Uno studio scientifico ha dimostrato il collegamento tra compresenza di batteri nocivi, come l’E.coli e microplastiche e l’aumento della resistenza agli antibiotici. Un problema che potrebbe trasformare gli impianti di trattamento delle acque reflue in punti caldi per la diffusione
Oltre a essere una comoda via di trasmissione di virus e microrganismi, le microplastiche combinate con alcuni batteri nocivi può renderli più difficili da combattere con diversi antibiotici comuni, secondo un nuovo studio che accresce le preoccupazioni globali sulla resistenza agli antibiotici.
Lo studio, pubblicato martedì sulla rivista Applied and Environmental Microbiology, ha scoperto che quando i batteri Escherichia coli (E. coli) MG1655, una diffusa variante di laboratorio, venivano coltivati insieme a microplastiche (particelle di plastica di dimensioni inferiori a 5 millimetri), diventavano cinque volte più resistenti a quattro antibiotici comuni rispetto ai batteri coltivati senza le particelle di plastica.
I risultati potrebbero essere particolarmente rilevanti per comprendere il legame tra gestione dei rifiuti e diffusione delle malattie, suggerisce lo studio. Gli impianti municipali di trattamento delle acque reflue contengono sia microplastiche sia antibiotici, trasformandoli in “punti caldi” che favoriscono la diffusione della resistenza agli antibiotici.
“Il fatto che le microplastiche siano ovunque intorno a noi… è un aspetto sorprendente di questa osservazione”, ha dichiarato in un comunicato stampa Muhammad Zaman, coautore dello studio e professore alla Boston University. “C’è sicuramente il timore che questo possa rappresentare un rischio maggiore per le comunità svantaggiate, il che sottolinea la necessità di una maggiore vigilanza e di una comprensione più approfondita delle interazioni tra microplastiche e batteri”.
Molti tipi di batteri stanno diventando resistenti agli antibiotici, in gran parte a causa del loro uso eccessivo. Solo negli Stati Uniti si verificano ogni anno oltre 2,8 milioni di infezioni resistenti a questi farmaci, causando 35.000 morti, secondo i dati dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC). Una situazione che anche al di qua dell’oceano non fa sconti, visto che ogni anno in Europa muoiono 33mila persone a causa dell’inefficiacia degli antimicrobici contro le infezioni batteriche e oltre 10mila, più di un terzo, sono italiani.
La resistenza agli antibiotici in E. coli è preoccupante perché, sebbene il batterio viva generalmente in modo innocuo nell’intestino di esseri umani e animali, alcune varianti possono causare gravi malattie. Esistono inoltre diversi tipi di batteri pericolosi resistenti agli antibiotici, tra cui lo Staphylococcus aureus resistente alla meticillina (MRSA), che spesso provoca infezioni negli ospedali, e il Clostridium difficile (C. diff), responsabile di diarrea e altre complicazioni.