Il Trentino sogna un biodistretto: domenica si vota il referendum

REFERENDUM

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“Un’area geografica dove agricoltori, cittadini, operatori turistici, associazioni e pubbliche amministrazioni possano stipulare un patto formale per la gestione sostenibile delle risorse, partendo proprio dal modello biologico di produzione e consumo, basato cioè su filiera corta, gruppi di acquisto, mense pubbliche bio e così via”. In altre parole, un biodistretto. È quello a cui punta il comitato per il referendum propositivo che ha chiamato a raccolta, per domenica prossima, gli oltre centomila cittadini del Trentino.

Tra i promotori appaiono le principali associazioni ambientaliste convinte che la creazione del bio-distretto porterà, tra le altre cose, alla crescita economica, al miglioramento della qualità della vita, alla ripopolazione delle aree montane. Insomma, una serie positiva di ragioni per le quali il comitato invita i cittadini ad esprimersi per il sì. Di tutt’altro avviso i grandi consorzi, molto attivi nel territorio nella difesa dei prodotti di eccellenza di questa terra – primo tra tutti le mele – che sono sempre molto restii a cambiare le loro abitudini di coltivazioni.

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Pinton: “Bisogna avere il coraggio di iniziare”

“Quelle dei consorzi sono le stesse preoccupazioni che esprimono i produttori di petrolio quando si parla delle auto elettriche” spiega Roberto Pinton, esperto di politiche e legislazione alimentare, aggiungendo: “Finché non ci convinciamo che bisogna cambiare il metodo di coltivazione/produzione non se ne esce”. È certo, infatti, che ognuno tende a difendere la propria comfort zone ma non è questo che porterà ad un miglioramento delle condizioni di vita. “Dobbiamo partire da un assunto, ovvero che il Trentino non è quella terra incontaminata che la pubblicità vuole farci credere. E questo è evidente dai monitoraggi dell’Ispra” dichiara Pinton. Il passo successivo – continua – è che gli agricoltori facciano un cambio di passo e capire l’opportunità che si presenta loro: una chance senza precedenti per attrarre turisti da tutto il mondo. Devono scegliere tra continuare a produrre vagonate di mele oppure riconvertire il territorio in modo da attrarre interesse mondiale. In Franciacorta dove 15 anni fa timidamente un agricoltore si è convertito al biologico, oggi quasi i 3/4 della produzioni sono diventati bio con ottimi risultati sia in termini di qualità della produzione che di introiti economici. Bisogna avere il coraggio di iniziare.

Il quesito

Il quesito su cui il comitato chiede di esprimersi è il seguente: Volete che, al fine di tutelare la salute, l’ambiente e la biodiversità, la Provincia Autonoma di Trento disciplini l’istituzione su tutto il territorio agricolo provinciale di un distretto biologico, adottando iniziative legislative e provvedimenti amministrativi – nel rispetto delle competenze nazionali ed europee – finalizzati a promuovere la coltivazione, l’allevamento, la trasformazione, la preparazione alimentare e agroindustriale dei prodotti agricoli prevalentemente con i metodi biologici, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo 228/2001, e compatibilmente con i distretti biologici esistenti?”

Che cos’è un biodistretto

Il Bio-Distretto è un’area geografica naturalmente vocata al biologico dove agricoltori, cittadini, operatori turistici, associazioni e pubbliche amministrazioni stringono un accordo per la gestione sostenibile delle risorse, partendo proprio dal modello biologico di produzione e consumo (filiera corta, gruppi di acquisto, mense pubbliche bio). Nel bio-distretto la promozione dei prodotti biologici si coniuga indissolubilmente con la promozione del territorio e delle sue peculiarità al fine di raggiungere un pieno sviluppo delle proprie potenzialità economiche, sociali e culturali. Con la nascita di un bio-distretto vengono messe in rete le risorse naturali, culturali, produttive di un territorio che vengono valorizzate da politiche locali orientate alla salvaguardia dell’ambiente, delle tradizioni e dei saperi locali. In Italia, esistono già 40 biodistretti e in 2 Regioni, Sardegna e Marche, sono stati istituiti distretti biologici che coinvolgono l’intero territorio regionale. Secondo Legambiente, tra i promotori, serve una diffusione capillare di tali modelli, oltre alla creazione di una rete sempre più radicata, attraverso cui mettere finalmente un freno all’agricoltura intensiva e inquinante.

Se vince il sì

Affinché il referendum possa essere valido, domenica 26 settembre dovrà recarsi alle urne, coincidenti con quelle delle tradizionali elezioni politiche e amministrative, almeno il 40%degli aventi diritto, ossia circa 177mila persone. Dopodiché, perché la proposta (avanzata con quasi 13mila firme) possa passare, almeno la metà più uno dei votanti dovrà rispondere “sì” al quesito. Così, se il referendum sul biodistretto dovesse avere successo, come si legge nella sezione del sito sulle domande più frequenti legate al referendum, “la provincia di Trento adotterà provvedimenti affinché la coltivazione, l’allevamento, la trasformazione e la preparazione alimentare e agroindustriale dei prodotti agricoli avvenga con metodi prevalentemente biologici”.  Questo non significa che da un giorno all’altro tutte le produzioni del trentino diventeranno biologiche ma, come spiegano i promotori, ci vorrà una quindicina di anni per raggiungere l’obiettivo ma quel che è importante è creare le condizioni, anche legislative, perché ciò possa avvenire.