L’alternativa verde alla carne rossa sembra convincere gli italiani che sempre più numerosi abbracciano il mondo dei prodotti a base vegetale: un trend in costante crescita.
Secondo i dati una famiglia italiana su tre ha acquistato almeno una volta un prodotto a base vegetale nel 2016, un carrello annuale per famiglia di 13 kg (+ 9%).
Inutile dire che bevande e alimenti a base di soia siano tra quelli che più guadagnano da questa crescita dei consumi. Un successo che ci ha incuriosito e ci ha convinto a vedere chiaro in uno dei prodotti di punta non solo per i consumatori vegetariani e vegani ma che per tutti coloro che mangiano carne ma vogliono portare in tavola ogni tanto un sostituto più sano.
OGM? NO GRAZIE. LA SOIA CHE NON TI ASPETTI
Il test di copertina del numero appena uscito del Salvagente è proprio dedicato a offrire delle risposte agli appassionati di burger, cotolette e polpettine a base di soia. Ne abbiamo infatti, portate in laboratorio ben 18, prodotte dai big del settore, a marchio dei supermercati, offerti nei negozi di biologico e perfino nei discount.
Su tutti abbiamo chiesto ai laboratori di controllare la presenza di Ogm, di micotossine, di pesticidi e abbiamo valutato la qualità degli ingredienti che finivano nell’alimento.
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Pur senza togliervi il gusto di sfogliare il giornale e di andare a cercare chi vince il nostro confronto, così come i prodotti (anche famosi) che sono stati bocciati, è il caso di anticipare che nella gran parte dei casi abbiamo trovato soia con ogni probabilità di origine italiana, certamente non extraeuropea.
LA PROVENIENZA? NON IN ETICHETTA
Non ha dubbi Stefano Masini, responsabile Ambiente di Coldiretti: “Quella della soia è una filiera ancora di nicchia, le produzioni – seppur in aumento – sono ancora modeste e di conseguenza le aziende possono ancora permettersi di investire in qualità”.
Eppure l’indicazione della materia prima in etichetta non è obbligatoria per i prodotti che derivano dalla soia come quelli che abbiamo portato in laboratorio. Forse lo sarà in futuro, se i consumatori dimostreranno interesse a conoscerlo come già accaduto con i prodotti a base di latte e come accadrà, dal prossimo 19 aprile, per la pasta. Per il momento dobbiamo “fidarci” di quello che dichiarano le aziende.