Secondo uno studio italiano la causa di questo picco di contagi tra bambini sotto i 6 anni è da ricercare nel “debito immunitario” sviluppato durante la pandemia, a seguito del ridotto contatto con i microrganismi
Tra il 2022 e il 2023 nel nostro Paese c’è stato un importante aumento di infezioni da streptococco nei bambini in età prescolare, cioè nella fascia tra i 3 e i 6 anni. La causa, secondo uno studio pubblicato qualche giorno fa su The Lancet Microbe, è da ricercare soprattutto nel “debito immunitario” sviluppato durante la pandemia da Covid-19, a seguito del ridotto contatto con i microrganismi. In quel periodo il nostro sistema immunitario, in primis quello dei più piccoli, non si è allenato abbastanza a rispondere alle infezioni e, una volta venute meno le mascherine e le misure di distanziamento sociale, il batterio ha ripreso a diffondersi e i casi di malattie da streptococco sono tornati rapidamente a salire.
I risultati dello studio
Lo studio, condotto da un team di ricercatori di area pediatrica e microbiologica della Fondazione Policlinico Gemelli Irccs e dell’università Cattolica di Roma, ha indagato l’incidenza dell’infezione da Streptococcus pyogenes (Gas), analizzata dall’osservatorio del Pronto soccorso pediatrico del Gemelli che, nei sei anni esaminati dal 2018 al 2023, ha raccolto più di 1.800 campioni. Dai dati è emersa con evidenza la situazione vissuta dal nostro Paese nel 2023, con tanti bambini piccoli con febbre alta e tonsille gonfie da streptococco e farmacie prese d’assalto da genitori alla ricerca di tamponi rapidi.
Durante gli anni del Covid, tra il 2020 e il 2022, c’è stata una significativa riduzione di infezioni da streptococco, mentre nel 2023 siamo tornati rapidamente ai livelli pre-pandemia, quando i campioni positivi erano il 13-16% di tutti i tamponi esaminati.
“Il sospetto – ha spiegato Maurizio Sanguinetti, ordinario di Microbiologia alla Cattolica, direttore del Dipartimento Scienze di laboratorio e infettivologiche e della Uoc Microbiologia del Policlinico Gemelli – è che i bambini, essendo stati protetti in modo importante restando a casa e con le mascherine, non abbiano sviluppato la normale immunità parzialmente protettiva nei confronti dell’infezione. L’ipotesi è che il ridotto contatto con questo microrganismo abbia determinato nei bambini più piccoli un cosiddetto ‘debito immunologico’ che ha impedito loro di sviluppare una protezione, anche parziale, nei confronti del microrganismo e questo ha comportato una maggiore incidenza di infezioni”. In poche parole un contatto a un basso livello con l’agente patogeno determina lo sviluppo di una certa immunità che poi viene riattivata più efficacemente quando si viene a contatto con il microrganismo.
Ok ai tamponi rapidi, ma seguiti da esami in laboratorio
Le infezioni da GAS sono comuni tra i bambini, ma possono colpire anche gli anziani, e rappresentano 1,8 milioni di casi nel mondo, con un tasso di mortalità fino al 20%. Si va dai casi asintomatici e lievi, come impetigine, faringite e scarlattina, a infezioni più gravi come polmoniti, sindrome da shock tossico streptococcico e malattie autoimmuni.
Un passaggio fondamentale per evitare di sviluppare forme gravi di infezione è quello di effettuare una diagnosi più rapidamente possibile perché il fattore tempo incide sulla cura e bisogna evitare ritardi nell’adozione delle terapie più appropriate.
A questo punto lo studio parla dell’importanza dei test diagnostici, a cominciare dai tamponi rapidi che si effettuano in farmacia, che rappresentano un importante strumento di screening iniziale. Ma per avere una diagnosi certa si raccomanda il tampone faringo-tonsillare, effettuato presso un laboratorio di microbiologia, seguito da esame colturale ed eventuale antibiogramma. Solo questi approfondimenti permettono di avere una certezza della diagnosi e, di conseguenza, l’individuazione della giusta terapia. Inoltre questi strumenti sono fondamentali per seguire l’evoluzione epidemiologica e valutare l’eventuale circolazione di ceppi più virulenti. I dati, infatti, segnalano un aumento delle patologie invasive legate in particolare all’immunotipo M1, che è tra i più virulenti. A questo proposito lo studio ribadisce che i test rapidi effettuati in farmacia sono gravati da tanti risultati falsi positivi e falsi negativi, quindi si consiglia di ripetere il test in laboratorio, soprattutto se un bambino è fortemente sintomatico, con febbre alta e tonsille gonfie e infiammate.
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Anche perché, non bisogna fare allarmismo perché parliamo di una malattia che si conosce, ma bisogna evitare di essere superficiali “perché questo microrganismo può dare infezioni invasive, anche in individui sani, e importanti sequele a distanza di anni, a livello dei reni (glomerulonefrite post-streptococcica), delle valvole cardiache e delle articolazioni, in particolare nel caso del ceppo M1″.