Ketchup deriva dalla parola cinese hokkien, kê-tsiap, il nome di una salsa derivata dal pesce fermentato. I commercianti avrebbero portato la salsa dal Vietnam alla Cina sudorientale. Gli inglesi probabilmente hanno incontrato il ketchup nel sud-est asiatico e avrebbero tentato di replicarla. Ma è con l’aggiunta del pomodoro che successivamente nacque il tomato ketchup che ha conquistato di Stati Uniti. In Italia, pur se lontana dal consumo a stelle e strisce, non manca l’offerta industriale. Ed è proprio a quella che ha rivolto l’attenzione il Salvagente.
Quantità del pomodoro
Tra le aziende monitorate c’è chi preferisce indicare la percentuale di pomodoro (in termini di concentrato, semi concentrato…) sul totale del prodotto finito e chi opta per la quantità in grammi utilizzati per 100 grammi di prodotto finito. Difficile capire quale sia la migliore per il consumatore intento ad acquistare un ketchup. Lo abbiamo chiesto a Lorenzo Bazzana, responsabile economico di Coldiretti: “Le aziende possono scegliere, l’etichetta deve comunque riportare in ordine decrescente (da quello presente in maggiore quantità a quello presente in minore quantità) gli ingredienti. Certo sarebbe più trasparente indicare le percentuali”.
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Di che pomodoro si tratta?
Pomodori, concentrato, semi concentrato… Secondo il DM 11 agosto 2017 del ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, con la dicitura “concentrato” si possono indicare diversi tipi di lavorazione: dal semi al triplo concentrato. “Anche quando leggiamo sulla confezione “pomodori”, è stato comunque effettuato un processo di lavorazione a partire dal prodotto fresco, l’ingrediente utilizzato è il concentrato di pomodoro – ci spiega Bazzana – Chi scrive “semi-concentrato” dovrebbe riferirsi a quello, ma “concentrato” a cosa si riferisce? Dalla Cina o dagli Usa o dalla Spagna, certe industrie importano soprattutto concentrato triplo, perché è quello che contiene meno acqua e costa meno trasportare. Poi ovviamente viene aggiunta acqua a seconda del prodotto che si vuole ottenere e del grado di diluizione necessario. In termini di qualità del prodotto è da preferire il prodotto meno manipolato”. Difficile però comprenderlo visto che la dicitura concentrato comprende tanti tipi di lavorazione.
Luogo di coltivazione non sempre obbligatorio
“L’origine – prosegue l’esperto- è obbligatoria per i derivati in cui il pomodoro rappresenta l’ingrediente principale (almeno il 50%) e prodotti in Italia. Se il pomodoro è meno del 50%, se il ketchup è prodotto all’estero o se è prodotto in Italia ma destinato all’estero, non soggiace all’obbligo di etichettatura di origine del luogo di coltivazione del pomodoro utilizzato”. Per questo in alcuni casi l’origine non risulta indicata: probabilmente si tratta di pomodoro coltivato all’estero. C’è anche chi, pur impiegando pomodoro della tanto decantata origine italiana, non lo indica. È il caso del marchio Smart di Esselunga: l’azienda ci ha fatto sapere che viene utilizzato soltanto pomodoro di origine Italia.
Di zucchero il ketchup non può fare a meno
Un abbinamento straordinario è il dolce con il salato. Lo zucchero nel ketchup è l’ingrediente perfetto per esaltare il gusto salato delle patatine! E ne contiene anche in notevole quantità! In media i prodotti da noi rilevati contengono per 100g una quantità di oltre 19g di zuccheri.
Che gli zuccheri siano un tasto dolente del ketchup lo testimonia la presenza sul mercato di alternative a basso contenuto di zuccheri. Attenzione però alla presenza di edulcoranti. Ad esempio, Calvè Ketchup -50% Zuccheri e Heinz Tomato Ketchup – meno zucchero contengono i glicosidi steviolici, e Mato Mato Classico con la saccarina di sodio.
Ingredienti sgraditi
Il Ketchup è un prodotto con un certo carico di zuccheri, meglio evitare tra gli ingredienti lo sciroppo di glucosio e lo sciroppo di glucosio fruttosio per il loro alto indice glicemico. Gli aromi non sono presenti in tutti i prodotti quindi se ne potrebbe fare a meno. Che la loro presenza nasconda una scarsa qualità della materia prima?