
Con la stretta prevista dal Dl sicurezza su produzione e commercializzazione della canapa anche per produrre derivati da cannabis light, secondo le Regioni, il decreto mette in difficoltà il settore, che in Italia conta 3mila aziende e 30mila addetti.
Con la stretta prevista dal Dl sicurezza su produzione e commercializzazione della canapa anche per produrre derivati da cannabis light, secondo le Regioni, il decreto mette in difficoltà il settore, che in Italia conta 3mila aziende e 30mila addetti, 500 milioni di fatturato e il 90% di export. A dar voce alla posizione della Commissione politiche agricole della Conferenza delle Regioni, il coordinatore Federico Caner, che è anche l’assessore veneto all’Agricoltura. Caner ha chiarito che le regioni chiedono “una revisione dell’articolo 18 del dl, che vieta la coltivazione della canapa anche a bassissimo contenuto di Thc”. Il Dipartimento antidroga della Presidenza del Consiglio ha rassicurato: “Nessun rischio per il settore della canapa“, e ha definito le affermazioni di Caner “non corrette“. Ma a leggere il testo, le preoccupazioni sono più che legittime.
Cosa cambia
Le modifiche, riportate nell’articolo 18 del Dl, riguardano soprattutto la legge 2 dicembre 2016, n. 242, che regola la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa in Italia. Con la modifica, la coltivazione della canapa è ammessa esclusivamente se comprovata da una finalità industriale lecita, come la realizzazione di prodotti per la bioedilizia o la cosmesi. Inoltre, il comma 3-bis dell’articolo esclude esplicitamente, l’importazione, la lavorazione, la detenzione, la cessione, la distribuzione, il commercio, il trasporto, la spedizione, la vendita al pubblico, il consumo di prodotti costituiti da infiorescenze di canapa (anche se semilavorate, essiccate, tritate), compresi estratti, resine e oli.
La fine dei cannabis shop
Queste attività rimangono soggette al Testo unico sugli stupefacenti (Dpr 309/1990),cosa che vale anche se i prodotti derivano da coltivazioni lecite, perché riguardano piante con livelli di thc minimi, entro quanto previsto dalla legge. Detto in altre parole, vendere cannabis light, attività del tutto lecita fino ad ora, attorno cui sono nate centinaia di attività in tutta Italia, con migliaia di posti di lavoro, viene equiparato allo spaccio di stupefacenti, con quello che comporta in termini penali.
Cia: “Filiera modello per sostenibilità. Imprenditori vanno ascoltati”
Anche per questo, la presa di posizione delle regioni acquista notevole importanza. Cia-Agricoltori Italiani esprime soddisfazione dopo il voto unanime nel coordinamento degli assessori regionali all’agricoltura –indipendentemente dal colore politico– in cui si è riconosciuta l’urgenza di tutelare la filiera della canapa, chiedendo la revisione dell’art. 18 del DL Sicurezza. “Abbiamo sollevato la questione da molti mesi, la misura attuale è un provvedimento punitivo che cancellerebbe di fatto un comparto industriale in forte ascesa e che conta circa 23mila occupati”, ha dichiarato Cristiano Fini, presidente nazionale Cia. La filiera della canapa rappresenta un modello di sostenibilità ambientale e di imprenditoria giovanile, con prodotti di eccellenza che al 60% vengono esportati nei mercati esteri, favorendo la crescita di figure professionali innovative e altamente specializzate: proteggere questo settore significa investire nel futuro dell’agricoltura italiana. Secondo Cia questi imprenditori meritano di essere ascoltati dal Governo anche attraverso la convocazione del tavolo istituzionale di filiera presso il Ministero dell’Agricoltura per favorire un confronto con tutte le associazioni di settore, a partire da quelle che rappresentano gli agricoltori, in mondo da garantire una regolamentazione che sia ragionevole e in linea con le normative europee e gli interessi economici del Paese.
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