La scienza dice il contrario, ma per il Tar il Cbd naturale della cannabis è stupefacente

CBD CANNABIS

Respinti i ricorsi dei produttori: per il Tar è giustificato il decreto del ministero della Salute che inserisce il Cbd naturale nella tabella degli stupefacenti. Una anomalia italiana che contraddice le evidenze scientifiche secondo le quali non ha effetti psicotropi ma solo terapeutici

Il Tar Lazio, lo scorso 16 aprile 2025, ha riacceso le polemiche con una sentenza sul cannabidiolo (CBD), sostanza ricavata dalla cannabis sativa, con effetti terapeutici riconosciuti e priva di effetti psicotropi significativi. Il Tribunale amministrativo regionale ha infatti respinto il ricorso di alcuni produttori contro il decreto del ministero della Salute del giugno 2024, che inseriva il CBD naturale estratto dalla cannabis nella Tabella B delle sostanze stupefacenti del Dpr 309/90, assoggettandolo a prescrizione medica obbligatoria.

La contraddizione con la sentenza europea

La pronuncia del Tar Lazio, pubblicata integralmente da Quotidiano Sanità, fa perno principalmente sul principio di precauzione, ma pone una marcata contraddizione non solo rispetto a precedenti giurisprudenziali ma anche – e soprattutto – rispetto alla sentenza della Corte di Giustizia UE del 2020, che aveva chiaramente affermato che il CBD non può essere classificato come sostanza stupefacente.

Questa sentenza, che nel 2020 aveva scosso la legislazione nazionale di diversi paesi europei, Italia inclusa, nasceva dal caso di una società che commercializzava sigarette elettroniche contenenti CBD prodotto legalmente in Repubblica Ceca, da piante coltivate interamente. La Corte europea, considerando le convenzioni internazionali sugli stupefacenti e gli studi scientifici disponibili, aveva escluso che il CBD naturale costituisse una sostanza psicotropa o pericolosa, precisando che eventuali restrizioni commerciali da parte degli Stati membri sarebbero state giustificabili solo in presenza di solide e coerenti evidenze scientifiche di rischio reale per la salute pubblica.

Il principio di precauzione del Tar Lazio

Al contrario, secondo il Tar Lazio, la scelta ministeriale appare legittima, proprio invocando la tutela della salute pubblica e il principio di precauzione, nonostante l’assenza di evidenze scientifiche definitive circa la pericolosità del CBD. Tale posizione appare in evidente contraddizione con la sentenza europea del 2020, che sottolineava la necessità che il rischio per la salute fosse “sufficientemente dimostrato” e non basato su “considerazioni puramente ipotetiche”.

I ricorrenti avevano evidenziato questa incongruenza, sottolineando che né l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) né il Consiglio Superiore di Sanità (CSS) avevano identificato concreti pericoli di induzione alla dipendenza fisica o psichica derivanti dall’uso del CBD naturale. Tuttavia, il ministero ha puntato sul rischio teorico di contaminazione con THC, un cannabinoide con effetti psicotropi già presente nella Tabella delle sostanze stupefacenti.

sponsor

La disparità di trattamento tra CBD naturale e sintetico

Il Tar ha fatto propria questa linea, considerando sufficienti i pareri aggiornati dell’ISS e del CSS, nonostante questi fossero tutt’altro che conclusivi sugli effetti psicotropi del CBD, e nonostante esistano prodotti equivalenti, come il CBD sintetico, che non subiscono restrizioni analoghe. Proprio questa differenza di trattamento tra CBD naturale e sintetico rende ancora più evidente la contraddizione con la posizione europea, che aveva criticato una simile disparità di trattamento definendola “non idonea a conseguire in modo coerente e sistematico” l’obiettivo della tutela della salute pubblica.

Una normativa nazionale ancora incerta

La sentenza, peraltro, si inserisce in una sequenza di decisioni contrastanti che si susseguono da anni in Italia, creando una situazione di confusione normativa. Già nel 2020 il ministro Speranza aveva tentato di inserire il CBD nella lista degli stupefacenti, salvo poi sospendere il provvedimento sotto la pressione delle critiche e delle proteste del settore della cannabis legale. Successivamente, altri decreti avevano cercato di regolare il settore, incontrando sempre resistenze giudiziarie e contestazioni tecniche.

Le possibili conseguenze economiche

L’attuale decisione del Tar Lazio rischia ora di destabilizzare nuovamente un intero comparto economico, quello della cannabis leggera, già fortemente penalizzato dalla precarietà normativa degli ultimi anni. I produttori e gli operatori del settore temono che questa sentenza possa essere confermata anche dal Parlamento, chiamato a convertire entro 60 giorni il decreto legge appena approvato dal governo, che modifica ulteriormente la legge sulla coltivazione della canapa industriale (legge n. 242/2016).

Se da un lato il Tar Lazio sostiene la posizione cautelativa del ministero della Salute, dall’altro il settore commerciale, la comunità scientifica internazionale e la giurisprudenza europea continuano a contestare fermamente l’assenza di evidenze scientifiche sufficienti a classificare il CBD naturale come sostanza stupefacente.