Falso extravergine, lo studio Enea per rintracciare la vera origine delle olive

FALSO EXTRAVERGINE ENEA

La ricerca pubblicata sulla rivista Foods identifica un metodo per scoprire l’origine geografica dell’olio attraverso il terreno in cui è stato coltivata la pianta. Una nuova arma contro il falso extravergine

La sfida è ardua e laddove ancora non è riuscita ad arrivare l’analisi del Dna, potrebbe inserirsi un nuovo metodo di analisi, sperimentato dall’Enea, che sfrutterebbe le tracce chimiche che, sulle olive e sulle foglie, lascia il terreno nel quale affondano le radici gli ulivi. Contribuendo così a fermare le frodi nell’olio extravergine che nascono spesso dalla falsa origine attribuita al prodotto: olio spagnolo etichettato come italiano; olio convenzionale imbottigliato come biologico.

I ricercatori dell’Enea hanno messo a punto una metodologia che consente di verificare l’autenticità dell’olio extravergine attraverso la tracciabilità dell’origine geografica delle olive basata sul contenuto di alcuni marcatori. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Foods.

Lo studio è stato condotto su trentasette campioni di olive e di foglie da undici specie di ulivo (le cultivar prese in esame sono: Cipresso, Canino, Frantoio, Leccino, Maurino, Moraiolo e Pendolino per la produzione di olio, l’Ascolana e l’Uovo di piccione per le olive da tavola e, infine, l’Itrana e l’Ortice per entrambe le tipologie di consumo.) concentrandosi sull’analisi degli elementi chimici presenti. I campioni di olive (drupe) e di foglie di ulivo sono stati raccolti in due diverse aree di produzione nel Lazio: presso il Centro ricerche Enea Casaccia e nel Comune di Allumiere, dove sono stati selezionati cinque diversi uliveti in base alle cultivar (varietà di pianta coltivata) e ai siti di produzione.

Ma come funzionerebbe il nuovo metodo? Spiega in una nota di Enea Claudia Zoani, ricercatrice della Divisione biotecnologie e agroindustria: “Combinando insieme le più moderne tecnologie di analisi, siamo riusciti a identificare la firma geochimica del suolo trasferita alle olive. Questo apre alla possibilità di individuare, in modo sempre più veloce e accurato, l’origine geografica dei prodotti olivicoli e di ‘scovare’ eventuali frodi soprattutto tra le Dop che devono garantire caratteristiche di qualità, autenticità e tipicità strettamente legate al territorio di produzione”.

Per questo studio il team Enea ha utilizzato tecniche di analisi con un’elevata sensibilità, che consentono la quantificazione anche di elementi presenti a bassissime concentrazioni. “Per i nostri test – aggiunge Zoani – ci siamo avvalsi anche di una tecnologia sviluppata nei laboratori del Centro ricerche di Frascati, un dispositivo portatile basato sulla spettroscopia laser fotoacustica che sfrutta luce e suono per eseguire in tempo reale misure non distruttive direttamente sul campione non trattato. Per queste sue caratteristiche, il laser Enea è già stato applicato con successo sia nel campo dell’orticoltura, per rilevare l’attacco di agenti patogeni e per individuare eventuali frodi alimentari in prodotti come il latte in polvere, il miele, il vino, l’olio, i succhi di frutta, il pesce e alcune spezie. E le prove effettuate sulle foglie di olivo con il sistema laser, che si basano su spettri di tipo molecolare, hanno confermato i raggruppamenti per area geografica ottenuti dall’analisi elementale delle olive”.

Non conosci il Salvagente? Scarica GRATIS il numero con l'inchiesta sull'olio extravergine cliccando sul pulsante qui in basso e scopri cosa significa avere accesso a un’informazione davvero libera e indipendente

Sì! Voglio scaricare gratis il numero di giugno 2023

Nello specifico, i risultati dell’analisi elementale hanno dimostrato la possibilità di distinguere i campioni di olive e di foglie per area di produzione, in base alle differenti caratteristiche del suolo. Gli elementi più abbondanti nelle drupe dell’uliveto del Centro Ricerche Enea sono risultati lo stronzio (13 mg/kg) e il rame (13,44 mg/kg). Mentre per la zona di produzione di Allumiere è stato riscontrato un maggiore contenuto di rubidio (12,86 mg/kg) e, successivamente, di rame (11,36 mg/kg) e stronzio (6,74 mg/kg). Inoltre, avere cinque campi sperimentali nella stessa area di produzione di Allumiere ha permesso di confrontare in modo ancora più approfondito il comportamento delle stesse varietà nei diversi campi.

“Oltre a stabilire l’origine geografica delle olive – prosegue la ricercatrice – l’analisi delle concentrazioni degli elementi nelle drupe potrebbe svolgere anche il ruolo di indicatore di inquinamento del suolo. Ma servono ulteriori studi per valutare quali caratteristiche del terreno possono influenzare la presenza dei vari elementi nelle olive e verificare come la loro biodisponibilità possa essere influenzata, ad esempio, dall’uso di fertilizzanti o di fungicidi. Tutto questo servirà a garantire una più ampia applicabilità del metodo Enea per la tracciabilità geografica nelle diverse condizioni di coltivazione, insieme a valutazioni legate alla sicurezza alimentare”.

Il bacino del Mediterraneo rappresenta la più vasta area olivicola internazionale: Spagna (63%), Italia (17%), Grecia (14%) e Portogallo (5%) coprono il 99% della produzione di olio d’oliva dell’Europa che detiene il record in termini di produzione di olive e olio d’oliva (69% della produzione mondiale), di esportazione e di consumo. Oltre al valore economico, i prodotti olivicoli sono alla base della dieta mediterranea e hanno un elevato potere nutritivo e curativo. Il loro consumo è risultato essere un fattore protettivo contro diabete e malattie cardiache, infiammatorie e autoimmuni, grazie agli alti livelli di acidi grassi monoinsaturi, composti fenolici e antiossidanti. Anche i sottoprodotti delle olive hanno un alto valore; ad esempio, l’estratto di foglie di ulivo viene utilizzato come additivo alimentare per il suo alto contenuto di polifenoli ad attività antiossidante e antimicrobica.