Uno studio internazionale ha analizzato il database dell’Oms sulle reazioni avverse ai farmaci e lancia un alert sul possibile nesso tra l’uso degli antidiabetici e dimagranti, a base di semaglutide, e il rischio suicidi
Contrordine sui farmaci antidiabetici (e dimagranti) a base di semaglutide: dopo una serie di notizie positive sugli effetti benefici legati all’uso di questi farmaci, arriva un alert importante che riaccende l’attenzione sul possibile nesso con il rischio di suicidi. È quanto emerge da una original investigation pubblicata lo scorso 20 agosto su Jama Network open, frutto della collaborazione di psichiatri statunitensi, svizzeri e italiani. Lo studio ha esaminato il database globale dell’Oms sulle sospette reazioni avverse ai farmaci, individuando oltre 100 casi di persone con ideazione suicidaria collegati a semaglutide. Nello specifico sono state analizzate le segnalazioni di eventi avversi che comportavano pensieri suicidi o tentativi suicidari/autolesionistici associati a semaglutide e liraglutide, raccolte tra novembre 2000 e agosto 2023. Sono stati individuati 107 casi di persone con ideazione suicidaria collegati a semaglutide e 162 legati a liraglutide.
Sebbene, al momento, non sia dimostrato scientificamente un rapporto causa-effetto tra l’uso di questi farmaci e le idee suicidarie, la ricerca conferma la necessità di ulteriori approfondimenti per chiarire questo nesso. Nel frattempo è bene osservare ogni cautela nell’uso di questi farmaci che, soprattutto negli ultimi due anni, sono utilizzati in tutto il mondo e sembrano diventati la panacea di tutti i mali. Per saperne di più vi invitiamo a leggere l’approfondimento pubblicato sul numero del Salvagente di maggio, in cui abbiamo analizzato questo fenomeno da diversi punti di vista.
Risultati preoccupanti in associazione ad antidepressivi e benzodiazepine
“Un risultato rilevante dello studio – spiegano i ricercatori italiani dell’Università di Verona che hanno partecipato alla ricerca – è stato che semaglutide è associata in modo sproporzionato a segnalazioni di ideazione suicidaria. Questa associazione è rimasta statisticamente significativa anche quando i pazienti assumevano altri farmaci come antidepressivi o benzodiazepine, mentre non era significativa in persone che non assumevano antidepressivi, suggerendo un possibile aumentato rischio in persone con depressione o storia di depressione oltre che diabete e obesità. Inoltre, la sproporzione era notevolmente più elevata per semaglutide rispetto ad altri farmaci antidiabetici per il diabete di tipo 2 e l’obesità come dapagliflozin, metformina e orlistat. Lo studio ha evidenziato questo aumento delle segnalazioni di idee suicidarie legato alla semaglutide, ma necessita di ulteriori indagini urgenti per chiarire i potenziali rischi e stabilire se esista davvero un nesso causale in questa correlazione”, precisano gli esperti che comunque ritengono il risultato del lavoro “particolarmente preoccupante dato l’uso diffuso e in espansione di semaglutide sia per la gestione del diabete che per la gestione dell’obesità”.
Informare i pazienti sui possibili rischi prima di prescrivere il farmaco
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“Sulla base di questi risultati – afferma Chiara Gastaldon, che ha coordinato lo studio della Sezione di Psichiatria del Dipartimento di Neuroscienze, biomedicina e scienze del movimento dell’ateneo di Verona – suggeriamo che i medici che prescrivono semaglutide informino i loro pazienti sui rischi dei farmaci e valutino la storia psichiatrica e lo stato mentale dei pazienti prima di iniziare il trattamento con semaglutide, agendo con prudenza, valutando approfonditamente rischi e benefici in chi soffre di depressione o ha sofferto di depressione, ideazione suicidaria o tentati suicidi”. Inoltre “incoraggiamo gli operatori sanitari a monitorare e consigliare i pazienti che utilizzano semaglutide a segnalare depressione nuova o in peggioramento, pensieri suicidari o eventuali cambiamenti insoliti dell’umore o del comportamenti. Studi futuri dovrebbero fornire uno sguardo più attento al rischio di ideazione suicidaria associata a semaglutide in persone con precedenti di disturbi psichiatrici o in persone con disturbi psichiatrici in comorbidità”, prosegue l’esperta. “Anche la tirzepatide – aggiunge – un duplice agonista dei recettori Gip e Glp-1 recentemente approvato per il trattamento dell’obesità, dovrebbe essere monitorata da operatori sanitari ed esperti di farmacovigilanza. Scoraggiamo l’uso di questo farmaco per impiego diverso da quello per il quale è stato autorizzato e senza alcuna supervisione medica, come successo in diversi Paesi”.
Fondamentale il ruolo delle Autorità di farmacosorveglianza
“I medici e i pazienti – puntualizza Gastaldon – non dovrebbero interpretare questi risultati come prova della relazione causale tra ideazione suicidaria e semaglutide, poiché gli studi di farmacovigilanza non possono dimostrarlo, ma mostrano solo un’associazione tra l’uso di semaglutide e segnalazioni di ideazione suicidaria”. Le ricerche in corso su semaglutide e rischio suicidi confermano “l’importanza di una tempestiva sorveglianza post-marketing proattiva. La farmacovigilanza raccoglie e analizzai casi di eventi avversi, fornendo un quadro sulla sicurezza dei farmaci nella vita reale, dove i soggetti possono essere esposti a una serie di farmaci aggiuntivi e possono avere comorbilità (notevoli criteri di esclusione degli studi clinici pre-marketing)”. Sia l’Agenzia del farmaco americana Fda che l’europea Ema stanno proseguendo la sorveglianza sul tema utilizzando diversi dati post-marketing.