
Con una circolare l’Inps ha chiarito il funzionamento del nuovo requisito pensato per impedire che una persona che non ha diritto alla Naspi si faccia assumere e licenziare fittiziamente per accedere al contributo
Con una circolare l’Inps ha chiarito il funzionamento del nuovo requisito pensato per impedire che una persona che non ha diritto alla Naspi si faccia assumere e licenziare fittiziamente per accedere al contributo. Con l’arrivo del 2025, infatti, sono cambiate le regole per accedere alla Naspi, l’indennità di disoccupazione riconosciuta ai lavoratori subordinati che perdono involontariamente il lavoro. La novità è arrivata dalla legge di Bilancio 2025, che ha introdotto un nuovo requisito per i casi in cui, nei dodici mesi precedenti la perdita del lavoro, vi sia stata una cessazione volontaria – per dimissioni o risoluzione consensuale – da un contratto a tempo indeterminato.
La circolare 98
A partire dal 1° gennaio 2025, chiarisce la circolare n.98 dell’Inps, chi presenta domanda di Naspi a seguito di una cessazione involontaria dovrà dimostrare di avere maturato almeno tredici settimane di contribuzione tra la data delle dimissioni (o della risoluzione consensuale) da un precedente lavoro a tempo indeterminato e la data della successiva perdita involontaria del nuovo impiego. Il nuovo requisito è volto a scoraggiare accessi all’indennità da parte di chi interrompe volontariamente un rapporto stabile e non rientra in modo continuativo nel mercato del lavoro.
Le eccezioni
La norma, tuttavia, non si applica in tutti i casi. Sono escluse le dimissioni per giusta causa, come ad esempio quelle derivanti da un trasferimento non giustificato da esigenze tecniche, organizzative o produttive, indipendentemente dalla distanza tra le sedi. Restano escluse anche le dimissioni avvenute durante i periodi tutelati di maternità e paternità, nonché le risoluzioni consensuali avvenute nell’ambito delle procedure conciliative previste dalla legge. Rientra tra le esclusioni anche il caso in cui il lavoratore rifiuti il trasferimento in una sede distante oltre 50 chilometri dalla propria residenza o che richieda tempi di percorrenza superiori a 80 minuti con i mezzi pubblici.
Le 13 settimane
Per soddisfare il requisito delle tredici settimane di contribuzione, è necessario che tali settimane siano comprese tra la cessazione volontaria e quella involontaria del lavoro. Sono considerate utili tutte le settimane retribuite che rispettano il minimale settimanale. Inoltre, sono validi i contributi versati durante un rapporto di lavoro subordinato, i contributi figurativi per maternità obbligatoria se al momento dell’astensione esisteva già contribuzione versata o dovuta, e i periodi di congedo parentale se regolarmente indennizzati e intervenuti durante un rapporto di lavoro. Anche i periodi di lavoro all’estero, nei Paesi dell’Unione europea o in quelli con cui l’Italia ha stipulato convenzioni, sono utili se previsti accordi di totalizzazione. Infine, sono considerati validi anche i periodi di assenza per malattia dei figli fino agli otto anni, entro un massimo di cinque giorni lavorativi l’anno. Nel caso in cui il lavoratore abbia svolto anche attività agricola, le settimane di contribuzione nel settore agricolo possono essere cumulate , a condizione che vi siano almeno sei giornate agricole per ottenere il riconoscimento di una settimana contributiva.
Nessuna variazione sulla indennità e sulla durata
Le modifiche introdotte riguardano esclusivamente il requisito di accesso alla prestazione e non incidono sulla misura o sulla durata dell’indennità, che continueranno ad essere calcolate secondo le regole già previste dal decreto legislativo n. 22/2015 e dalle relative circolari attuative.