Riso Lidl “Firmato dagli agricoltori”: “Sicuri che sia sostenibile?”

RISO LIDL FIRMATO DAGLI AGRICOLTORI

Una lettrice incuriosita dalle dichiarazioni del sito di Lidl a proposito del riso Arborio e Carnaroli “Firmato dagli agricoltori italiani”, ci chiede se la pratica di introdurre pesci nelle risaie del ferrarese per limitare gli erbicidi non sia un rischio per l’ecosistema. Vediamo cosa ne pensano gli etologi

 

Gentile Redazione de Il Salvagente,

vi scrivo come consumatore per chiedere un chiarimento in merito a quanto riportato sul sito di Lidl Italia riguardo al riso Arborio e Carnaroli con sigillo FDAI – Firmato dagli Agricoltori Italiani.
Secondo la descrizione, queste varietà verrebbero coltivate “nelle risaie del territorio ferrarese secondo la tecnica della risipiscicoltura”, cioè introducendo avanotti di specie autoctone nelle risaie e rilasciandoli poi nei corsi d’acqua al momento della raccolta.
Negli ultimi giorni, questa pratica di coltura sostenibile sta facendo discutere molto  sui social. La cosa che mi lascia perplessa, tuttavia, è la dichiarazione di Lidl di rilasciare i pesci nei corsi d’acqua al termine del raccolto. Non è un rischio per l’ecosistema il rilascio di un gran numero di pesci nell’ambiente? Secondo voi è credibile il messaggio e autorizzata la pratica?

Barbara Melonaro

 

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Cara Barbara, i suoi dubbi più che sensati ci hanno spinto a chiedere il parere di alcuni esperti etologi. Facciamo una sintesi di quanto ci hanno risposto.

Per poter valutare l’impatto effettivo delle immissioni nei corsi d’acqua servirebbero maggiori informazioni sulle specie utilizzate, sulle densità dei rilasci in relazione alle caratteristiche dei corsi d’acqua riceventi. Possiamo solo intuire che vengano utilizzate specie erbivore come carpe e tinche che possono svolgere un ruolo importante di contenimento delle erbe infestanti nelle risaie riducendo la necessità del diserbo chimico. Ma servirebbe conoscere nel dettaglio il protocollo di gestione della tecnica della risipiscicoltura adottato. Se utilizzano solo specie di pesci autoctone l’impatto delle immissioni potrebbe essere limitato ma dipende dalle caratteristiche dei corpi idrici riceventi. Va considerato che purtroppo gli ecosistemi di acqua dolce sono quelli più compromessi in Italia per effetto degli interventi di gestione dei corpi idrici (sbarramenti, manutenzione delle sponde, regimazioni, ecc.) e per le massicce immissioni di pesci per la pesca sportiva con un alto tasso di immissione di specie alloctone.

Anche le specie autoctone, se reintrodotte o rilasciate in modo non controllato, possono causare problemi ecologici. Possono ad esempio causare alterazione genetica: se gli individui rilasciati provengono da popolazioni geneticamente diverse (es. allevamenti o altre regioni), possono incrociarsi con le popolazioni locali e ridurne l’adattamento. Diffusione di malattie: animali allevati o tenuti in cattività possono essere portatori di patogeni non presenti nelle popolazioni selvatiche. Squilibri ecologici: anche se autoctona, una specie può diventare dominante se rilasciata in grandi numeri o in un habitat alterato, danneggiando altre specie locali. Comportamenti alterati: individui cresciuti in cattività possono avere comportamenti diversi (meno timorosi, più aggressivi, ecc.) che alterano le dinamiche naturali.

In base alle poche informazioni disponibili non possiamo dire altro. Quanto riportato sul sito di Lidl Italia riguardo al riso Arborio e Carnaroli con sigillo FDAI – Firmato dagli Agricoltori Italiani (alias Coldiretti) è credibile ma per una valutazione accurata servirebbe conoscere i dettagli del protocollo della tecnica utilizzata. Per le immissioni di pesci nelle acque dolci, infine, serve senz’altro una autorizzazione da parte della Regione che dovrebbe essere concessa in base ad un progetto dettagliato.