Mangimi da zone deforestate dell’Argentina arrivano anche in Italia

Un’inchiesta di Voxeurope denuncia come le aziende alimentari, tra cui i produttori di marchi italiani di eccellenza, come il Prosciutto San Daniele, continuano a comprare mangimi a base di farina di soia importata dalla regione argentina del Chaco, soggetta a deforestazione

Le grandi società agroalimentari europee continuano a comprare mangimi a base di farina di soia importata dalla regione argentina del Chaco, soggetta alla deforestazione, contribuendo alla distruzione di questo hotspot di biodiversità. Tutto questo succede in barca alle normative europee contro l’impiego di prodotti derivati dal disboscamento abusivo. É quanto emerge da un’inchiesta pubblicata su Voxeurope che denuncia come i produttori di marchi italiani di eccellenza, come il Parmigiano Reggiano e il Prosciutto San Daniele, si riforniscano anche di prodotti della soia di provenienza sospetta nascondendosi dietro ai cavilli e legali della regolamentazione europea e dell’autodisciplina.

I dati di MarineTraffic consentono di rintracciare diverse navi che, dal 2019 a oggi, hanno attraversato l’Atlantico partendo dai due porti argentini di Rosario e San Lorenzo fino ai porti di scarico in Italia e Spagna. Questi due paesi sono rispettivamente al primo e al secondo posto in Europa, e al quinto e sesto posto mondiale, per import di farina di soia per mangimi dall’Argentina e per esposizione alla deforestazione nel Chaco. Una volta giunta in Italia e Spagna, la farina viene miscelata con altri cereali dai produttori di mangimi che riforniscono tutti i comparti nazionali di bestiame (suini, bovini, pollame, uova, vacche da latte).

Nei primi nove mesi del 2023 la Spagna ha importato oltre 500mila tonnellate di farina di soia dall’Argentina (dati Eurostat aggiornati a settembre) per l’industria della carne suina, di cui la Spagna è primo produttore europeo e il quarto mondiale.

Secondo i dati Istat citati dall’Associazione nazionale dei commercianti di cereali, dall’Argentina provengono tre quarti delle importazioni italiane di farina di soia, ossia 1.196.566 tonnellate su 1.678.000 tonnellate complessive nel 2022. Nel 2019 i tre principali importatori di farina in Italia sono la cinese Cofco, l’argentina Aceitera General Deheza e l’americana Bunge. Sia Cofco che Bunge hanno i loro silos per lo stoccaggio dei semi di soia in prossimità delle piantagioni sorte nelle aree deforestate nel dipartimento di Almirante Brown. Va specificato che gli habitat composti da sprazzi di zone boschive alternate a spazi aperti non sono tutelati dal Regolamento europeo che vieta l’import di cereali provenienti da aree disboscate dal 2020 in poi, che entrerà pienamente in vigore nel 2025.

Dove va a finire il mangime che arriva in Italia?

Nessuna delle due aziende ha rivelato l’origine della soia argentina importata in Italia, ma da maggio a dicembre 2023, secondo i dati di Marine Traffic, dal porto di San Lorenzo sei navi cargo sono partite per Ravenna e altre tre hanno raggiunto Savona (Bunge opera in entrambi gli scali, mentre Cofco lavora con Ravenna). La soia importata dall’Argentina e da altri paesi sudamericani giunge ai produttori di mangimi attraverso gli intermediari di compravendita nelle borse nazionali dei cereali.

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Il presidente di Progeo, una delle più importanti cooperative agricole italiane e, fra i primi quattro mangimisti a livello nazionale, ha dichiarato di acquistare regolarmente farina (proveniente anche dall’Argentina) da tutti gli importatori e in particolare da Cofco, Bunge e Viterra. Con questa farina, nel 2022 Progeo ha prodotto e venduto 5,435 milioni di quintali di mangimi, di cui il 15% è andato al settore suinicolo, mentre il grosso è finito nel comparto delle vacche da latte. Gli allevamenti che si riforniscono da Progeo si trovano per la maggior parte in Emilia Romagna, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, le regioni dove hanno sede i consorzi del Parmigiano Reggiano e del Prosciutto San Daniele. Secondo informazioni che Voxeurope ha ottenuto confidenzialmente da esponenti del consorzio del prosciutto di San Daniele, i macelli che forniscono le cosce ai produttori si approvvigionerebbero anche dagli allevamenti che utilizzano i mangimi di Progeo.