L’Agenzia europea per i medicinali è accusata di aver sottovalutato i rischi del vaccino contro il papilloma virus. La denuncia è della Nordic Cochrane che si è rivolta al Mediatore europeo accusando l’Ema di “negligenza” alle osservazioni e preoccupazioni espresse dalle Autorità Danesi per la Salute e i Medicinali e dall’Osservatorio Uppsala quando avevano sollevato dubbi sui possibili gravi danni dei vaccini Hpv. Qualche giorno fa, l’Ombudsman europeo ha dichiarato ammissibile la denuncia e ha iniziato ad indagare sul comportamento dell’Agenzia: dovrà fare luce anche e soprattutto su un eventuale conflitto di interessi che pesa su alcuni membri del panel dell’Ema chiamato a decidere sulla sicurezza del vaccino.
I dubbi europei
Introdotta in tutte le regioni a partire dal 2007/2008, il vaccino contro il papilloma virus viene consigliato alle adolescenti per prevenire  le lesioni pre-cancerose e cancerose del collo dell’utero determinate da alcuni tipi di papillomavirus. Inoltre mancano ancora dati certi di efficacia che saranno disponibili solo a partire dal 2021 quando sarà raggiunta l’età di screening sulle coorti vaccinate come target primario. Insomma, sull’iniezione gravano parecchi dubbi tanto che SaneVax ha lanciato una petizione rivolta all’Ema per chiedere che venga sospeso l’uso del vaccino dopo che molte donne, in molti Paesi, si sono gravemente ammalate dopo il vaccino. In tutta Europa si segnalano diverse reazioni avverse come la Sindrome dolorosa regionale compressa e la Sindrome di tachicardia postulare: segnalazioni che non sono state mai approfondite ulteriormente.
Lo studio del Texas Medical Branch
Tra l’altro esiste anche uno studio americano, condotto dal Texas Medical Branch, in cui gli autori hanno osservato che le ragazze che si sono vaccinate contro il papilloma virus risultano sì più protette nei confronti dei 4 ceppi per il quale è stato formulato il vaccino ma più esposte ai ceppi ad alto rischio (quelli che potrebbero provocare il cancro). Nel lavoro americano sono state analizzate le informazioni provenienti da 600 donne dai 20 a 26 anni: sessanta vaccinate su cento si sono infettate con una forma ad alto rischio, fra le non vaccinate il rischio è sceso al 40%.
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