La guerra e le carenze – affrontabili per noi, pesanti per l’Africa – di grano hanno dato un’ulteriore spinta alle preparazioni a base di farro. Il più antico dei cereali coltivati, però, ha anche enormi valori nutrizionali. Cerchiamo di scoprirli
Lo scrittore Wells pubblicò nel 1895 un romanzo di fantascienza intitolato “La macchina del tempo” che soddisfaceva e ancora soddisfa il desiderio di tutti noi di potere viaggiare nel tempo senza limiti per visitare il passato e il futuro. Crederci non è facile, ma chiudendo gli occhi e lasciando libero il pensiero, gli alimenti grazie alla loro storia, ai loro legami con le tradizioni si trasformano nella più straordinaria macchina del tempo. Il farro è tutto questo, è un cereale come lo sono mais, grano, segale, orzo e tante altre piante così importanti da essere dedicate alla dea Cerere protettrice dei raccolti. Il farro ha una grande storia alle sue spalle ed è considerato il più antico dei frumenti coltivati dall’uomo. Oggi è ritornato protagonista sulle tavole di tanti trovando sempre più consenso fra i consumatori e fra gli chef. Millantate virtù oppure reali proprietà salutistiche e nutrizionali?
Cerchiamo di capirlo in questi Miti Alimentari. Nel frattempo, chiediamoci se aumentare la produzione di farro possa essere una delle contromisure per contrastare la crisi alimentare derivata dalla scarsità di grano sia tenero che duro sul mercato.
Il farro è da sempre una delle piante più utili per l’uomo e per la sua sopravvivenza
VERO Oggi pur discutendo molto di grano e della minore disponibilità di farina e semola, pochi ricordano che la parola “farina” origina dal farro e non dal frumento. Il farro è noto fin dal Neolitico, quindi da 10.000 anni, e per questa ragione assume con diritto il ruolo di “decano” dei frumenti. Comprende tre specie conosciute come piccolo, medio e grande farro. La differenza è nel loro contenuto genetico, ovvero nel numero di cromosomi. Il piccolo farro ha un corredo di 14 cromosomi, il medio richiede 28 cromosomi mentre il grande ne possiede ben 42 quindi tre volte più del piccolo. Questa differenza numerica spiega, sia pure grossolanamente, le dimensioni differenti delle spighe delle tre specie. L’origine del farro piccolo è in Turchia e risale ad almeno 8.000 anni prima di Cristo. È il primo frumento coltivato dall’uomo ed è anche quello che ha la minore resa per ettaro a cui si aggiunge un basso valore di glutine, circa il 7% contro il 14% del frumento per cui lievita poco avendo una rete poco estesa di glutine. Gli agricoltori, forse abitanti del Caucaso o dell’area mediterranea, quasi immediatamente selezionarono il farro medio scelto perché più produttivo rispetto al farro piccolo. Questa è considerata una delle prime piante domesticate dall’uomo per i suoi scopi. Oramai con la macchina del tempo “Faraway” stiamo atterrando alla corte dei Faraoni Egizi, intanto la diffusione del farro si radica in Italia dove trova spazio nel centro della Penisoa specie in quella che oggi è la Toscana. Di questo farro medio se ne parla nella Bibbia e finalmente si riesce a ottenere del buon pane. Nell’antica Roma era perfino condiviso dai due sposi nella cerimonia più solenne di matrimonio, il cumfarreatio, che sanciva il contratto fra famiglie di Patrizi. Ripartiamo con la macchina del tempo e portiamoci nella zona del Caspio dove appare la spelta o grande farro che nasce dall’incrocio tra il farro medio e una graminacea selvatica, una pianta che non trova terreno “fertile” in Italia ed è coltivata in Francia e in Oriente. Tratto comune di tutte queste varietà è di essere tutti “vestite” ovvero durante la loro trebbiatura la cariosside non viene privata delle due foglioline che avvolgono il fiore come accade nel frumento. Questo rende necessaria una “svestizione” del farro prima di portarlo sulla tavola ed ecco spiegato perché si usa il farro decorticato.
Il farro è scomparso dalla tavola perché il frumento è più nutriente e usato
FALSO Il farro era la base del vitto dei legionari, ha consentito la costruzione dell’Impero Romano per cui non può essere accusato di essere poco nutriente. L’entrata in campo del grano tenero, figlio del farro grande, e di quello duro, figlio invece del farro medio, hanno comportato delle rese per ettaro notevolmente più alte e costi più bassi. La scelta è stata di convenienza, non dovuta a un guadagno nutrizionale o salutistico dato che mediamente il farro ha quasi il 20% di proteine in più rispetto al grano. Oggi il farro è molto spesso associato a pratiche biologiche perché si accontenta di aree agricole marginali che per il frumento non sono accettabili per i costi da sostenere e perché di fatto è una pianta “più selvatica o rustica” del frumento e quindi più autosufficiente per difendersi dagli stress. Il farro, inoltre, è più povero della parte glutinica, si arriva a livelli dell’3-7%, ma non essendone del tutto privo non è adatto per le persone ammalate di celiachia. Qualcuno tende ad utilizzare il farro, specie se integrale e nella varietà piccolo, come fonte di proteine per chi soffre della Gluten Sensitivity. La Gluten Sensitivity per alcuni è una porta di ingresso per la celiachia ed è ancora possibile guarire al contrario del morbo celiaco, per altri parlare di sensibilità al glutine può essere un modo per indurre più persone a consumare prodotti senza glutine. La realtà è che occorre sempre valutare col proprio medico la situazione fisio-patologica e avere le giuste indicazioni. L’unica certezza è che tutti i tipi di farro contengono, sia pure in piccola quantità, del glutine. Il farro è uno dei frumenti meno calorici e 100 g portano circa 340 Kcal e contiene della metionina, un amminoacido per noi essenziale che peraltro è poco presente negli altri cereali. Il farro fornisce mediamente, per un etto consumato, circa 15 g di proteine contro le circa 12 del grano duro e circa 11 di fibre, più di orzo e mais, utili per l’intestino. Il contenuto di carboidrati è di circa 67,1 g, inferiore ai 70-75 gr per i grani duri e teneri. Contiene anche vitamine del gruppo B e solo 8 mg di sodio oltre a magnesio e fosforo. Ritroviamo anche molti antiossidanti come i carotenoidi fra cui la più importante è luteina presente fino a sette volte in più rispetto ai grani moderni. Nel farro è presente anche la Vitamina E e fra i pochi grassi – circa 2,5 g -, la maggior parte sono grassi polinsaturi.
Il farro non fa dimagrire, ma in generale fa bene alla salute
VERO Pur essendo fra i meno calorici fornisce circa 340 Kcal per etto, ma la sua presenza è sempre da valutare positivamente per seguire un piano alimentare equilibrato e l’effetto dimagrimento che provoca può essere in parte spiegato con la quota di proteine più elevata a scapito dei carboidrati e per la quota di fibre che regolarizza intestino e rende più sazi in tempi più rapidi. La scelta migliore dovrebbe essere il farro integrale che non essendo stato decorticato ha una quota fibrosa maggiore, ma richiede un tempo di cottura maggiore avendo strati esterni protettivi che rallentano i processi di cottura. Occorre aggiungere che il farro è da considerarsi quasi un prodotto “biologico naturale” per le sue caratteristiche di rusticità non ci chiede troppi aiuti, ma la sua parzialmente indomita “selvaticità” lo rende meno stereotipato. Il suo contenuto di nutrienti e di molecole salutistiche è variabile e dipende dal ceppo, dall’areale di coltivazione e dalle pratiche agronomiche utilizzate. Nel film “Cuori ribelli” del 1992, Tom Cruise doma un cavallo con modi bruschi, ma domesticare una pianta richiede tempo e pazienza affinché si adatti alla bisogna dell’agricoltore. Il farro non è stato del tutto domesticato per vari motivi e quando ne ha la possibilità riemergono le sue innate e naturali capacità di riadattarsi autonomamente con una qualità sensoriale, salutistica e nutrizionale del raccolto spesso diverse dal raccolto precedente.
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Il farro è un grano antico e questo lo rende vincente
FALSO I grani antichi, parola bellissima che riporta alla memoria vecchi sapori o una percezione di naturalezza e di maggiore genuinità, hanno delle caratteristiche specifiche. La nostra memoria al massimo potrebbe risalire al secolo appena trascorso quindi non possiamo confrontare le attuali varietà con i grani coltivati migliaia di anni fa. La nostra macchina del tempo “Faraway” può esserci di aiuto. Non parliamo certo di fossili viventi, ma di un prodotto, il farro, meno addomesticato rispetto ai frumenti attuali. L’obiettivo è di avere dei cereali, lievitanti, capaci di essere panificati e che non diano eccessivi problemi di esposizione al glutine. Il farro sembra rispondere quasi del tutto a queste richieste. I consumatori affetti da Morbo Celiaco tendono ad aumentare, forse per le maggiori diagnosi come numero e qualità, e questo spinge a cercare vegetali che siano tollerabili sulla tavola anche per chi soffre di celiachia. Più studi confermano che il domesticamento e la selezione naturale delle varietà di frumento non hanno aumentato i casi di celiachia per ottenere in cambio frumenti più redditizi e tecnologicamente più adatti per pastificare o panificare. Ricordiamo che l’aumento dei casi di celiachia e la selezione di nuovi frumenti, induce aristotelicamente a credere che una premessa concatenata ad una seconda possano far discendere una sola e certa conclusione. In altre parole, essere alti e anche figli di atleti non comporta essere campioni di pallacanestro. Si possono comunque considerare quinoa, amaranto, farro etc. cereali antichi, con sapori nuovi e meno omologati, possiamo avere più polifenoli e vitamine, paste a cottura più tenace o pani differenti dal solito. In altre parole, riscopriamo la biodiversità della tavola che rende ognuno diverso dagli altri anche perché sapori e aromi sono percepiti diversamente perché sono vegetali meno standardizzati dalle colture intensive. Queste motivazioni giustificano la riscoperta dei Grani Antichi e il farro utilizzato nelle diverse ricette potrebbe farci sentire legionari di Cesare, soldati del Faraone o cittadini dell’alto medioevo senza muoverci troppo.
Se mangio tanto farro non posso avere dei problemi per la mia salute
FALSO Consumare farro ha qualche controindicazione oltre e non può essere scelto da chi soffre di celiachia, ma va valutato il suo consumo per chi ha problemi di colite o intestino irritabile per la maggiore quantità di fibre insolubili che contiene. La presenza poi di ossalati lo rende poco adatto a chi ha problemi di calcoli renali. Se vi è una preesistente sensibilità al glutine non celiaca il consumo quotidiano potrebbe dare sintomi come dolori e gonfiori addominali, forme di diarrea o di stipsi, mal di testa, affaticamento o dolori muscolari. Tutti sintomi che si sovrappongono alla celiachia, che va diagnosticata in maniera certa per evitare a questo punto l’esposizione anche a piccole quantità di glutine come è il caso del farro.
Il farro ha pochi usi ed è poco utile per la nostra alimentazione
FALSO Il farro ha un chicco “vestito” che va decorticato e lo troviamo come farro intero o integrale perché la componente edibile è integra al 100%. Dal farro decorticato si produce la farina integrale che è la base della pasta integrale di farro. Dall’integrale, spogliato di una ulteriore parte esterna, si ottiene il farro perlato che cuoce più rapidamente e comodamente. Infine, oggi si trova anche il farro spezzato che a partire dai chicchi integrarli crea almeno tre parti riconoscibili dal loro colore più ambrato. Non richiede l’ammollo e una volta cotto sembra quasi del semolino di mais. Nei panificati a base di farro, di solito, sostituisce il 20-25% di farina di frumento. Sono preferibili a quelli di grano integrale perché meno amari e più aromatici, di solito più croccanti e poco sbriciolabili e, per giunta, mantenendo la giusta umidità si conservano più a lungo nella dispensa. Di solito il farro entra nelle ricette di zuppe e minestre, spesso come farro perlato o spezzato, ma la sua nuova vita è rappresentata dalle insalate fresche estive sostitutive di quelle a base di riso dimezzando l’indice glicemico di 90 del riso e portandoci a valori di circa 40-45 per il farro con un importante vantaggio per chi ha problemi di picchi glicemici.
Conclusioni
La crisi alimentare che sembra essere alle porte a causa dell’attuale stato di guerra non deve essere affrontata “di pancia” ma utilizzando le conoscenze che abbiamo. In Italia, la mancanza di grano duro è gestibile, così come quella del grano tenero e dell’olio di girasole. Un po’ meno per il mais da cui dipendiamo molto per le importazioni, eppure ci preoccupiamo del consumo interno come se l’economia di guerra con razionamenti e altro fosse stata apertamente dichiarata. Il vero problema che si accompagnerà è per i paesi meno autosufficienti del nostro, come la costa meridionale del Mediterraneo, il centro Africa, paesi del lontano oriente etc. che dipendono dal granaio d’Europa in maniera quasi totale. La crisi economica del 2009-2010 fece da booster per la primavera araba, ma la combinazione della crisi climatica che ci accompagna da qualche tempo e l’attuale crisi dovuta alla guerra potrebbero essere il detonatore di qualcosa di più grave. Se il frumento è uno dei pezzi del detonatore possiamo immaginare che i raccolti di farro possano in parte depotenziare questa crisi e offrire un cereale alternativo.