Cos’è la shrinkflation? Confezioni ridotte e prezzi aumentati

Shrinkflation

La Shrinkflation è una pratica scorretta, perché subdola e ingannevole. Con la crisi energetica e l’aumento dei costi potrebbe diventare la regola (e a rimetterci è sempre il consumatore)

I gelati confezionati di una volta erano come i tormentoni dell’estate. Sembravano non finire mai. Le canzoni duravano tanto e nel finale sfumavano lentamente, quasi a non voler più abbandonare i timpani e il movimento ondeggiante del corpo. Così erano i cornetti e i biscottoni formato maxi. Si scioglievano in mano come neve al sole rovente della bella stagione.

Poi sciogliendosi, pian piano sono venuti alla luce i difetti del consumismo. Nel sistema produttivo di massa i conti hanno cominciato a non quadrare più. È stato un processo lento e inesorabile. I prodotti industriali mutavano nel packaging dalle linee più morbide e meno appariscenti. Ma anche nel formato: dal maxi al mini. Da qualche state i gelati si sono fatti più piccoli. E non solo quelli. Siamo entrati dolcemente, quasi senza accorgercene, nell’era della shrinkflation.

Cos’è la shrinkflation

Non solo gelati. Il Toblerone gigante ha perso “denti” o, molto più subdolamente, è aumentato lo spazio tra i “denti”. Le confezioni di pasta della stessa marca sono state abilmente ridotte anche se apparentemente sembravano uguali. Sono scomparsi i gadget e la raccolta punti. Insomma, un “restringimento” vero. I prodotti industriali si sono messi a “dieta” per rispondere alla nuova logica del risparmio, un fenomeno che gli economisti hanno chiamato “shrinkflation”: “shrink” significa ridurre, “inflation” è l’inflazione, ossia l’aumento dei prezzi. Nel mondo dell’industria si è diffusa la pratica di diminuire il quantitativo dei prodotti di largo consumo senza che ciò corrispondesse a una diminuzione dei prezzi. Anzi, è diventato un’abile strategia per camuffarne l’aumento dei prezzi. In un contesto di basso consumo l’aritmetica non incide più di tanto sui costi di produzione. Ma nelle grandi produzioni è una dieta che fa risparmiare tantissimo sui costi e in molti casi sulla qualità del prodotto. Emblematico è il caso delle popolari creme di cioccolato dove i produttori hanno preso alla lettera lo slogan “più latte e meno cacao”. Infatti, il cacao è più raro che mai.

I gruppi di tutela dei consumatori sono critici nei confronti della pratica. Hanno puntato il dito contro questa sorta di “inflazione invisibile”. Poco trasparente e subdola.

Come difendersi dalla shrinkflation

Le associazioni dei consumatori sono critiche perché questa riduzione appare come un gioco di prestigio. Detto in parole schiette: una fregatura ai danni dei consumatori. La riduzione delle dimensioni della confezione è sufficientemente piccola da non essere immediatamente percepibile agli occhi dei consumatori abituali. La pratica incide negativamente sulla capacità dei consumatori di compiere scelte di acquisto informate. Gli studi hanno dimostrato che i consumatori sono più scoraggiati dall’aumento dei prezzi che dalla riduzione delle dimensioni delle confezioni. Quindi le industrie hanno adottato strategie per ridurre le dimensioni e aumentare pian piano i prezzi, lasciando intendere che il prodotto fosse invariato.

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La shrinkflation e la pubblicità ingannevole

Anche i messaggi pubblicitari si sono fatti più furbi e ingannevoli. Nel mondo occidentale si è diffusa la cultura del “less is more”, uno slogan appetibile scelto da numerose aziende. Rivendicando persino i benefici per la salute grazie alle porzioni più piccole o i benefici ambientali dovuti a un minor imballaggio. Invece è un’apparenza che inganna: non c’è nulla di guadagnato, anzi alla riduzione della quantità è venuta meno anche la qualità. Perché se riduci il cacao negli ingredienti di una crema di cioccolato si snatura l’essenza stessa del prodotto.

Con l’aumento dei costi energetici, il caro bollette e il caro vita, il fenomeno rischia di dilagare e le confezioni potrebbero diventare sempre più piccole senza che questo sia accompagnato da un adeguamento del prezzo. Colpevolizzare le imprese in un momento di grave crisi è come ignorare la complessità del fenomeno. Tra l’altro la shrinkflation di per sé non è una pratica vietata dalle leggi, a patto che non sia ingannevole. Occorre un intervento più incisivo sul pianto culturale da parte delle istituzioni e degli organi di tutela.

Il Codice del Consumo fa già riferimento alle cosiddette pratiche commerciali scorrette (latu sensu), comunque ingannevoli, “idonee a indurre in errore il consumatore medio, falsandone il processo decisionale”.

Occorre pretendere interventi delle Autorità e dell’Antitrust che hanno potere sanzionatorio. Ma il problema è culturale. Se le industrie devono ricorrere a pratiche subdole e ingannevoli significa pure che l’informazione nella cultura del consumo non è ancora matura a discapito dei consumatori che non sono del tutto consapevoli. Il problema delle etichette poco trasparenti o poco “appetibili” non è stato ancora risolto.