare la differenza era il prezzo aumentato rispetto al passato: il prezzo delle bevande aumentava di 0,65 centesimi per ogni 28 grammi nei supermercati, 0,87 nelle grandi catene a e 1,56 centesimi nelle farmacie. Nello stesso periodo, c’è stata una riduzione del 59% nella vendita di bevande tassate nei supermercati, una riduzione del 40% presso le gdo e una riduzione del 13% nelle farmacie, con una riduzione complessiva di 1,3 miliardi di once dopo la tassa, pari a quasi 37mila tonnellate.
Povertà e costo, le variabili importanti
Secondo i ricercatori, le riduzioni sono notevolmente più grandi rispetto ad altre città che hanno introdotto la sugar tax, come Berkeley, e questa differenza potrebbero essere dovute all’imposta più elevata di Filadelfia di 1,5 centesimi l’oncia rispetto all’1 centesimo di dollaro di Berkeley, anche se un’altra variabile da tenere in considerazione è anche il tasso di povertà , che a Philadelphia è maggiore, dato che il consumo di bevande zuccherate tende ad essere più alto tra le popolazioni a basso reddito che sono anche più sensibili ai prezzi.
Il confronto con le zone limitrofe
Come prevedibile, però, la tassa spinge le persone ad andare a comprare nei territori vicini: “circa un quarto del calo del volume delle vendite di bevande tassate è stato compensato da un aumento del volume delle vendite nelle aree di confine, indicando una riduzione complessiva del 38%”. Rispetto all’impatto dal punto di vista occupazionale, i ricercatori non rilevano variazioni rilevanti, e citano altri studi che dicono come le sugar tax non abbiano avuto alcun effetto sulla disoccupazione nazionale o sui cambiamenti occupazionali nei negozi di alimentari commerciali o manifatturiero, ad esempio due anni dopo la tassa del Messico.