
Un gruppo di lavoratrici di Proteco società di Cuneo che lavora al confezionamenti di prodotti in cioccolata della Ferrero, ha avviato un’azione legale dopo mesi di protesta per le condizioni di lavoro
Un gruppo di lavoratrici di Proteco società con sede a Castagnito (Cuneo) che lavora al confezionamenti di prodotti in cioccolata della Ferrero, ha avviato un’azione legale con il supporto del sindacato Usb, dopo mesi di protesta per le condizioni di lavoro. Come il Salvagente aveva raccontato lo scorso dicembre, a ottobre 2024, alcune decine di operaie assunte dalla Proteco Srl, azienda che per conto di Ferrero confeziona a Cuneo ovetti Kinder, Mon Chéri e Raffaello, hanno denunciato contratti di lavoro non adeguati alle loro mansioni e salari bassi, persino di 5 euro l’ora.
Le ragioni della vertenza
Alla fine Usb si è rivolta ai legali. Enzo Miccoli, il sindacalista che segue la questione per l’Usb ha spiegato alla Gazzetta d’Alba: “Vogliamo capire per quale motivo alla Proteco gli interinali vengono fatti lavorare oltre i limiti consentiti, a scapito dei colleghi che hanno contratti a tempo indeterminato, a volte persino pieno. Per quali ragioni, poi, non è possibile organizzare le mansioni secondo un criterio di equa distribuzione dell’orario, con un contratto diverso dal cosiddetto multiservizi, dal momento che parliamo di addetti al confezionamento di prodotti dolciari”.
Le lavoratrici di Proteco
La vicenda delle lavoratrici di Cuneo, quasi tutte straniere, è indicativa di un sistema in cui, più che la volontà di sfruttamento, pesa una normativa bizantina e poco tutelante che permette alle aziende di assumere lavoratori con contratti che poco hanno a che fare con le specifiche del loro impiego, grazie anche a zone grigie e veri e propri buchi legislativi. Ma proviamo a raccontare la storia dello stabilimento di Cuneo a partire dai suoi protagonisti. Lo stabilimento in questione è quello di Castagnito di Cuneo, dove lavorano circa 200 addette al confezionamento, e che per quasi 30 anni sono state dipendenti della cooperativa Gtpm, che a maggio del 2024 ha ceduto l’attività alla Proteco Srl, la stessa società che di fatto già si occupava di fornitura e manutenzione dei macchinari per il confezionamento.
Il contratto multiservizi al centro della questione
Vincenzo Lauricella, delegato sindacale e membro del coordinamento nazionale lavoro privato di Usb, spiega al Salvagente: “Una parte della vertenza riguarda il passato, lungo quasi 30 anni, durante il quale queste operaie impiegate in appalto per il servizio di confezionamento dei prodotti dolciari di Ferrero, hanno lavorato con un contratto di lavoro che non è un contratto collettivo nazionale, ma che i sindacati confederali, tanti anni fa, avevano scritto appositamente per la provincia di Cuneo e per le cooperative di settore”. Secondo Lauricella si tratta di un contratto plasmato sulle esigenze della Ferrero, che ha una produzione con dei picchi di lavoro particolari, durante l’anno: “Sulla carta era un contratto a tempo indeterminato e a tempo pieno, ma prevedeva dei periodi di fermo totale in cui non si lavorava e non si riceveva né retribuzione né contribuzione, e però non si poteva andare a cercarsi un altro impiego. Per 4 mesi l’anno, le lavoratrici potevano essere chiamate a lavorare per qualche esigenza puntuale, e per il resto restavano a casa”. Tra il 2016 e il 2020, per sanare questa incongruenza, le operaie vengono fatte passare a un part time verticale (in cui solo alcuni giorni a settimana devono lavorare).
Il passaggio di mano
Nel passaggio, la scorsa primavera, dello stabilimento alla Proteco, il contratto a loro riservato diventa il multiservizi. “L’evoluzione della paga ha seguito un aumento che va dai 5,89 lordi che guadagnavano allora, fino ad adesso che con i multiservizi guadagnano 7,29 euro lordi l’ora” spiega Lauricella, che introduce dunque il nuovo tema, che si apre con il passaggio alla nuova proprietà: un contratto non adatto alle mansioni svolte. “Il contratto multiservizi è nato per la pulizia, ma loro non fanno quel tipo di lavoro, e infatti la mansione del confezionamento non è menzionata in alcuna parte del contratto. Per questo, abbiamo nuovamente rivendicato l’applicazione del contratto alimentare industriale, che è quello adatto alla mansione specifica, in cui si entra in contatto con i prodotti alimentari, li si confeziona e li si prepara per le spedizioni”. Tra le due formule, secondo quanto ci spiega Lauricella, c’è una differenza di 300-400 euro, che per una operaia che guadagna 1.300, farebbero la differenza.
Olga, che confeziona le uova Kinder
Olga (nome di fantasia), operaia Proteco, racconta al Salvagente: “Mettiamo nelle confezioni Prestige, i Rocher, Mon Chéri, Raffaello, ma confezioniamo anche gli ovetti Kinder dentro una scatolina a tre uova, così come le uova di Pasqua. Quest’ultime arrivano “nude”, cioè non incartate, poi noi le prendiamo con i guanti e le mettiamo in macchina dove verranno incartate in una bobina”. Secondo lavoratrici e Usb già questo contatto è sufficiente per definire parte del loro lavoro “trasformazione” e dunque per permettergli di pretendere un contratto inquadrato come “industria alimentare”.
La posizione di Proteco
Chiediamo a Marco Gallo, amministratore delegato di Proteco, di rispondere alle accuse mosse dalle lavoratrici, e lui esordisce parlando di leggende metropolitane, “a partire dal salario. Noi paghiamo 10,35 euro lorde l’ora a tutte le persone che lavorano con noi, secondo un accordo di secondo livello con Cisl, Uil e Cgil. Comprendono la quattordicesima, i buoni pasto, le festività prima soppresse e tre giorni di malattia, che non avevano”. Lauricella di Usb taglia corto: “La paga oraria da 10,35 l’ora è il frutto di una sommatoria di retribuzioni mensili, mensilità aggiuntive e finanche dei buoni pasti. Una modalità che non trova alcun fondamento tecnico e che viene utilizzata al solo scopo di coprire l’effettiva paga oraria, che è possibile evincere da qualsiasi busta paga (7,30 euro l’ora lordi)”. All’interno della vertenza rientra anche la richiesta di poter lavorare a tempo pieno: “Io ho un part time verticale per 6 mesi – spiega Olga – in cui ho tre mesi da 40 ore settimanali, due mesi da 32 e altri due da 24 ore. Noi non siamo tutte uguali. Alcune hanno 11 mesi, e altre hanno 9 mesi. Vogliamo essere trattate nella stessa maniera, con una rotazione che distribuisca le ore in maniera uguale per tutte”. Per esempio, nei mesi in cui lavora 24 ore a settimana, Olga arriva a 700 euro, un salario del tutto inadeguato per vivere dignitosamente. Per quanto riguarda le turnazioni, Gallo risponde che “il grosso delle lavoratrici nel confezionamento, il 97-98 per cento, sono stagionali e part time, le altre interinali, che utilizziamo per sopperire ai picchi di lavoro. Abbiamo offerto a delle persone la possibilità di avere delle ore in più, ma ci sono molti stagionali che vogliono rimanere tali perché nei periodi che sono scoperti prendono la disoccupazione e vanno a fare la Naspi”. E sul perché rilevando lo stabilimento, la Proteco abbia scelto proprio il contratto multiservizi, Gallo risponde: “Perché, e ci sono anche dei pareri autorevoli di giuristi lavoristi: per poter avere un contratto agroalimentare è necessaria la trasformazione della materia. Nel nostro caso, c’è un contatto veramente minimale, e se guardiamo quello che dice il contratto alimentare, il semplice contatto non giustifica l’applicazione di un contratto alimentare. Abbiamo preso il multiservizi perché anche le tre confederazioni sindacali ce lo hanno suggerito”.
Una storia lunga e complessa
In realtà, la questione è più complessa. Il committente a monte, Ferrero, rimane fuori dalle aspre discussioni. Eppure, tutto parte dalle sue scelte. “Negli anni 90 – spiega Piertomaso Bergesio, segretario generale della Camera del lavoro di Cuneo – la Ferrero, così come le altre industrie agroalimentari, ha deciso di iniziare ad appaltare pezzi di produzione all’esterno. Ai tempi non c’era un contratto di riferimento nazionale, le cooperative viaggiavano sui regolamenti. E tra le attività date all’esterno c’era anche il confezionamento”. Si costituiscono dunque delle cooperative per prendere queste attività appaltabili e, per sopperire al vuoto normativo, i sindacati stringono a Cuneo un accordo territoriale con le parti produttive per dare un minimo di copertura contrattuale. Il contratto viene utilizzato sempre di più, fino a quando, spiega Bergesio, “abbiamo ripreso in mano la situazione perché stava deragliando, nel senso che ormai veniva scelto da tante cooperative o imprese che facevano il confezionamento, anche in altri settori, solo perché aveva costi bassi”. Così, nel 2016, i sindacati confederali firmano degli accordi ponte temporanei con l’obiettivo di avvicinarsi gradualmente dal punto di vista economico e normativo, al contratto nazionale di riferimento, quello dell’industria alimentare. Ma dal 2022, molte cooperative per sottrarsi agli impegni cambiano vesti e passano, come la Proteco che rileva la Gtpm, al contratto multiservizi. “Un contratto che nel nostro paese purtroppo va a coprire tutti i buchi dei pezzi che non sono normati da altri” sottolinea Bergesio.
La posizione di Ferrero
E Ferrero? La popolare multinazionale ha risposto così alla richiesta di chiarimenti del Salvagente: “Ci teniamo a ribadire che i volumi destinati a confezionamento esterno rappresentano circa il 3,5% dell’ammontare complessivo del prodotto finito confezionato nello stabilimento di Alba. L’esigenza di trasferire esternamente una piccola quota del confezionamento, nasce in virtù dei formati ivi allocati. Questi, che per motivi di mercato non rappresentano produzioni continuative, necessitano di ampi spazi (stoccaggio imballi ecc) che non sono disponibili nelle aree produttive interne allo stabilimento. Le aziende che operano nel confezionamento esterno – continua Ferrero – sono periodicamente soggette ad audit, condotti da società terze certificate, con la metodologia Smeta (Sedex members ethical trade audit) che prevede la valutazione degli standard di lavoro, salute e sicurezza, ambiente e del profilo etico”. Ferrero aggiunge: “Confidiamo che Proteco si faccia ulteriormente parte attiva in questa vicenda, confermando la piena legittimità del proprio operato, anche a tutela della nostra reputazione”.
L’interrogazione parlamentare
Nonostante l’invito, la questione è tutt’altra che chiusa. La mobilitazione di 40 lavoratrici continua con presidi e assemblee pubbliche, persino un’interrogazione parlamentare ha fatto capolino sulla vertenza: Marco Grimaldi, deputato e vicepresidente di Alleanza verdi e sinistra, ha chiesto alla ministra del Lavoro Marina Elvira Calderone, di esprimersi: “Queste lavoratrici è da prima del 2000 che lavorano lì, da più di 20 anni. Sono o non sono lavoratrici della Ferrero? Per noi sono lavoratrici della Ferrero, che ci sia un appalto o un subappalto, e dovrebbero prendere gli stessi soldi degli altri dipendenti. Allora lo dico a questo governo, che decide di liberalizzare ancora di più i somministrati: è normale questo racconto? È normale questa sorpresa? Per noi non lo è”. “C’è una responsabilità sociale dell’impresa- conclude Grimaldi rivolgendosi a Ferrero – scegliete di reinternalizzare questi lavoratori e queste lavoratrici. Si può fare e ne viene anche del futuro del nostro sistema produttivo”.
La lettera degli avvocati
Tornando agli ultimi sviluppi, l’azione avviata rivendica circa un milione di euro di posizioni retributive non riconosciute alle lavoratrici, sia nei confronti della Gtpm, che dopo il passaggio a Proteco. Tra i destinatari della lettera degli avvocati c’è anche Ferrero Italia. “Quest’ultima per legge è responsabile in solido dei pagamenti reclamati, in quanto committente. Alla Ferrero, è stato anche richiesto di produrre il contratto d’appalto in questione, che potrebbe darle la possibilità di dimostrare la propria estraneità a quanto applicato alle dipendenti che hanno firmato la diffida. Se sarà così, non ci sarebbero azioni giudiziarie nei confronti della multinazionale” spiega Miccoli alla Gazzetta d’Alba. Secondo Paolo Andina, manager di Proteco, “La lettera, che abbiamo ricevuto dallo studio di Torino coinvolto, non ha valore di vertenza: non contiene cifre e, al contrario, rimanda a ulteriori dati che sarebbero ancora in fase di raccolta. In questo senso, non mi pare che ci siano novità davvero degne di nota”.