Ravenna, al via l’impianto di cattura del carbonio Eni-Snam contestato da scienziati e ambientalisti

carbonio

Eni e Snam annunciano l’avvio delle attività di iniezione della Co2 in un giacimento esaurito di metano a Ravenna (il cosiddetto Ccs). Ma da anni, scienziati e ambientalisti ne contestano la validità come soluzione sostenibile contro emissioni e impatto climatico

Eni e Snam annunciano l’avvio delle attività di iniezione della Co2 in un giacimento esaurito di metano a Ravenna. Si tratta del progetto Ravenna Ccs, joint venture fra i due gruppi, il primo impianto italiano per la cattura e lo stoccaggio permanente dell’anidride carbonica, al servizio delle industrie della zona, per decarbonizzare le loro produzioni.

Un progetto molto contestato

In Italia, le associazioni ambientaliste, tra cui Greenpeace e Legambiente, protestano da anni contro l’impianto Ccs Eni di Ravenna, bocciato nel 2021 da Bruxelles, al centro nel 2021 di una lettera di protesta firmata da 50 scienziati, a prima firma Vincenzo Balzani, Professore Emerito, Dipartimento di Chimica “G. Ciamician”, dell’Università di Bologna.

Gli impianti di cattura e stoccaggio del carbonio, un elemento chiave dei piani per lo zero netto di molti governi, e in Italia presenti a Ravenna, con l’impianto Eni, “non sono una soluzione climatica”. A dirlo è l’autore di un importante studio del 2022 sulla tecnologia in questione

“I ricercatori dell’Istituto per l’economia energetica e l’analisi finanziaria (Ieefa) hanno riscontrato che i progetti di cattura del carbonio (Ccs) con prestazioni insufficienti superavano notevolmente quelli di successo, con ampi margini”. scriveva il quotidiano inglese The Guardian, riportando i risultati dello studio di Bruce Robertson, l’autore del rapporto Ieefa. Dei 13 progetti esaminati per lo studio, che rappresentano circa il 55% dell’attuale capacità operativa mondiale, sette hanno performato meno di quanto previsto, due hanno fallito e uno è stato sospeso, secondo il rapporto.

Css, una tecnica molto sponsorizzata

“Molti organismi internazionali e governi nazionali si affidano alla cattura del carbonio nel settore dei combustibili fossili per arrivare allo zero netto, e semplicemente non funzionerà”, ha affermato Bruce Robertson, parlando con il Guardian. Nonostante sia una tecnologia ancora in fase di sviluppo, la cattura e lo stoccaggio del carbonio sono stati proposti come un elemento chiave nei piani del Regno Unito per raggiungere l’azzeramento delle emissioni nette di carbonio entro il 2050. A livello internazionale, per allinearsi con gli obiettivi di raggiungere lo zero netto entro il 2050, la capacità annuale di Ccs dovrà raggiungere 1,6 miliardi di tonnellate di CO2 ogni anno entro il 2030, ha affermato l’Agenzia internazionale per l’energia (IEA).

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Una tecnologia vecchia per estrarre ancora più petrolio

“Il rapporto dell’Ieefa afferma che sebbene la cattura e lo stoccaggio del carbonio siano una tecnologia vecchia di 50 anni, i suoi risultati sono stati vari. La maggior parte dei progetti Ccsda allora ha riutilizzato il gas catturato pompandolo in giacimenti petroliferi in diminuzione per aiutare a spremerne le ultime gocce” scrive il Guardian.

La stessa tecnica porta a emissioni di CO2

Secondo il rapporto, questa “recupero avanzato del petrolio” (Eos) rappresenta circa il 73% della C02 catturata a livello globale ogni anno, negli ultimi anni. Circa 28 milioni di tonnellate dei 39 milioni di tonnellate catturate a livello globale, secondo le sue stime, vengono reiniettate e sequestrate nei giacimenti petroliferi per spingere più petrolio fuori dal suolo. “La stessa Eor porta a emissioni di CO2 sia direttamente che indirettamente”, afferma il rapporto. “L’impatto diretto sono le emissioni del carburante utilizzato per comprimere e pompare CO2 in profondità nel terreno. L’impatto indiretto sono le emissioni derivanti dalla combustione degli idrocarburi che ora sarebbero potute uscire senza EOR”.

Emissioni dirette e indirette

Un’ulteriore sfida è trovare siti di stoccaggio adeguati per il sequestro del carbonio, dove il gas non verrà semplicemente utilizzato per espellere più petrolio. Secondo il rapporto, la CO2 intrappolata dovrà essere monitorata per secoli per garantire che non si disperda nell’atmosfera, aumentando il rischio che la responsabilità venga consegnata al pubblico, anni dopo che gli interessi privati ​​​​hanno estratto i loro profitti dall’impresa.

Il rischio di tenere in vita ancora più a lungo i combustibili fossili

Il rischio è che la tecnologia Ccs  venga utilizzata per prolungare la vita delle infrastrutture dei combustibili fossili ben oltre il punto di interruzione per mantenere il carbonio atmosferico a livelli inferiori a quelli catastrofici, aggiunge il rapporto. “Sebbene ci siano alcune indicazioni che potrebbe avere un ruolo da svolgere in settori difficili da abbattere come cemento, fertilizzanti e acciaio, i risultati complessivi indicano un quadro finanziario, tecnico e di riduzione delle emissioni che continua a sovrastimare e performare meno”, ha detto Robertson, che tuttavia, ha aggiunto: “Come soluzione per affrontare l’aumento catastrofico delle emissioni nel suo attuale quadro, Ccs non è una soluzione climatica”.

Nasce il comitato pubblico Ccs per lo stoccaggio Co2 che piace all’Eni