Legalizzare la cannabis converrebbe allo Stato e ai cittadini italiani da molti punti di vista, anche se la politica italiana si è sempre dimostrata timida su questa strada. A dirlo sono due nuove ricerche sulle prospettive economiche e i risvolti giuridici della legalizzazione della cannabis presentato dall’Università degli Studi di Messina durante il webinar “Cannabis? Meglio parlarne”, organizzato dal Dipartimento di Scienze cognitive, psicologiche, pedagogiche e degli studi culturali, in collaborazione con la campagna Meglio Legale. Il lavoro è stato presentato dai Professori Ferdinando Ofria, Docente di Politica Economica, e Piero David, ricercatore di Economia applicata.
I vantaggi
“La regolamentazione del commercio della cannabis porta a una limitazione e una correzione del fenomeno” ha detto il Professor Ferdinando Ofria, che ha continuato: “In primo luogo si assicura un miglioramento qualitativo del prodotto – attualmente la vendita di cannabis è in mano alla criminalità, (a parte i prodotti farmaceutici destinati alle terapie di alcune malattie, ndr) quindi non vi è controllo e in molti casi il prodotto può contenere sostanze dannose come il piombo, spesso aggiunto per aumentare il peso. Attraverso un processo di legalizzazione questo mercato può aumentare il gettito fiscale, come per le sigarette ci sarà un elevato ingresso di denaro attraverso le imposte. Il nostro studio evidenzia fino a 6 miliardi di gettito fiscale aggiuntivo per lo Stato sottratto alle criminalità organizzate”.
I limiti del proibizionismo
I professori evidenziano come il proibizionismo non ha portato a una riduzione del consumo, la regolamentazione del fenomeno porterebbe invece dei benefici diretti e indiretti, tra questi ultimi, da non sottovalutare, la segmentazione del mercato e il contrasto alle mafie che si sommano al già citato controllo del prodotto.
Nel merito dello studio è sceso l’economista Piero David: “Se si analizza il consumo di Cannabis nel nostro paese si evidenzia subito come questa sia la sostanza più diffusa sul mercato illegale. Ciò risulta evidente, oltre che dalle inchieste condotte sui consumatori, anche dal posto che la sostanza ricopre nelle azioni di contrasto: il 58% delle operazioni antidroga sono per la cannabis che ricopre il 96% dei quantitativi sequestrati.”
Costi e benefici della legalizzazione
La legalizzazione porterebbe dunque maggiore gettito fiscale: “Si potrebbe pensare a un’aliquota simile a quella adoperata per i tabacchi che si attesta sul 75% del prezzo di vendita, o simile a quella per l’alcol (35%) a seconda dell’effetto di spiazzamento che si vuole ottenere sul mercato illegale della cannabis. Con aliquota simile al tabacco, ci sarebbe un maggiore gettito fiscale ma sarebbe ancora alto il livello di criminalità, perché il prezzo della sostanza legale sarebbe più alto del prezzo del mercato nero” ha spiegato Piero David. “Prendendo ad esempio l’esperienza del Colorado e proiettando i dati sulla popolazione italiana (Colorado 5,6 milioni di abitanti/Italia, 60,4 milioni) con un peso fiscale totale del 32% (accise, tasse statali e locali), il gettito per una popolazione di 60,4 milioni di abitanti sarebbe 3,26 miliardi di euro e un fatturato superiore ai 10 miliardi di euro, un valore in linea con quello stimato sulla base dei sequestri” ha concluso il professor David nella sua presentazione.
L’esempio americano
Piero David si è poi concentrato sul confronto con il mercato legale della cannabis negli Usadove nel 2019 sono stati 340mila i lavoratori impegnati in questo mercato. Dal 2018 al 2019 il settore della cannabis ha generato negli stati americani che ne hanno introdotto la vendita quasi 82mila nuovi posti di lavoro, i salari complessivi del mercato legale nel 2019 ammontano a 12,4 miliardi di dollari. Se si verificasse una piena legalizzazione in tutti i 50 stati si creerebbero oltre 1,46 milioni di posti di lavoro che, secondo le stime, aumenterebbero a 1,63 milioni entro il 2025. Considerando l’esperienza americana e provando a paragonarla al mercato italiano, gli economisti hanno stimato che in primo luogo ci sarebbe una riduzione delle spese statali per la proibizione della produzione e della vendita. Sarebbero quindi inferiori le spese per le forze dell’ordine, magistratura e sistema carcerario. Per questa attività lo studio di Ofria e David stima un risparmio nel nostro Paese di 600 milioni di euro.
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