I farmaci dopo una prima autorizzazione sulla base di dossier vedono spesso ampliarsi le indicazioni d’uso, il che significa maggiore redditività per Big Pharma. Ma uno studio scientifico sui medicinali per la cura dei tumori mette in luce che spesso i benefici diminuiscono man mano che aumentano le indicazioni.
I farmaci non hanno una sola vita. Una volta autorizzati sulla base di un dossier analizzato dalle autorità continentali (in Europa è l’Ema, l’Agenzia dei medicinali, a dare il parere) vengono impiegati per le patologie approvate. La seconda vita inizia in quel momento, dove non di rado le indicazioni d’uso vengono ampliate, garantendo una maggiore redditività alle industrie farmaceutiche. Peccato che in questo caso servano dati meno solidi rispetto al dossier originario. Ad esempio, le agenzie non richiedono che il trattamento sia confrontato con le opzioni già disponibili.
Questo tipo di studi sono effettuati però in Francia e Germania, dove le agenzie rivalutano sistematicamente il beneficio del farmaco quando vengono aggiunte indicazioni. E proprio da questi dati è partito uno studio di coorte, condotto da scienziati svizzeri e statunitensi realizzato soprattutto su farmaci utilizzati nella terapia dei tumori.
Lo studio di coorte comprendeva 124 prime e 335 indicazioni supplementari approvate dalla FDA e 88 prime e 215 indicazioni supplementari approvate dall’Ema tra il 2011 e il 2020; il sottoinsieme più grande era, come anticipato, per i disturbi del cancro. Tra le indicazioni approvate dalla FDA con valutazioni disponibili, il 41% (44/107) aveva valutazioni di alto valore terapeutico per le prime indicazioni rispetto al 34% (61/179) per le indicazioni supplementari. In Europa, il 47% (41/87) era appannaggio delle prime indicazioni e il 36% (67/184) delle indicazioni supplementari avevano valutazioni di valore terapeutico elevato.
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In Europa, l’agenzia incaricata di valutare i medicinali (EMA) ha autorizzato 88 nuovi prodotti nel periodo studiato e ha esteso le indicazioni a 215 casi. Pertanto, la metà dei farmaci ha almeno 1 indicazione in aggiunta a quella originale e il 17% ne ha 4 o più. È il caso dei trattamenti contro il cancro chiamati immunoterapie, come pembrolizumab (Keytruda) con 15 estensioni di approvazione e nivolumab (Opdivo) con più di 10.
Secondo questo studio, però, più crescono le indicazioni, minore è la probabilità di avere un reale beneficio. Chiedono pertanto che prescrittori e pazienti siano informati di queste differenze a seconda delle indicazioni, al fine di decidere al meglio il trattamento appropriato. In effetti, il farmaco più recente non è necessariamente il più interessante.