Il focolaio di listeria che è partito dall’Italia e ha fatto, al momento, 3 morti, continua a far discutere. Ed è naturale chiedersi se qualcosa non abbia funzionato nella catena di produzione e nei controlli. Vediamo da vicino cosa è accaduto in Italia e cosa accade nel resto del mondo con contaminazioni così pericolose
Continua a preoccupare e a fare giustamente notizia, il focolaio di listeriosi che è partito dall’Italia e che, anche da quanto ha dichiarato a questo giornale l’Istituto superiore di sanità che da subito stava indagando sull’allerta, sembra legato a uno stabilimento in cui si processavano le carni per i wurstel di diversi marchi importanti.
Logico, soprattutto quando purtroppo ci sono i morti – e in questo caso quelli confermati sono 3 – che ci si chieda come è potuto accadere e se qualcosa possa non aver funzionato nella catena di produzione e nei controlli. Per questo è il caso di partire da una panoramica più ampia e dai numeri.
La listeriosi: una malattia rara ma letale
L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la listeriosi come una malattia relativamente rara, ma preoccupante per il suo tasso di mortalità che può arrivare in Europa in media sino al 15%. I dati riportati in Germania dal 2010 al 2019 registrano 5.576 casi e una mortalità del 13% (10.3201/eid2709.210068) specie fra gli ultrasessantacinquenni.
Negli Stati Uniti questo valore di mortalità addirittura arriva al 21% nel 2009-2011. La Listeria che provoca allarme è la Listeria monocytogenes capace di moltiplicarsi nei fagociti (le cellule del sistema immunitario) e di produrre una tossina di tipo proteico chiamata “Listeriolisina O” molto pericolosa anche per altri tipi di cellule provocandone la loro disgregazione. La Listeria è un batterio che usa tipicamente gli alimenti come cavallo di Troia e per questo incontra subito e può facilmente superare la barriera dell’intestino, ma ancora più temibile è il superamento di quella del cervello e della placenta, che probabilmente non rappresenta un serio ostacolo.
Perché la listeria fa paura
È un batterio molto diffuso nell’ambiente ed è sorprendentemente resistente a freddo, caldo e anche all’essiccamento per cui non è un nemico facile da domare e per le aziende alimentari rappresenta un punto critico della sicurezza da monitorare sempre e con efficienza.
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Il batterio può provocare una malattia lieve con febbre del tipo influenzale o dei fastidi gastrointestinali, ma se il sistema immunitario è in parte compromesso per motivi vari fra cui anche un’età avanzata, forme di diabete, essere neonati con immunità ancora immatura etc. si possono registrare dei problemi molto seri.
I casi italiani
La notizia, che ci può solo in parte confortare, è che l’Italia ha dimostrato come il sistema di allarme e di controllo sugli alimenti (Rasff) funzioni, lo stesso accoglimento dell’allarme in Spagna ha però dimostrato che il focolaio è essenzialmente italiano. Se vengono confermati i dati, sono alcuni lotti di wurstel a base di prodotti avicoli ad essere il punto critico.
I dati italiani compresi tra il 2013 e il 2019 sono simili agli altri paesi europei e confermano il trend di aumento dei casi di listeriosi. Nel 2019 sono stati segnalati 202 casi, con incidenza a 0,33 casi ogni 100mila e come tutti in tutta Europa il 6,4% per la fascia età 25-44 anni; il 23,8% per 45-64 anni e il 64,4% in soggetti di età superiore ai 65 anni con 1,7 casi ogni centomila consumatori.
Perché i wurstel (e il loro consumo errato) hanno fatto danni
Partiamo da uno degli effetti del periodi di grave crisi degli italiani che, probabilmente, ha giocato un ruolo in questa drammatica vicenda: la diffusione come alimento dei wurstel in questo caso di pollo o tacchino, trova spazio anche per i costi accessibili in questo momento di crisi economica, o per la loro comodità di utilizzo.
Molto meno giustificabile è l’abitudine ancora di molti di mangiarli come uno snack, ovvero senza cuocerli adeguatamente, pensando che si tratti di qualcosa di sicuro perché industriale, pur se le aziende riportano la necessità di una cottura. Questa scorciatoia non tiene conto che la vitalità di questo batterio è il vero pericolo per la salute di chi consuma questi prodotti in maniera inidonea. Occorre cuocere bene o far bollire laddove possibile gli alimenti per disattivare il batterio, occorre evitare di accostare in frigo alimenti crudi, a rischio per loro natura, con verdure o alimenti già cotti. È sempre bene lavare mani, utensili e tenere il frigo in condizioni igieniche ottimali.