Alessio Fasano è il direttore del Center for Celiac Research al Massachusetts General Hospital della Harvard Medical School di Boston negli Usa e, senza troppi giri di parole, è uno dei massimi studiosi al mondo di celiachia e tra i primi ad aver teorizzato la “gluten sensitivity”, la sensibilità al glutine di cui soffrirebbero molti consumatori non necessariamente affetti dal morbo celiaco. Aver mangiato per anni farine raffinate, o paste con grani selezionati per avere un elevato contenuto proteico, piuttosto che essere stati abituati a mangiare pane o pizza addizionati da “miglioratori chimici” per abbreviare i tempi di lievitazione, possono aver influito nella diffusione di queste patologie? Sono alcuni dei dubbi sui quali abbiamo voluto raccogliere il punto di vista del professor Fasano.
Professor Fasano cerchiamo di fare un po’ di chiarezza: che differenza c’è tra la celiachia e la sensibilità al glutine e quest’ultima cosa comporta?
La celiachia è una malattia autoimmune scatenata dalla ingestione di grani contenenti glutine in soggetti geneticamente predisposti. La patologia si manifesta a livello intestinale con la distruzione della mucosa che porta all’insorgenza dei sintomi sia intestinali che extra intestinali che caratterizzano questa malattia. La sensibilità al glutine non celiaca invece è un’entità da poco “riscoperta” di cui si sa ancora poco, se non il fatto che anch’essa è istigata dall’ingestione di grani contenenti glutine con manifestazioni cliniche che si sovrappongono a quelle della celiachia (infatti le due malattie non sono distinguibili clinicamente) ma con assenza del danno intestinale che caratterizza la celiachia.
Anche la “cura” alimentare è diversa?
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Anche se l’implementazione della dieta priva di glutine è l’intervento terapeutico di scelta per entrambe le condizioni, il modo in cui la dieta va implementata e possibili complicazioni sono molto differenti. Per la celiachia la dieta deve essere assoluta e per il resto della vita del paziente onde evitare complicazioni. Per chi è affetto da sensibilità al glutine invece l’aderenza a una dieta ferrea varia da paziente a paziente e non si conosce ancora se una die- ta priva di glutine va implementata per il resto della vita o può risolversi nel tempo.
Perché cresce la sensibilità al glutine?
Molto probabilmente per due ragioni principali: un aumento della conoscenza del problema tra gli operatori sanitari e nella popolazione generale insieme a un aumento della sensibilità nel tempo, come anche registrato nella celiachia
Esiste una correlazione tra l’uso prolungato nel tempo di farine raffinate e l’insorgenza della gluten sensitivity?
Non abbiamo dati solidi in materia, ma è molto probabile che la qualità delle farine, oggi molto più raffinate che nel passato, piuttosto che la quantità ingerita sia respon- sabile di queste “epidemie” di malattie glutine-correlate.
Per anni l’industria pastaia ha selezionato grani per avere un elevato tenero proteico: questo può aver influito sulla diffusione della sensibilità al glutine?
Anche qui non abbiamo dati solidi, ma è possibile che la selezioni di questi grani, insieme al modo di preparare prodotti che usano questo tipo di frumento, siano entrambi responsabili di questa diffusione. Infatti, il carico tossico di frammenti non digeriti di glutine aumenta se si usano grani selezionati o se il tempo di produzione di questi pro- dotti, in particolar modo per il pane, viene abbreviato eccessivamente.
Nel caso del pane vengono utilizzati molto i cosiddetti “miglioratori” ovvero additivi che abbreviano i tempi di lievitazione e “spingono” gli impasti per renderli più compatti. Tutto questo può avere un effetto sull’intolleranza al glutine?
Nel passato la lievitazione era un processo che richiedeva anche 12-14 ore di tempo durante il quale gli enzimi del lievito digerivano i frammenti potenzialmente tossici del glutine. Adesso questo processo, a livello industriale, richiede due ore, durante le quali gli enzimi del lievito “digeriscono” solo una piccola parte del carico tossico del glutine. E di conseguenza questo tipo di panificazione può influire sullo sviluppo della patologia.
I prodotti gluten free spesso sostituiscono il glutine con grassi e zuccheri che rendono i prodotti molto calorici: è un problema?
Certamente lo è, poiché creano uno sbilancio qualitativo e quantitativo del carico calorico quotidiano. Questo però si traduce in un problema alimentare solo in quei soggetti che fanno largo uso di questi prodotti, mentre un consumo limitato ne crea molto meno. Cibimoltocaloricipossonorappresentareunpro- blemaperilconsumatoreceliacogiàdisuoaffetto da problemi metabolici?
Certamente questo può diventare un problema se si fa abuso di questi prodotti. Una dieta bilanciata di prodotti naturalmente privi di glutine, inclusi frutta, verdura, carni, pesce, olio, tuberi, implementata da un numero limitato di sostituti (pane, pasta, pizza, dolci, ecc…) è l’approccio ideale alla dieta priva di glutine.