La ricerca: ftalati e bisfenolo in 100 alimenti. Un’invasione silenziosa

BISFENOLO A CONTENITORI ALIMENTARI

Dallo yogurt ai prodotti di fast food, dalle pesche sciroppate al salmone ai frullati… Ftalati e bisfenolo, potenti interferenti endocrini, sono stati rilevati ovunque da un test di Consumer Reports su 100 alimenti diversi, a prescindere dai materiali della confezione.

I risultati di un’indagine condotta da Consumer Reports hanno rivelato una sorprendente diffusione di plastificanti, in particolare ftalati, all’interno di numerosi prodotti alimentari comuni. L’inchiesta ha coinvolto quasi 100 alimenti, esaminando la presenza di queste sostanze chimiche potenzialmente dannose in una vasta gamma di prodotti, dai latticini ai pasti pronti, fino ai cibi veloci.

Ftalati ovunque, senza distinzioni

I risultati sugli ftalati sono stati particolarmente inquietanti: queste sostanze chimiche sono state rilevate in quasi tutti gli alimenti testati, spesso a livelli elevati. Sorprendentemente, i livelli non sembrano correlati al tipo di imballaggio o alla categoria di cibo. La diffusione è stata riscontrata in prodotti biologici, frullati proteici, pesce e carne, sottolineando una presenza pervasiva in vari settori alimentari.

Tra i prodotti con livelli elevati, spiccano le pesche affettate Del Monte, salmone rosa Chicken of the Sea, frullati di cioccolato ad alto contenuto proteico Fairlife Core Power e yogurt magro alla vaniglia francese originale Yoplait. Inoltre, alimenti da fast food come i nuggets di pollo croccanti di Wendy’s, burrito di pollo di Chipotle e un Whopper con formaggio di Burger King hanno mostrato contenuti significativi di ftalati. Anche i prodotti biologici, considerati da molti come opzioni più salutari, presentavano livelli problematici, come dimostrato da una lattina di ravioli Annie’s Organic al formaggio.

Dove sono stati trovati

È interessante notare che alcuni prodotti testati da Consumer Reports mostravano livelli significativamente più bassi rispetto ad altri nella stessa categoria. La Pizza Hut’s Original Cheese Pan Pizza, ad esempio, aveva la metà dei livelli di ftalati rispetto a una pizza simile da Little Caesars. Anche tra i prodotti della stessa marca, come la pasta Chef Boyardee, vi erano differenze sostanziali nei livelli di ftalati. Queste variazioni indicano che, nonostante la diffusione di queste sostanze chimiche, esistono metodologie per ridurne la presenza nei nostri alimenti.

Il pericolo di ftalati e bisfenoli

Il problema principale associato a ftalati e bisfenoli è la loro natura di disruptori endocrini, capaci di interferire con la produzione e la regolazione degli ormoni, incluso l’estrogeno. Anche minime alterazioni nei livelli ormonali possono contribuire ad aumentare il rischio di varie condizioni di salute, tra cui diabete, obesità, malattie cardiovascolari, alcuni tipi di cancro, difetti congeniti, nascita prematura, disturbi neurosviluppo e infertilità.

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La preoccupazione cresce ulteriormente a causa della lenta evoluzione di questi problemi di salute, che possono manifestarsi nel corso di molti anni. Questa lenta progressione rende difficile stabilire collegamenti diretti tra l’esposizione a ftalati e bisfenoli e specifiche patologie, come attacchi di cuore o cancro al seno.

Limiti che non proteggono

La Commissione europea sta preparando un regolamento per vietare l’uso del bisfenolo A nei contenitori alimentari di plastica, e negli imballaggi rivestiti, tra cui le lattine per le tonno, dopo che dopo il parere dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), che ha ridotto di 20mila volte la dose tollerabile della sostanza chimica.

Un’esigenza che appare al momento molto difficile da riuspettare dalle industrie alimentari, come ha dimostrato il test del Salvagente (giugno 2023)

La regolamentazione di queste sostanze chimiche negli alimenti resta però complessa, con attuali normative, tanto in Europa che negli States, che fissano limiti solo per il bisfenolo A (BPA) e alcuni ftalati. Tuttavia, secondo gli esperti, questi limiti potrebbero non riflettere le conoscenze scientifiche più recenti e potrebbero non proteggere completamente contro tutti i potenziali rischi per la salute.

Mentre le autorità statunitensi e europee hanno vietato alcune forme di ftalati in specifici prodotti, come i giocattoli per bambini, la presenza diffusa di queste sostanze nei materiali di imballaggio alimentare e nella produzione stessa continua a sollevare gravi preoccupazioni.

Le aziende rispondono (a volte)

Consumer Reports ha sollecitato una rivalutazione urgente da parte delle autorità di regolamentazione Usa, sottolineando la necessità di normative più rigorose per limitare l’uso di ftalati e bisfenoli negli alimenti. Attualmente, la Food and Drug Administration (FDA) sta raccogliendo dati sull’uso di plastificanti nella produzione alimentare, ma gli esperti ritengono che questa azione sia tardiva e che sia essenziale per garantire la sicurezza dei consumatori.

Le aziende alimentari, supermercati e catene di fast-food sono state anche chiamate a fare la loro parte, stabilendo obiettivi chiari per ridurre e eliminare queste sostanze chimiche dalla catena di approvvigionamento alimentare. Mentre alcune aziende contattate da Consumer Reports non hanno risposto alle richieste di commento sui risultati dell’indagine, la pressione cresce affinché si adottino misure più decisive per proteggere la salute dei consumatori.

In particolare alcune delle aziende contattate da Consumer Reports, tra cui Annie’s, Burger King, Fairlife, Little Caesars, Moe’s Southwest Grill, Wendy’s e Yoplait, non hanno risposto alle richieste di commento sui risultati dell’indagine. Questo silenzio ha sollevato interrogativi sulla trasparenza e l’impegno di queste aziende nel fornire informazioni ai consumatori riguardo ai potenziali rischi associati ai loro prodotti.

Al contrario, alcune aziende hanno sottolineato di rispettare le normative esistenti. Del Monte, Gerber e McDonald’s hanno dichiarato di operare nel rispetto delle regolamentazioni vigenti. Gerber, in particolare, ha evidenziato la sua pratica di richiedere ai fornitori di certificare l’assenza di BPA e ftalati nei loro imballaggi alimentari.