Purtroppo dietro le certificazioni di sostenibilità del salmone, spesso, si nascondono condizioni di allevamento inquietanti, come dimostra un recente rapporto di Foodwatch. Cosa possiamo fare per costringere l’industria a migliorare?
È uno dei prodotti di punta delle feste natalizie: il salmone, soprattutto quello affumicato, viene acquistato per arricchire pranzi e cenoni di Natale e Capodanno. Il consumo di questo prodotto è elevato durante tutto l’anno. Tuttavia, nonostante ci siano diverse certificazioni sulla sostenibilità, dietro l’industria del salmone si nasconde una realtà piuttosto inquietante, come evidenzia il recente rapporto di Foodwatch, “Pesci marci: l’industria europea del salmone fuori controllo”.
Certificazione sostenibile, allevamenti scioccanti
“Il salmone viene spesso commercializzato dall’industria alimentare come un prodotto sano e sostenibile. Tuttavia, la realtà è inquietante” ha affermato Annemarie Botzki di Foodwatch.
La Norvegia è uno dei maggiori produttori di salmone al mondo e solo lì, ogni anno, oltre 100 milioni di salmoni d’allevamento muoiono prematuramente, a causa di malattie, parassiti o ferite. In media, un giovane salmone su 4 e un salmone adulto su 6 muoiono durante la fase di allevamento. Questa alta mortalità non è un caso, ma una diretta conseguenza delle condizioni di allevamento: le aziende del salmone ammassano il maggior numero possibile di pesci nelle gabbie marine per ridurre i costi. La vita in queste gabbie sovraffollate rende gli animali vulnerabili a infezioni batteriche, ferite aperte e infestazioni da parassiti, spesso con esiti letali. Il problema si aggrava ulteriormente: i salmoni d’allevamento che sfuggono dalle gabbie, spesso malati, diffondono malattie e parassiti ai salmoni selvatici, mettendo a rischio gli ecosistemi dei fiordi.
Negli ultimi 20 anni, il numero di salmoni selvatici in Norvegia si è dimezzato. Inoltre, l’acquacoltura del salmone consuma enormi quantità di mangimi, spesso a base di pesce selvatico, contribuendo al problema della pesca eccessiva.
Il caso della listeria che ha colpito tutta Europa
Scoppiato nel 2019, il caso della persistente contaminazione da Listeria dei salmoni affumicati ha continuato a mietere vittime durante tutto il 2024, in vari paesi europei tra cui l’Italia. Tra il 2022 e il 2023, l’epidemia ha colpito Austria, Belgio, Italia, Germania e Paesi Bassi, con segnalazioni di 17 casi e due decessi. Altre vittime risalgono ad aprile di quest’anno in Danimarca, mentre ad ottobre è scattata l’allerta in Francia con una serie di richiami di salmoni e trote segnalata sulla piattaforma RappelConso. Si trattava di pesci provenienti dall’azienda Guyader L’esprit de la Mer, venduti in diverse catene di supermercati come U o Monoprix sotto il marchio Guyader e altre numerose marche di distributori (E.Leclerc, Carrefour, Casino, Intermarché).
Quanto sono affidabili i sigilli come l’ASC?
Etichette come il sigillo ASC (Aquaculture Stewardship Council) o il GGN (allevamenti certificati) dichiarano di promuovere una pesca sostenibile. Secondo l’ASC, il loro sigillo garantisce che “il salmone certificato sia allevato in acque pulite e con attenzione alla salute del pesce”. Inoltre, la tracciabilità dovrebbe permettere di seguire il prodotto dalla fattoria al piatto.
Purtroppo, però, la realtà è diversa. Un test condotto da Foodwatch ha mostrato che, su 10 prodotti ASC analizzati, solo due potevano essere ricondotti a specifici allevamenti di salmone. Ancora più importante, i sigilli apparentemente rassicuranti non riescono a impedire le gravi problematiche nell’industria del salmone. L’ASC certifica il 42% delle aziende norvegesi, mentre il sigillo GGN dichiara di coprirne il 90%. Eppure, milioni di pesci continuano a morire ogni anno per malattie e condizioni precarie.
Dal biologico al supermercato, cosa possiamo fare?
Sebbene il salmone biologico sia soggetto a regole più severe sul numero di pesci per gabbia, non garantisce pesci sani. Inoltre, solo il 2% della produzione norvegese è biologica.
Un recente test condotto dalla rivista svizzera Saldo su 15 confezioni di salmone ha rivelato che la scelta più sicura e salutare ricade sul salmone selvaggio proveniente dall’Alaska.
In Germania, quasi un salmone su due proviene dalla Norvegia. Supermercati come Rewe, Edeka, Aldi e Lidl hanno il potere di influenzare le condizioni nell’industria norvegese. Foodwatch chiede ai principali rivenditori di garantire la tracciabilità dei prodotti, di selezionare fornitori trasparenti e di vendere solo salmone proveniente da allevamenti con bassi tassi di mortalità e buone condizioni di salute animale. Fino a quando queste condizioni non saranno rispettate, i supermercati tedeschi dovrebbero smettere di vendere salmone norvegese.
Come singoli consumatori, è difficile cambiare la situazione continuando ad acquistare questi prodotti, ma è possibile fare pressione su supermercati come Lidl, Aldi ed Edeka affinché adottino misure concrete per migliorare la situazione.
Non conosci il Salvagente? Scarica GRATIS il numero con l'inchiesta sull'olio extravergine cliccando sul pulsante qui in basso e scopri cosa significa avere accesso a un’informazione davvero libera e indipendente