La dislipidemia può dipendere dall’alimentazione e dallo stile di vita ma anche da altri fattori legati allo stato di salute. Ecco come monitorarla e intervenire per ridurla
L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) teme che entro il 2030 si registri un raddoppio dell’obesità. Entro quella data potrebbe colpire circa il 70% della popolazione globale. Ogni anno muoiono mediamente 3 milioni di persone. Inoltre, un paziente obeso grave riduce la propria aspettativa di vita di circa 10 anni, trascorrendone 20 in condizioni di disabilità.
La condizione di sovrappeso si accompagna a una serie di patologie, in particolare dislipidemia, diabete, ipertensione, malattie cardiovascolari e cerebrovascolari e tumori.
In Italia, patria della dieta mediterranea, circa 4 bambini su 10 sono sovrappeso o obesi, alcuni dei quali destinati a un futuro complicato. La dislipidemia può essere anche un campanello d’allarme in tutti i soggetti, per questo è importante monitorarla e tenerla sotto controllo.
Cos’è la dislipidemia
Il Manuale medico Msd descrive la dislipidemia come una condizione in cui nel sangue è presente un livello elevato di lipidi (colesterolo e/o trigliceridi), quindi grassi, o un basso livello di colesterolo HDL (lipoproteine ad alta densità). Di conseguenza, può accadere che aumenti anche il rischio di sviluppare aterosclerosi in presenza di livelli ematici inferiori alla norma di lipoproteine ad alta densità. L’incidenza di patologie cardiovascolari è superiore proprio nei pazienti con livelli ematici di HDL inferiori a 40 milligrammi per decilitro di sangue.
Le cause possono essere:
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- Di natura genetica
Eccessiva produzione o difettosa eliminazione di colesterolo e di trigliceridi;
- Legate ad uno stile di vita non corretto
Alimentazione e attività fisica;
- Dipendenti da altre patologie
Diabete mellito, obesità, insulino-resistenza, ipotiroidismo, ovaio policistico, utilizzo di alcuni farmaci come gli estroprogestinici, i glucocorticoidi, e altre.
La dottoressa Laura Cassarà, specialista in malattie del fegato e del ricambio presso l’ambulatorio Humanitas Medical Care “De Angeli” a Milano distingue questa condizione tra almeno 3 quadri clinici:
- Ipercolesterolemia
Caratterizzata da un riscontro, a livello ematico, di un aumento del colesterolo.
- Ipertrigliceridemia
Si verifica un aumento dei trigliceridi.
- Iperlipidemie miste
È la condizione in cui si manifesta sia un aumento del colesterolo che dei trigliceridi.
“Mantenere sotto controllo questa condizione – osserva Cassarà – è fondamentale poiché queste alterazioni metaboliche rappresentano un fattore di rischio importante per le malattie cardiovascolari”.
Come tenere sotto controllo la dislipidemia
Se non scoperta e tenuta sotto controllo, in alcuni casi può essere un fattore di rischio rilevante per alcune patologie vascolari come:
- Ictus cerebrali;
- Infarto;
- Arteriopatia periferica.
La dislipidemia si cura attraverso il monitoraggio diagnostico e un cambiamento nello stile di vita e nell’alimentazione.
È fondamentale:
- Perdere peso;
- Svolgere attività fisica adeguata;
- Ridurre i grassi saturi nella dieta;
- In alcuni casi assumere farmaci ipolipemizzanti.
Gli esperti raccomandano perdita di peso quando si è in sovrappeso, smettere di fumare se si è fumatori, riduzione della quantità totale di grassi saturi e colesterolo nella dieta, aumento dell’attività fisica in generale e, se necessario, assunzione di farmaci che riducano i livelli lipidici.
Una regolare attività fisica può favorire la riduzione dei livelli di trigliceridi e l’aumento del colesterolo HDL. Ad esempio si può camminare a passo sostenuto per almeno 30 minuti al giorno.
Come controllare la dislipidemia nei bambini
Il trattamento dei bambini, molto esposti ai rischi di obesità, può essere più complesso. L’American Academy of Pediatrics e il National Health, Lung, and Blood Institute raccomandano il trattamento per alcuni bambini con livelli lipidici elevati. In questo caso si consiglia un cambiamento della dieta. Nei bambini è possibile anche somministrare farmaci ipolipemizzanti quando si presentano livelli lipidici molto elevati che non rispondono ai cambiamenti della dieta, in particolare bambini con ipercolesterolemia familiare.
Cos’è la dieta ipolipemizzante?
Una dieta a basso contenuto di grassi saturi e colesterolo consente di diminuire i livelli di colesterolo LDL. Tuttavia, anche i soggetti con livelli elevati di trigliceridi devono evitare di consumare:
- Grandi quantità di zucchero (contenuti sia in cibi sia in bevande);
- Farine raffinate (come quelle utilizzate nella maggior parte dei prodotti da forno in commercio);
- Cibi ricchi di amido (come patate e riso).
Come scegliere i grassi
La tipologia di grassi consumati è importante. Essi possono essere saturi, polinsaturi o monoinsaturi. I grassi saturi aumentano maggiormente i livelli di colesterolo rispetto agli altri tipi di grassi. I grassi saturi devono fornire non più del 5-7% delle calorie totali assunte ogni giorno.
I grassi polinsaturi (che comprendono gli omega-3 e gli omega-6) possono contribuire a ridurre i livelli di trigliceridi e di colesterolo LDL nel sangue. Il contenuto di grassi della maggior parte degli alimenti è riportato sull’etichetta posta sulla confezione.
Enormi quantità di grassi saturi sono contenute nelle carni, nel tuorlo d’uovo, in alcuni latticini ricchi di grassi, in alcune noci (come le noci macadamia) e nelle noci di cocco. Gli oli vegetali (olio extravergine di oliva) contengono minori quantità di grassi saturi, ma solo alcuni oli vegetali presentano davvero un basso contenuto di tali grassi.
La margarina, prodotta da oli vegetali polinsaturi, è solitamente un alimento più sano del burro, ricco di grassi saturi (circa il 60%). Tuttavia, alcuni tipi di margarina (e alcuni alimenti preparati) contengono grassi idrogenati, che possono aumentare i livelli di colesterolo LDL (cattivo) e ridurre quelli di colesterolo HDL (buono). Le margarine costituite principalmente da olio liquido (in tubetto o barattolo) contengono meno grassi saturi rispetto al burro, non contengono colesterolo e possiedono meno grassi idrogenati rispetto alle margarine in panetto. Le margarine (e altri alimenti) che contengono stanoli o steroli vegetali consentono di ridurre lievemente i livelli di colesterolo totale e LDL.
Più frutta, verdura e cereali integrali
Si consiglia di assumere molta frutta, ortaggi e cereali integrali (ottima la quinoa e altri cereali), alimenti per loro natura poveri di grassi e privi di colesterolo.
Inoltre, si raccomanda l’assunzione di alimenti ricchi di fibre solubili, che legano i grassi nell’intestino e favoriscono la riduzione dei livelli di colesterolo. Tali alimenti comprendono: crusca d’avena, farina d’avena, fagioli, piselli, crusca di riso, orzo, agrumi, fragole e polpa di mela. Anche lo psillio, di solito assunto per alleviare la stipsi, consente di ridurre il colesterolo.
Crusca d’avena, farina d’avena, fagioli, piselli, crusca di riso, orzo, agrumi, fragole e polpa di mela consentono di ridurre il colesterolo.
Quando assumere i farmaci ipolipemizzanti
L’indicazione alla terapia con farmaci dipende non solo dai livelli dei lipidi, ma anche dalle eventuali patologie che interessano il soggetto, come ad esempio coronaropatia, diabete o altri importanti fattori di rischio per coronaropatia. Nei soggetti affetti da coronaropatia o diabete, il rischio di infarto o ictus può essere ridotto dall’uso di farmaci ipolipemizzanti chiamati statine. Anche soggetti con livelli molto alti di colesterolo o che presentano altri elevati fattori di rischio di infarto o ictus possono trarre giovamento dall’assunzione dei farmaci ipolipemizzanti.
Vi sono diversi tipi di farmaci:
- Statine;
- Inibitori dell’assorbimento del colesterolo;
- Leganti degli acidi biliari;
- Inibitori di PCSK9 (proproteina convertasi subtilisina/kexina tipo 9);
- Derivati dell’acido fibrico e acido fenofibrico (qui gli effetti collaterali);
- Integratori di grassi omega-3;
- Niacina;
- Acido bempedoico.
Questi farmaci in genere riducono i livelli lipidici con un meccanismo diverso. Di conseguenza, i vari tipi di farmaci presentano effetti collaterali differenti e possono influenzare i livelli lipidici in modo diverso.
Le medicine vanno generalmente accompagnate a una dieta a basso contenuto di grassi saturi.
Le statine possono ridurre il rischio di morte precoce.
I soggetti con livelli molto elevati di trigliceridi, a rischio di pancreatite, possono aver bisogno sia dei cambiamenti della dieta che dei farmaci per ridurre i trigliceridi, di solito un fibrato o la prescrizione di acidi grassi omega-3.
Come ridurre il colesterolo
Le procedure mediche sono riservate ai soggetti con livelli molto elevati di colesterolo LDL che non rispondono né alla dieta né ai farmaci ipolipemizzanti. Tra questi soggetti sono compresi quelli con ipercolesterolemia familiare.
La LDL-aferesi è la procedura eseguita più comunemente. È un trattamento non chirurgico in cui il sangue viene prelevato dal soggetto e la componente LDL viene separata dal resto del liquido ematico attraverso un’apparecchiatura apposita. Il sangue (meno la componente LDL) viene poi reimmesso nel soggetto.
Anche eventuali condizioni che causano, o sono fattori di rischio per l’aumento dei livelli di colesterolo devono essere trattate. I soggetti con diabete devono controllare attentamente i livelli di glucosio nel sangue.
Vengono trattate anche le malattie renali, le malattie epatiche e l’ipotiroidismo.
Se la causa dell’aumento dei livelli di colesterolo è un farmaco, il medico può prescrivere al soggetto una dose inferiore o un farmaco sostitutivo.
Come fare le analisi del sangue
Tenere sotto controllo la dislipidemia richiede uno sforzo diagnostico.
Intanto non bisogna sottovalutare i sintomi. Livelli molto elevati di trigliceridi possono indurre ingrossamento del fegato o della milza, formicolio o sensazione di bruciore a mani e piedi, difficoltà respiratorie e confusione e possono aumentare il rischio di pancreatite. La pancreatite può causare gravi dolori addominali.
A questo punto occorre consultare il proprio medico che dovrà prescrivere i dovuti accertamenti.
La visita prevede:
- La raccolta di un’accurata anamnesi da parte del medico per analizzare eventuali fattori di rischio concomitanti;
- Un attento colloquio con il paziente per conoscere il suo stile di vita, le sue abitudini alimentari, la sua consuetudine a svolgere attività fisica;
- L’analisi degli esami del sangue portati dal paziente;
- La prescrizione di eventuali approfondimenti di esami ematici o strumentali per meglio definire il quadro clinico e per stabilire l’effettiva necessità di un’eventuale terapia.
Bisogna sottoporsi ad esami del sangue sia prima che 2 o massimo 3 mesi dopo l’inizio del primo trattamento per stabilire se i livelli lipidici stanno diminuendo. Quando i valori si riducono in modo sufficiente, gli esami del sangue vengono consigliati una o due volte all’anno.