Microplastiche nelle arterie, raddoppia rischio di infarto e ictus

MICROPLASTICHE SANGUE

Per la prima volta uno studio italiano dimostra la correlazione tra la presenza di micro e nanoplastiche nelle arterie dei pazienti e lo sviluppo di malattie cardiovascolari come infarto e ictus. Il rischio è 2,1 volte superiore rispetto ai pazienti che non hanno depositi di microplastiche.

L’esposizione alle microplastiche è in grado di raddoppiare il rischio di malattie cardiovascolari, come infarto e ictus. È il risultato eclatante di uno studio italiano appena pubblicato sul New England Journal of Medicine, coordinato dall’Università della Campania “Luigi Vanvitelli” in collaborazione con l’IRCSS Multimedica di Milano, l’Harvard Medical School di Boston e altri enti. Lo studio ha indagato sull’associazione tra la presenza di microplastiche e nanoplastiche nelle arterie dei pazienti e il rischio di malattie cardiovascolari, attraverso l’osservazione di 312 pazienti sottoposti a endarterectomia carotidea, di cui 257 hanno completato il follow-up di 34 mesi.
Nel 58% dei casi sono state rilevate microplastiche e nanoplastiche nella placca asportata e nel 12,5% è stato rilevato il policloruro di vinile (PVC), due dei composti plastici attualmente più utilizzati al mondo per produrre contenitori, bottiglie, tappi e materiali edilizio. Questa presenza è associata a un rischio successivo di infarto miocardico non fatale, ictus non fatale o morte per qualsiasi causa 2,1 volte superiore rispetto ai pazienti i cui depositi non contengono microplastiche o nanoplastiche. I pazienti con microplastiche o nanoplastiche nei tessuti della placca hanno anche un’espressione elevata di marcatori infiammatori circolanti.

Novità rispetto agli studi precedenti

Fino ad oggi sapevamo degli effetti tossici delle microplastiche attraverso studi sugli animali, mentre le informazioni sugli effetti sulla salute degli uomini erano scarse. Questo studio, invece, fornisce prove che le microplastiche sono associate agli esiti delle malattie cardiovascolari negli esseri umani. Sebbene non sia stabilito un rapporto causa-effetto, la novità dello studio è la prima dimostrazione di un rapporto tra inquinamento da micro-nanoplastiche e malattia nell’uomo. I dati dello studio dimostrano un incremento significativo dei biomarcatori dell’infiammazione sulle placche in presenza delle micro e nano plastiche e, spiegano i ricercatori, una placca infiammata è molto più friabile e si può rompere più facilmente, entrando nel torrente sanguigno. Dal momento che il detrito della placca non si scioglie, se incontra un vaso con un diametro inferiore lo blocca, generando un infarto del miocardio o un ictus cerebrale.

Dietro la plastica elevati costi per salute e ambiente

“Anche se non sappiamo quali altre esposizioni possano aver contribuito agli esiti avversi tra i pazienti in questo studio, la scoperta di microplastiche e nanoplastiche nei tessuti della placca è di per sé una scoperta rivoluzionaria che solleva una serie di domande urgenti – scrive l’epidemiologo Philip J. Landrigan, fondatore e direttore del Global Public Health Program del Boston College nell’editoriale di accompagnamento allo studio – Quali altri organi oltre al cuore potrebbero essere a rischio? Come possiamo ridurre l’esposizione? – si chiede Landrigan che invita tutti a fare una riflessione riconoscendo che i benefici legati all’uso della plastica sono di fatto ingannevoli perché nascondono preoccupanti pericoli per la salute. Le plastiche comprendono migliaia di additivi chimici che conferiscono proprietà come colore, stabilità, flessibilità, resistenza al fuoco e idrorepellenza; molti di questi sono carcinogeni, neurotossici e interferenti endocrini che possono interferire con il metabolismo dei lipidi e aumentare il rischio di diabete, malattie cardiovascolari e ictus.

Un invito a ridurre l’uso di materie plastiche

Già in indagini precedenti le micro e nano plastiche sono state trovate nell’uomo in vari tessuti, tra cui colon, placenta, fegato, milza e tessuti linfonodali. Le vie di ingresso sono principalmente l’ingestione e l’inalazione. Secondo l’ultimo rapporto Future Brief sulle nanoplastiche della Commissione Europea, in media un adulto inala o ingerisce dalle 39.000 alle 52.000 particelle plastiche all’anno, pari a 5 grammi di plastica alla settimana, l’equivalente di una carta di credito. In tutto il mondo, la produzione annuale di plastica è cresciuta da meno di 2 milioni di tonnellate nel 1950 a circa 400 milioni di tonnellate a oggi. Si prevede che questa produzione raddoppierà entro il 2040 e triplicherà entro il 2060.
“Le materie plastiche hanno permesso straordinari progressi in ogni settore della medicina e hanno reso le nostre vite incommensurabilmente più comode – sottolinea Landrigan – Tuttavia, diverse evidenze indicano che le plastiche non sono né sicure né economiche come possono sembrare e i loro benefici comportano grandi e sempre più evidenti costi per la salute umana e l’ambiente. Dobbiamo incoraggiare i nostri pazienti a ridurre l’uso di materie plastiche, soprattutto degli articoli usa e getta che rappresentano circa il 40% della produzione attuale e contribuiscono in modo sproporzionato all’accumulo di rifiuti plastici. I modelli attuali di produzione, utilizzo e smaltimento non sono sostenibili – conclude l’epidemiologo – In risposta al crescente problema dell’inquinamento da materie plastiche e della produzione di materie plastiche, le Nazioni Unite hanno deciso di sviluppare un Trattato Globale sulle Materie Plastiche, e sono in corso negoziati. Dobbiamo esprimere un forte sostegno al Trattato chiedendo l’inclusione di un limite globale obbligatorio sulla produzione”.