Il cacao e il caffè sono diventate materie prime troppo care da importare? Una start up svizzera prova a prodursele in casa, coltivandole in bioreattori nella zona di Zurigo, con tecniche di agricoltura cellulare
Il cacao e il caffè sono diventate materie prime troppo care da importare? La Svizzera prova a prodursele in casa, coltivandole in bioreattori, con tecniche di agricoltura cellulare.
La storia è curiosa perché riguarda il paese simbolo del cioccolato di alta qualità, che ha un consumo pro capite tra i più alti al mondo, e che, nell’anno in cui le quotazioni del cacao hanno superato il record dei 10.000 dollari a tonnellata, ha deciso di dipendere meno dalle importazioni, provando a coltivare le piante di cacao in laboratorio.
Come si arriva a coltivare il cacao in un bioreattore?
A mettere in atto la sfida è la start-up svizzera Food Brewer, fondata nel 2021, con l’obiettivo di rendere le materie prime tropicali più sostenibili sia da un punto di vista ambientale e sociale, sia economico. Food Brewer ha iniziato le sue pratiche di agricoltura cellulare con il cacao, partendo dalle fave che arrivano dall’America Latina, caratterizzate da varietà più fruttate e interessanti, e bypassando i due paesi principali esportatori che sono Ghana e Costa d’Avorio.
Le fave di cacao vengono dissezionate per trovare le cellule ottimali in termini di gusto, aroma e profilo di crescita (elemento centrale per garantire la scalabilità nel tempo). Le cellule selezionate vengono poi coltivate, in determinate condizioni e con la giusta nutrizione, nei bioreattori presso la sede di Food Brewer vicino a Zurigo. Lo sviluppo delle cellule viene monitorato per un certo numero di giorni, e una volta raggiunta la densità cellulare desiderata, si raccoglie la biomassa, che viene poi macinata e tostata per far emergere i vari sapori richiesti. Dopodiché si può inserire molto facilmente nei processi di produzione dei produttori di cioccolato.
Si punta anche al caffè coltivato e al grasso da alghe
Food Brewer è anche molto vicina dal produrre il proprio caffè in laboratorio, coltivando le piante, con un processo simile a quello del cacao, sempre nel bioreattore. Il caffè che si ottiene dopo la tostatura può essere preparato o incorporato direttamente nelle formulazioni di cibi e bevande.
Per fare il cioccolato, invece, la polvere di cacao deve essere mescolata con grassi e zucchero e la start-up sta lavorando anche per sostituire il burro di cacao tradizionale con un grasso coltivato che arriva dalle microalghe. Infatti, come terzo pilastro di produzione, l’azienda ha proprio lo sviluppo di un grasso sostenibile come facilitatore per cacao e caffè.
Novel food, per accelerare l’autorizzazione la Svizzera guarda agli USA
Il cacao e il caffè coltivati in laboratorio sono considerati nuovi alimenti, i cosiddetti novel food e richiedono un’approvazione prima della commercializzazione. In Europa è l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) a valutare la sicurezza di un nuovo prodotto alimentare, attraverso un processo lento e scrupoloso, mentre la Svizzera, non essendo un paese membro dell’Unione Europea, è in una posizione più vantaggiosa e sta pensando di rivolgersi agli Stati Uniti, dove è possibile chiedere la certificazione GRAS (generalmente riconosciuta come sicura) che prevede dei tempi molto più radipi e, di fatto, autorizza un’azienda a decidere in maniera autonoma se inserire il proprio prodotto nell’elenco delle sostanze sicure, senza neanche doverlo comunicare alla Food and Drud Administration.
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Dalla Francia a Israele, altri tentativi di coltivare cacao e caffè
Food Brewer non è l’unica azienda a sviluppare cacao o caffè coltivati in laboratorio. Negli Stati Uniti la California Cultured sta lavorando nello stesso settore; in Francia, Stem sostiene di essere la prima a sviluppare caffè coltivato in laboratorio per le masse e in Israele almeno un paio di start-up – Celleste Bio e Kokomodo – stanno lavorando sul cacao coltivato in laboratorio.