Chi paga il basso costo della moda di plastica? Un po’ tutti: ambiente, salute, sfruttamento dei lavoratori. Ecco perché il tessuto acrilico, soprattutto quello misto, andrebbe evitato.
Nei camerini del fast fashion un capo di abbigliamento su due danneggia l’ambiente. Uno studio del 2021 commissionato dalla televisione pubblica inglese BBC ha preso in analisi indumenti di largo consumo e a basso costo. Dai dati emerge come la metà di quelli messi sul mercato sia composto da materie plastiche. Su 10mila prodotti analizzati il 49% risulta realizzato in acrilico, poliestere, nylon ed elastan, tutti materiali che hanno lunghi tempi di smaltimento.
L’acrilico, in particolare, è una fibra sintetica costituita dal polimero poliacrilonitrile, una fibra acrilica inventata negli anni ’40 del Novecento, versatile e durevole.
Nelle pieghe di questi tessuti, però, si annidano le contraddizioni dell’abbigliamento low cost e delle grandi produzioni di massa che dalle passerelle ammaliano le vie dello shopping contemporaneo.
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Chi paga il prezzo del basso costo
Intanto tutto ciò che nella moda usa e getta costa poco lo sta pagando qualcun altro, magari dall’altra parte del Pianeta. Oltre all’impatto ambientale bisogna mettere nel conto anche lo sfruttamento della manodopera a bassissimo costo. Un sistema che nega i diritti dei lavoratori, e purtroppo impiega anche il lavoro minorile. L’organizzazione no profit Remake ha quantificato questa economia sommersa: l’80% dell’abbigliamento globale è prodotto da giovani donne sottopagate e con un’età compresa tra i 18 e i 24 anni. Manodopera impiegata in paesi come Cina, India, Filippine, Vietnam, Indonesia, Bangladesh, Turchia, Brasile e Argentina.
Quanto inquina la moda di plastica
Sul listino naturalmente non si vedono i costi energetici, l’inquinamento da produzione e da consumo, lo spreco. La moda di plastica rilascia 500mila tonnellate di microfibre nei mari, l’equivalente di 50 miliardi di bottiglie. È come se ciascun abitante del Pianeta buttasse in acqua 7 bottiglie di plastica all’anno.
Infine, la moda fast ha bisogno di quasi 100 miliardi di metri cubi d’acqua. L’industria della moda è responsabile del 20% dell’inquinamento delle acque reflue.
I motivi per evitare il tessuto acrilico sono anche altri. Il 2018 ha segnato il primo anno nel quale più della metà delle vendite di capi di vestiario e calzature ha avuto origine al di fuori di Europa e Nord America. Provenienti proprio da quei paesi dove non si rispettano diritti umani, ambiente e modelli di economia circolare. Di questo “anno zero” ne abbiamo parlato sul Salvagente proprio quell’anno, riprendendo un’inchiesta dettagliata del magazine Valori. L’acrilico ha superato il cotone puro. Le fibre miste cotone-acrilico rendono impossibile il riciclo a basso costo, determinando un aumento dei rifiuti in discarica. Il numero di volte in cui un capo è indossato prima dello smaltimento era già diminuito del 36%. In Cina si era già raggiunto il 70%.
Negli anni non sono neppure mancate le frodi ai danni dei consumatori. Oltre alle contraffazioni, bisogna tutelarsi anche dai tessuti acrilici spacciati per filati pregiati, con indicazioni merceologiche false. E il falso, molto spesso non è solo un fenomeno da mercati sospetti.
L’acrilico fa male alla salute?
Questa fibra sintetica è nata più che altro come alternativa alla lana. Il suo impiego si è in seguito largamente diffuso per via della sua resistenza. Tuttavia l’acrilico andrebbe indossato con parsimonia, soprattutto dalle persone soggette ad allergie. Inoltre, contiene sostanze chimiche e coloranti. Meglio le fibre naturali organiche come cotone, lana, seta, lino e canapa.
I vestiti totalmente in acrilico andrebbero evitati nei mesi caldi perché non sono traspiranti.
Ma il vero danno è per l’ambiente e per la produzione. I marchi del fast fashion utilizzano questi materiali sintetici che impiegano centinaia di anni per biodegradarsi. L’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN) ha stimato che il 35% di tutte le microplastiche non biodegradabili che si trovano nei mari provengono dai tessuti sintetici. Questi materiali vengono ingeriti dai pesci che poi finiscono sulle nostre tavole.
La giornata mondiale del cotone
Nel 2021 l’Onu ha istituito l’iniziativa Alleanza per la moda sostenibile, proclamando il 7 ottobre la prima Giornata mondiale del cotone. Questo tessuto naturale sostiene quasi 30 milioni di persone in tutto il mondo. Le Nazioni Unite riconoscono il ruolo fondamentale del cotone per lo sviluppo economico e la riduzione della povertà, ma occorre una crescita economica inclusiva e sostenibile, sia per l’ambiente che per la dignità dei lavoratori. Per raggiungere questi obiettivi bisogna supportare modelli sostenibili di produzione di cotone e cambiare anche i modelli di consumo: una moda meno fast e più slow, vicina all’economia circolare.