Quali sono i possibili effetti collaterali dell’acido fenofibrico

acido fenofibrico

Spesso utilizzato per ridurre i livelli di colesterolo e di trigliceridi nel sangue, l’acido fenofibrico può avere importanti effetti collaterali

L’acido fenofibrico è un agente genericamente somministrato per via orale che ha l’importante contributo di ridurre i livelli di colesterolo e trigliceridi, oltre che di aumentare i livelli di “colesterolo buono”, cioè di Hdl (high-density lipoprotein). I trigliceridi e il colesterolo sono sintetizzati a livello del fegato e inseriti tramite la dieta; nonostante i lipidi siano essenziali per molte funzioni corporee, livelli eccessivi possono ostruire i vasi sanguigni ed aumentare il rischio di malattie cardiache. L’acido fenofibrico viene somministrato, sotto controllo medico, per via orale, sotto forma di capsule o compresse. In genere viene assunto una sola volta al giorno, da solo o in combinazione con altri farmaci. La sua assunzione deve avvenire nell’ambito di un regime alimentare adatto al mantenimento dei livelli di lipidi ematici nella norma. Solitamente, la dose iniziale di fenofibrato viene successivamente riaggiustata dal medico in base alla risposta al trattamento.

Meccanismo d’azione

L’acido fenofibrico è una sostanza simile ai fibrati, un altro tipo di farmaco utilizzato per abbassare i livelli di colesterolo. L’acido fenofibrico agisce aumentando l’eliminazione del colesterolo dal corpo attraverso l’aumento dell’espressione dell’enzima lipoproteina lipasi, che consente al corpo di scindere il colesterolo Ldl. Inoltre, l’acido fenofibrico aumenta la produzione di colesterolo endogeno nel fegato, effetto che contribuisce altresì alla riduzione dei livelli di Ldl.

L’acido fenofibrico è stato approvato dalla Fda negli Stati Uniti nel 2008 per il trattamento dell’ipercolesterolemia e dell’ipertrigliceridemia. In ragione dei suoi effetti, l’acido fenofibrico può essere utilizzato per il trattamento di:

  • alti livelli di colesterolo totale nel sangue (ipercolesterolemia)
  • alti livelli di trigliceridi nel sangue (ipertrigliceridemia)
  • alti livelli di trigliceridi, ma bassi livelli di colesterolo Hdl (dislipidemia mista).

Tuttavia, come per qualsiasi farmaco, ci sono possibili effetti collaterali.

Alcuni aspetti di farmacologia

Da un punto di vista chimico, il fenofibrato è un acido. Si tratta di un composto lipofilo, altamente legato alle proteine, in particolar modo all’albumina. L’idrolisi del suo legame estere lo converte nella sua forma attiva, ovvero l’acido fenofibrico. In sostanza, quindi, l’acido fenofibrico è la frazione farmacologicamente attiva circolante nel plasma in seguito ad assunzione di compresse a base di fenofibrato. Una volta che sia stato assunto, l’acido fenofibrico è ben assorbito in tutto il tratto gastrointestinale, con una biodisponibilità assoluta che si aggira intorno all’81%. L’acido fenofibrico è coniugato principalmente con acido glucuronico ed escreto nelle urine; una sua piccola quantità viene ridotta a livello della parte carbonilica ad un metabolita, il benzidrolo, che a sua volta si coniuga con acido glucuronico e viene escreto nelle urine. Avendo un’emivita di circa 20 ore, è possibile assumere acido fenofibrico una sola volta al giorno.

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Effetti sui lipidi

L’acido fenofibrico e i suoi derivati esercitano i loro effetti primari sul metabolismo lipidico attraverso l’attivazione del recettore-alfa attivato dal proliferatore del perossisoma, proteina del recettore nucleare del fegato. In tal modo, il fenofibrato induce la beta-ossidazione degli acidi grassi, con conseguente minore disponibilità di acidi grassi per la sintesi e la secrezione dell’Ldl. Gli effetti favorevoli sui livelli di Hdl, invece, si manifestano tramite una modificazione delle vie di trasporto inverso del colesterolo. In particolare, si avrà un aumento della sintesi del colesterolo Hdl e dei suoi principali componenti proteici, le apolipoproteine A-I e A-II.

L’acido fenofibrico agisce anche tramite l’attivazione della lipoproteina lipasi, l’enzima che si occupa di scomporre le lipoproteine ricche di trigliceridi, portando a livelli più bassi non solo questi ultimi ma anche l’apolipoproteina B, componente proteica del colesterolo Ldl.

Effetti su parametri non lipidici

Oltre all’impatto sul metabolismo lipidico, il fenofibrato ha effetti benefici anche su parametri non lipidici indipendenti dalla sua azione sulle lipoproteine. In particolare, come gli altri fibrati è in grado di ridurre i livelli di fibrinogeno, modulando anche l’aggregazione piastrinica e la disfunzione endoteliale. Con il trattamento con fenofibrato si è assistito anche a riduzioni significative nei livelli sierici di proteina C-reattiva ad alta sensibilità e di interleuchina 6, importanti marcatori infiammatori. Importante è anche il ruolo del fenofibrato nel ridurre i livelli sierici di acido urico e di fosfatasi alcalina sierica, effetto che lo rende utilizzabile in pazienti con malattie del fegato, inclusa la steatosi epatica non alcolica. Rapporti recenti sembrano suggerire che il fenofibrato abbia un ruolo anche nel metabolismo del glucosio e dei carboidrati, anche se questo problema necessita di ulteriori approfondimenti.

Come assumere acido fenofibrico

In genere, come detto, il fenofibrato si presenta come una capsula a rilascio ritardato (ad azione prolungata), da assumere per via orale. Alcuni prodotti a base di fenofibrato, come Lipofen e Lofibra, devono essere assunti in concomitanza dei pasti; viceversa, esistono altre marche, come Tricor e Trilipix, che possono essere assunte senza cibo. Nella maggioranza dei casi, qualora non dovesse esserci una risposta corretta al trattamento entro 2 mesi, il medico potrebbe consigliare di interrompere l’assunzione.

Chiaramente, l’assunzione di acido fenofibrico deve essere sempre accompagnata da una dieta a basso contenuto di grassi e colesterolo. In genere, si dovrebbero seguire le raccomandazioni dietetiche e di esercizio fornite dal dietologo; in alternativa, è possibile consultare il sito Web del National Cholesterol Education Program per ulteriori informazioni dietetiche.

Come conservare e smaltire acido fenofibrico

In quanto alla conservazione, il farmaco dovrebbe essere ben chiuso all’interno del proprio contenitore e fuori dalla portata dei bambini, conservato a temperatura ambiente e lontano da fonti di calore o umidità eccessiva. Per lo smaltimento, ci si dovrà affidare ad un programma di ritiro dei farmaci; si potrà contattare il dipartimento locale di rifiuti/riciclaggio o consultare il sito web della Fda per lo smaltimento sicuro dei medicinali.

Effetti collaterali e avvertenze

L’assunzione di acido fenofibrico può essere associata a miopatie, oltre che a gravi reazioni cutanee. Tra i suoi possibili effetti avversi, si citano:

  • mal di schiena, dolori alle braccia o alle gambe

  • costipazione

  • mal di testa

  • nausea

  • naso che cola

  • naso chiuso

  • bruciore di stomaco

  • diarrea

  • test di funzionalità epatica anormali

  • aumento degli enzimi epatici Alt e Ast

  • aumento della creatinfosfochinasi (Cpk)

  • depressione del sistema nervoso centrale

  • basso numero di globuli rossi o diminuzione dell’emoglobina

Qualora si presentino alcuni dei seguenti sintomi, è importante contattare subito un medico:

-rash

-orticaria

-prurito

-difficoltà respiratorie

-senso di oppressione al petto

-gonfiore di bocca, volto, labbra o lingua

-debolezza

-dolore o sensibilità ai muscoli

-dolore articolare

-febbre, brividi o mal di gola persistente

-riduzione della minzione o sintomi di problemi ai reni (come urine scure o feci pallide)

-sintomi di una pancreatite

-lividi o emorragie

-desquamazione della pelle o comparsa di vesciche

-dolore alla parte alta della schiena (fra le scapole o al di sotto della spalla destra)

-dolore alla parte alta dello stomaco

-vomito

-arrossamento, gonfiore, dolore, sensibilità o calore a livello di una gamba

-fiato corto

-respirazione dolorosa

-sangue nell’espettorato

L’assunzione di acido fenofibrico può anche aumentare il rischio di patologie muscolari e disgregazione muscolare (rabdomiolisi), motivo per il quale è necessario monitorare, durante un percorso terapeutico con acido fenofibrico, i livelli di creatinfosfochinasi. Si renderà ovviamente necessario interrompere l’assunzione qualora si sviluppino sintomi di calcoli biliari. Altri valori da monitorare saranno:

  • numero di piastrine e di granulociti, tramite un periodico emocromo nel primo anno di terapia;
  • i livelli di creatinina sierica, con lo scopo di monitorare la funzionalità renale nei pazienti a rischio di danno renale;
  • eventuali fattori di rischio per embolia polmonare e trombosi venosa profonda;
  • i livelli di Hdl, perché raramente si è assistito ad un calo paradossale nei suoi livelli.

Qualora si riscontri un grave effetto collaterale, sarebbe bene anche inviare una segnalazione al programma di segnalazione degli eventi avversi MedWatch della Food and Drug Administration online.

Fenofibrato in gravidanza: avvertenze

Sono disponibili, attualmente, dati limitati studi rispetto al rischio associato all’assunzione di acido fenofibrico in gravidanza. Nei modelli animali, gli esiti riproduttivi avversi si sono verificati a dosi tossiche per la madre. In particolare, nei ratti è stato osservato un aumento delle malformazioni scheletriche fetali con un’esposizione corrispondente a 12 volte la dose massima raccomandata nell’uomo, mentre nei conigli ad esposizioni corrispondenti a 10 volte o più la dose raccomandata.

Anche se non vi sono dati rispetto alla gravidanza umana, è sconsigliato assumere acido fenofibrico durante l’allattamento, a causa di potenziali gravi eventi avversi nei neonati e l’interruzione del metabolismo lipidico infantile. Alcuni ricercatori raccomandano di evitare l’allattamento per 5 giorni dopo l’assunzione della dose finale.

Quando non assumere acido fenofibrico

Nel caso in cui si soffra di problemi alla cistifellea o al fegato, di gravi disturbi renali o si stia allattando, l’acido fenofibrico non dovrebbe mai essere assunto. Nel caso, invece, di trattamento con resine sequestranti gli acidi biliari, l’assunzione deve avvenire di norma tra 4 e 6 ore prima o dopo un’ora l’assunzione di acido fenofibrico.

Prima di iniziare un qualunque trattamento a base di assunzione di fenofibrato, sarebbe bene informare un medico rispetto a:

  • presenza di allergie al principio attivo, ai suoi eccipienti o ad altri farmaci o alimenti
  • medicinali, fitoterapici e integratori assunti, citando in particolare l’eventuale presenza di betabloccanti, estrogeni, diuretici, colchicina, statine, immunosoppressori, anticoagulanti o altri farmaci che potenzialmente possono danneggiare reni
  • presenza di diabete, ipotiroidismo, problemi cardiaci, disturbi alla cistifellea, pancreatite, problemi renali, epatici o muscolari, trombosi venosa o embolia polmonare
  • se si è in forte sovrappeso
  • se si conduce uno stile di vita sedentario
  • se si hanno cattive abitudini alimentari
  • se si bevono alcolici
  • se si è in gravidanza o si sta allattando

Meccanismo d’azione dell’acido fenofibrico nel trattamento delle iperlipidemie

Nonostante ad oggi gli inibitori della 3-idrossi-3-metilglutaril-coenzima reduttasi (le statine) siano il cardine della terapia per l’iperlipidemia, secondo l’attuale raccomandazione del National Cholesterol Education Program (Ncep), il ruolo di altri agenti,tra cui i fibrati, è attualmente oggetto di dibattito. In particolare, l’acido fenofibrico è, recentemente, una delle forme approvate dalla Fda per il trattamento di vari tipi di iperlipidemia. Diversi esperti ritengono che l’acido fenofibrico, specie se in combinazione con statine a basso o moderato dosaggio, sia un’opzione efficace e sicura nel trattamento della dislipidemia mista, sebbene gli effetti a lungo termine sulla riduzione del rischio cardiovascolare debbano essere ulteriormente indagati.

Una ricerca del Vascular Health and Risk Management

La ricerca in questione nasce dall’esigenza di indagare nuove opzioni terapeutiche per la prevenzione delle malattie cardiovascolari. Di fatto, tali patologie rappresentano la principale causa di mortalità a livello mondiale. Ed è chiaro che le modifiche dello stile di vita, insieme alla riduzione del colesterolo lipoproteico a bassa densità, hanno rappresentato e rappresentano una priorità nella gestione del rischio di patologie cardiovascolari. Sebbene le statine, come detto, si siano dimostrate efficaci nella diminuzione dell’Ldl, esiste ancora un rischio d’insorgenza di patologia cardiovascolare residuo che ha condotto i ricercatori a svolgere diversi studi sui fibrati.

Tra i derivati dell’acido fenofibrico più comunemente usati, un ruolo importante è svolto dal fenofibrato, che esercita diversi effetti benefici su diversi parametri lipidici e non lipidici, ed è considerato il fibrato più adatto per la combinazione con statine.

La conclusione più importante cui è pervenuto questo studio è che il fenofibrato è stato in grado di ridurre significativamente il rischio di morte per patologie cardiovascolari, ictus e rivascolarizzazione coronarica o carotidea. Finora, parrebbe che il fenofibrato sia l’unico trattamento ipolipemizzante in grado di proteggere i pazienti diabetici da eventi microvascolari. Nel caso specifico dei pazienti con dislipidemia aterogenica, inoltre, si è raggiunto un risultato interessante: la combinazione di fenofibrato e di simvastatina è stata associata ad un tasso inferiore del 31% di eventi cardiovascolari fatali e non fatali, rispetto alla simvastatina da sola. In linea con precedenti studi clinici, inoltre, il fenofibrato ha dimostrato di ridurre la micro e la macroalbuminuria, entrambi marcatori di nefropatia diabetica.