Che cos’è e come funziona il bail-in, il meccanismo che prevede il salvataggio interno delle banche in crisi. Quali sono i rischi per i correntisti e come si possono tutelare
Nel momento in cui una banca fallisce arreca un danno a se stessa, ai vari stakeholders (i portatori di interesse), ai correntisti e all’intero sistema finanziario nazionale. Per i mercati, infatti, il fallimento di un istituto di credito denota una malfunzionamento dell’intero indotto finanziario di un paese, visto che le sue conseguenze potrebbero avere un impatto su tanti e diversi settori. Negli ultimi 20 anni, tuttavia, più volte molte banche nazionali, europee ed internazionali sono state dichiarate fallite o sul punto di esserlo, anche e soprattutto perché spinte da una generale e duratura crisi finanziaria. Fino a qualche tempo fa gli Stati, in caso di default di una banca nazionale, erano chiamati ad intervenire cercando di risollevare il destino dell’istituto andando a coprire le perdite. Si trattava, come evidente, di una grande erosione delle finanze pubbliche, in un meccanismo che, secondo l’Unione europea, non permetteva al rischio aziendale delle banche e dei propri azionisti di essere tale. Ecco dunque che dal 1° gennaio 2016, con la direttiva europea Bank recovery and resolution directive (Brrd), si è optato per un netto cambio di rotta esponendo le banche ad una gestione interna delle loro problematiche finanziarie. È stato dunque introdotto il concetto del bail-in che, in caso di fallimento, impone alle banche dei vari Stati dell’Unione europea di guardare al proprio interno per il reperimento delle risorse necessarie per il risanamento delle perdite.
Che cos’è il bail-in
Quando si parla di bail-in si fa riferimento ad un pacchetto di regole introdotte dall’Unione europea nel 2016 che hanno il principale scopo di prevenire e gestire le crisi del settore bancario. Il termine inglese si traduce letteralmente con salvataggio interno e sta ad indicare lo strumento di natura giuridica con il quale, al verificarsi di una crisi finanziaria, le autorità competenti possono intervenire. Si tratta, più nello specifico, di un meccanismo nato sulla scorta della direttiva europea Bank recovery and resolution directive (Brrd), che si attiva quando non vi è la presenza di soluzioni private alternative o di misure che sostengono la continuità nella prestazione di servizi economici essenziali forniti dalla banca all’economia. L’obiettivo del bail-in è, dunque, quello di minimizzare l’intervento finanziario pubblico di ultima istanza. Si è trattato, va detto, di una vera e propria rivoluzione per il settore bancario e finanziario, in quanto con il bail-in si configura un schema all’interno del quale non sono più possibili salvataggi pubblici degli istituti a rischio crack. Si passa, dunque, dal bail-out, con il salvataggio di una banca in crisi che avviene dall’esterno con aiuti di Stato o nazionalizzazioni, al bail-in, con il reperimento dei fondi necessari a preservare la banca in difficoltà che avviene attraverso gli strumenti interni all’istituto.
Al dato pratico, un simile cambio di paradigma implica che, in caso di fallimento bancario, a contribuire per assorbire le perdite e ricapitalizzare l’istituto di credito in misura adeguata non saranno più gli Stati, ma gli azionisti, gli obbligazionisti e i correntisti per la parte eccedente i 100mila euro. Si sottolinea che il contributo che viene chiesto a questi soggetti non può mai essere superiore alle perdite che si avrebbero in caso di liquidazione secondo le procedure ordinarie.
I soggetti interessati dal bail-in e quelli esclusi
Come in parte già accennato, con l’introduzione del bail-in sono cambiati i soggetti che vengono chiamati a risanare la situazione finanziaria di una banca in caso di crisi reale o imminente. Si è passati dallo Stato, salvataggio esterno, ai singoli azionisti, obbligazionisti e correntisti, con l’intervento che guarda dunque all’interno dell’istituto in crisi. Questo vuol dire che nel momento in cui una banca manifesta i primi segnali negativi, verranno chiamati a sostenere i costi delle misure di salvataggio gli azionisti o chi possiede dei simili titoli, come le obbligazioni convertibili o le azioni di risparmio. Viene da sé che, al verificarsi della situazione descritta, gli azionisti potrebbero vedere ridotto, se non addirittura azzerato, il valore di loro titoli presso quell’istituto. Così come previsto dalla direttiva europea, le perdite subite dagli azionisti devono essere necessariamente inferiori rispetto a quelle che si subirebbero in caso di liquidazione amministrativa delle quote, nel rispetto del principio no creditor worse off. E ancora, se l’intervento degli azionisti non dovesse risultare sufficiente a salvare la banca in crisi e a riassorbire completamente le perdite, verranno chiamati a contribuire altri soggetti, nel rispetto di un ordine gerarchico ben definito. Più nello specifico, subito dopo gli azionisti interverranno (in ordine):
- i possessori di obbligazioni subordinate non garantite e di certificati di deposito al portatore;
- i possessori delle obbligazioni ordinarie emesse dalla banca stessa che, verosimilmente, potrebbero essersi svalutate ed essere state convertite in azioni;
- le persone fisiche, le piccole/medie imprese che hanno depositi in conto superiori a 100mila euro. Tale soglia sale a 200mila in presenza di conti cointestati;
- il Fondo interbancario di garanzia dei depositi, Fitd, al quale aderiscono le banche nazionali.
In base a quanto previsto dalla normativa che regola il bail-in, l’autorità competente in materia ha il potere, in caso di crisi, di andare a modificare sia la scadenza delle obbligazioni e l’ammontare degli interessi maturati, così come anche la data a partire dalla quale gli interessi saranno esigibili. E ancora, visto lo stato emergenziale e la necessità di risolvere le problematiche internamente, potrebbero anche essere sospesi i pagamenti delle obbligazioni per dei periodi circoscritti. Per completezza dei discorsi fin qui affrontati, si sottolinea che il bail-in prevede anche che alcuni soggetti interni alle banche in crisi vengano completamente esclusi dalla chiamata alla contribuzione delle perdite subite. Si tratta di particolari categorie di depositi e investimenti, quali:
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- i cosiddetti depositi protetti, ovvero quelli per i quali il sistema di garanzia dei depositi ha previsto delle speciali forme di tutela. Sono tutti quelli che hanno un importo inferiore o pari a 100mila euro;
- le passività garantite, come ad esempio i covered bond. Si tratta di un’obbligazione che vanta, in caso di fallimento della banca, la posizione di credito privilegiato e assistito da una serie di coperture che l’emittente deve prevedere e accantonare proprio per coprirla dal rischio fallimento. Naturalmente, essendoci più garanzie per gli obbligazionisti, il rendimento di tali obbligazioni sarà decisamente più basso rispetto a quelle ordinarie;
- i beni dei clienti custoditi presso la banca in crisi in virtù di una relazione fiduciaria. È il caso delle cassette di sicurezza o degli strumenti finanziari di altri emittenti;
- i debiti verso i dipendenti;
- i debiti commerciali e quelli fiscali, nell’unico caso in cui, però, siano privilegiati dalla normativa fallimentare.
L’autorità di vigilanza sulle procedure di bail-in
Un altro soggetto molto importante quando si parla di bail-in è rappresentato dall’autorità di vigilanza. In base alla direttiva europea, tale ruolo spetta alla Banca d’Italia che ha dunque il compito di seguire con attenzione e scrupolo tutte le operazioni di bail-in che vengono poste in essere nel salvataggio di una banca nazionale in crisi. L’autorità, forte del suo ruolo, può anche predisporre – al verificarsi di date condizioni specifiche – di escludere alcune fonti di capitale dall’operazione di salvataggio, con il più ampio obiettivo di tutelare il tessuto imprenditoriale dell’intero sistema finanziario nazionale. Solitamente la Banca d’Italia interviene per escludere le passività di lenta cessione, e le posizioni attive di grandi autorità/società con influenza a livello nazionale. Il requisito fondamentale affinché tale pratica possa trovare concretezza è che il bail in avvenga almeno per l’8% delle passività totali.
Bail-in, il procedimento e l’applicazione
Volendo andare a riorganizzare quanto fin qui detto sul meccanismo che regola il bail-in, è possibile dire che questo procedimento di risoluzione interno delle crisi bancarie viene applicato dal 1° gennaio 2016 e interessa anche i crediti sorti prima dell’entrata in vigore della normativa sul salvataggio interno. E ancora, per il risanamento interno la banca può attingere:
- dai titoli emessi da una banca posta in risoluzione, anche nel caso in cui questi siano depositati presso un soggetto diverso, come ad esempio in un’altra banca;
- dai certificati di deposito assimilabili a strumenti finanziari, nel caso in cui tali certificati di deposito siano stati emessi con lo stesso valore e gli stessi diritti nell’ambito di una medesima operazione posta in essere dalla banca;
- dalle somme dovute dalle banche sia a titolo di capitale sia a titolo di interessi;
- ai titoli collocati da Bancoposta per conto di banche sottoposte a risoluzione.
Da tale meccanismo, come detto, vengono esclusi determinati elementi, ovvero:
- i titoli depositati presso la banca in risoluzione che siano stati emessi da soggetti diversi dalla banca sottoposta a risoluzione (o che non possono essere posti in risoluzione, come nel caso dei titoli di Stato);
- ai titoli collocati da una banca in risoluzione per conto di altri soggetti emittenti a meno che questi ultimi siano posti in risoluzione;
- ai crediti derivanti dal contratto di pronti contro termine, a condizione che il titolo posto a garanzia non sia stato emesso da un soggetto anch’esso posto in risoluzione (o che sia stato emesso da un soggetto che non può essere posto in risoluzione, come nel caso di titoli di Stato);
- ai titoli di Stato nazionali ed esteri, né ai titoli di emittenti sovranazionali quali, ad esempio la Banca europea degli investimenti o la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo;
- ai prodotti del risparmio postale, cioè ai libretti di risparmio postale e ai buoni postali fruttiferi, e ai depositi su conto corrente Bancoposta;
- ai finanziamenti che la banca posta in risoluzione ha concesso alla clientela (mutui, prestiti);
- ai depositi fino a 100mila euro, mentre fino al maggio 2011 la cifra coperta era pari a 103.291,38 euro.
I rischi del bail-in e come prestare attenzione
Trovarsi all’interno di una procedura di bail-in per gli azionisti, gli obbligazionisti o i correntisti con contri superiori a 100mila euro, può essere una situazione davvero molto rischiosa in quanto si è in presenza della possibilità di dover perdere molte risorse economiche per errori non direttamente collegabili al proprio operato. Come detto, la gerarchia di chiamata alla copertura del debito della banca e azionisti, obbligazionisti e proprietari dei depositi per la sola parte eccedente i 100mila euro. A rischiare maggiormente, dunque, sono gli azionisti, che però spesso sono soggetti esperti abituati a muoversi nel sistema finanziario e che, dunque, hanno una maggiore capacità di leggere il mercato ed evitare di incappare in situazioni critiche. Ecco che, secondo diverse letture, il rischio più elevato di bail-in è proprio degli obbligazionisti non coperti. Si tratta, infatti, di sottoscrittori di bond bancari subordinati che non sono assistiti da nessuna forma di garanzia e che, spesso, sono investitori non esperti di finanza che si muovono su indicazione degli impiegati bancari. Nella sola Italia questo tipo di obbligazioni sono presenti nei portafogli dei risparmiatori per un ammontare totale di 270 miliardi. Il consiglio, dunque, quando dalla banca vengono proposte delle obbligazioni è quello di informarsi bene sulla loro copertura dai rischi, cercando soprattutto di considerare bene i rischi e di privilegiare, dove possibile, dei titoli garantiti (anche in a fronte di un minore tornaconto economico). Inoltre, essendo la finanza un mondo non sempre chiaro ed immediato per chi non ha dimestichezza con questo tipo di materie, è sempre consigliabile affidarsi a soggetti ne confronti dei quali si nutre fiducia ed arrivare preparati agli incontri di sottoscrizione di azioni e obbligazioni.