Diventa ufficiale il via libera della Commissione Ue al glifosato fino a dicembre 2033. Bruxelles non ha voluto sentire ragioni: né quelle dei cittadini europei né quelle critiche della scienza. Ma già da ora gli industriali devono fare i conti con consumatori che non ne vogliono neanche in tracce nei loro cibi. Una vittoria di Pirro?
Segnatevi questa data: sabato 16 dicembre 2023. In un silenzio degno di miglior causa da quel giorno sono scattati i nuovi, ulteriori dieci anni di libero spargimento per il glifosato in Europa. Qualcuno storcerà il naso per l’aggettivo “libero”, obiettando che anche nella Comunità europea varranno quelle limitazioni all’italiana che da noi sono state imposte già da anni al pesticida probabile cancerogeno.
Non nascondiamoci dietro a un dito: vietare il glifosato “in parchi giardini, campi sportivi, aree di gioco per bambini, cortili ed aree verdi interne, complessi scolastici e strutture sanitarie” è la foglia di fico dietro cui lenire la coscienza del legislatore di fronte all’enorme nuvola di erbicida che ogni giorno avvolge i campi agricoli europei. Proprio la storia e i dati italiani dovrebbero aiutare a togliere il velo a queste ipocrisie: il glifosato che troviamo nelle nostre acque, anche profonde, come prima molecola di sintesi, evidentemente non viene da scuole e parchi pubblici. Viene dai campi e da lì contamina suoli, aria e prodotti alimentari, in Italia come nel resto del mondo.
L’incredibile assoluzione del glifosato per mancanza di prove
Il via libera dovrebbe tornare in discussione solo a dicembre del 2033, complice un
doppio passaggio al Parlamento europeo che non ha prodotto una maggioranza in grado di bocciare la proposta della Commissione. Complice anche il voto italiano, il pallino è tornato proprio a Bruxelles, che ha visto premiata la pazienza e l’impermeabilità dei commissari tanto alla voce dei cittadini europei che a quella della scienza. Se la contrarietà dei consumatori non ha bisogno di altre parole che non siano i numeri schiaccianti di quanti non vogliono il pesticida più usato al mondo nei propri piatti e nell’area che respirano, sulle conclusioni scientifiche ci sarebbe molto da dire. Il Salvagente, tanto nelle pagine del mensile che sul web (e ora perfino in un podcast che trovate su spotify) ha scritto e detto molto. E ha raccontato quanto siano distanti dal pilatesco giudizio espresso dall’Efsa, l’Autorità per la sicurezza alimentare europea, che ha ritenuto non ci fossero aree di preoccupazione critica pur in presenza di “alcune lacune nei dati” l’uso. Un’incomprensibile assoluzione per mancanza di prove, si sarebbe detto in passato in ambito giuridico. Eppure di prove in questi anni ne sono emerse parecchie e sono andate tutte nella stessa direzione di quanto aveva indicato l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’Oms (la Iarc) già nel marzo del 2015, quando definì l’erbicida “probabilmente cancerogeno”.
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La scienza? O è inascoltata o è da demolire
Ultima ma del tutto ignorata tanto a Parma che a Bruxelles la ricerca internazionale curata anche dal nostro Ramazzini che ha mostrato l’aumento di casi di leucemia anche a dosi considerate sicure dalla legislazione europea. A chi, come già accaduto in passato e documentato da autorevoli inchieste giornalistiche, ha speso il suo tempo (magari lavorando al soldo di agguerrite multinazionali) per screditare gli scienziati e i lavori che mettevano in discussione la linea rassicurante di Monsanto, Bayer e altri Big dei pesticidi, varrà la pena ricordare che la ricerca ha coinvolto scienziati e ricercatori anche della Icahn School of Medicine at Mount Sinai, George Mason University, Università di Bologna, Università di Copenhagen, Boston College, Istituto Superiore di Sanità, Università Federale del Paranà, Università della California Santa Cruz e Ospedale di Genova San Martino.
Ma la volontà dei consumatori è determinante
Più in generale, a chi ha osservato questa vicenda dai suoi esordi non sfugge come il via libera silenzioso che dobbiamo segnare in agenda da oggi sia l’ennesimo, forse l’ultimo atto della demolizione di quel Green Deal di cui non rimane più traccia nel Continente, vittima di una destra straripante e degli interessi di agricoltori, allevatori e grandi industrie della chimica.
Tutto finito, dunque? Tutt’altro e lo diciamo anche a costo di essere tacciati per ingenui. A confortarci c’è la salda determinazione dei cittadini europei di non volere alcuna traccia di glifosato né nell’aria che respirano, né nell’acqua che bevono e nei cibi che portano a tavola. La stessa che dovrebbe convincere chi l’ha utilizzata per una crociata contro il grano canadese – ogni riferimento a Coldiretti non è puramente casuale – a guardare con sospetto l’erbicida, nonostante il via libero europeo. La contrarietà dei consumatori assieme all’impossibilità di nascondere i residui di questa molecola – anche grazie ai test di giornali come il Salvagente – è un mix che potrebbe anche essere letale per il made in Italy.