Il latte come la Coca-Cola Zero? Anche gli algoritmi (come il Nutri-score) danno i numeri

NUTRI-SCORE

È di questi giorni la polemica del latte intero a cui il Nutri-score attibuisce la lettera C al pari della Coca-Cola Zero. Ma i difetti di un algoritmo che vorrebbe aiutare il consumatore ma fa contente le grandi multinazionali dei cibi sono diversi

Prendendo in prestito una frase di Antonio Albanese, possiamo dire che è umano tentare di classificare “la qualunque”. Si è sempre alla ricerca di classifiche, ranking, scale di valori etc. il tutto per trovare e incasellare un primo e un ultimo posto. Seppure comprensibile, non sempre questo è necessario e possiamo riprendere Pino Daniele, “ogni scaraffone è bell’a mamma sua”. Qualunque classificazione si voglia fare occorre che si condividano prima i criteri, i parametri, altrimenti tutto diventa opinabile e negoziabile. Gli alimenti sono una matrice molto complessa che coinvolge l’ambito nutrizionale e salutistico nonché la sfera sensoriale ed emozionale, senza tralasciare la sua sicurezza. In questo grande bailamme è spesso arduo condividere il migliore e ci sarà sempre sul tavolo un punto debole con cui contrattare un compromesso. Il rischio maggiore non è però la classifica nel suo complesso quanto ciò che determina riferendoci al messaggio da trasmettere al consumatore. L’errore è sempre dietro l’angolo e le conseguenze che ne derivano possono essere più gravi di quanto si immagini. Proviamo a spiegare uno di questi strumenti, il Nutri-score e a evidenziare qualche criticità – è di questi giorni, tanto per fare un solo esempio, la polemica del latte intero a cui verrebbe attribuita la lettera C come la Coca-cola Zero – con l’obiettivo di comprende le sue regole di classificazione.

Il Nutri-score è un sistema condiviso da tutti e risponde a tutte le necessità

FALSO Il sistema del Nutri-score ha come obiettivo principale quello di far conciliare la sintesi grafica con il contenuto del messaggio da trasferire. L’etichettatura degli alimenti nota come Nutri-score è stata creata in Francia ricorrendo a un’infografica accattivante dove la scala cromatica, che va dal verde al rosso e le cinque lettere dalla A alla E, permettono di classificare l’alimento in modo rapido. Il tutto è fatto perché a quel colore sia collegato il valore nutrizionale del prodotto. Il Nutri-score nasce nel 2013 usando solo le lettere a cui si è aggiunta una grafica a colori che permette a tutti di confrontare le qualità nutrizionali e decidere in “un batter d’occhio” quale prodotto sia meglio posizionato e quindi, da consumare. In parte, ricorda il sistema a cui siamo abituati per comprendere la classe di consumo degli elettrodomestici casalinghi. La classificazione degli alimenti si basa su parametri valutati per ogni 100 g. o 100 mL dei prodotti e tiene conto di fibre, proteine, grassi saturi, calorie, sodio, zuccheri presenti nell’alimento. Sono informazioni che spesso ritroviamo sulle etichette nutrizionali ma che troppe volte non leggiamo, il Nutri-score permetterebbe di non leggere ma solo di affidarsi ad una grafica. Il sistema Nutri-score non è però condiviso da tutti in Europa, tant’è che attualmente è raccomandato in Francia, Germania, Belgio, Paesi Bassi e Spagna. L’Italia per prima e altri paesi come la Grecia non hanno condiviso il Nutri-score mentre altri ne chiedono l’adeguamento alle proprie linee guida dietetiche nazionali. Paradossalmente, la situazione è simile a chiedere che le regole applicate per l’uso del Var nel calcio, siano diverse se si gioca la partita in Premier o in Liga Spagnola. Nell’Unione Europea dove vi è libera circolazione di beni e persone, dove le leggi comunitarie sono spesso sovranazionali, stonerebbe che il Nutri-score possa essere applicato in modo diverso nei vari paesi, ma i compromessi sono la base del convivere.

 

Il Nutri-score è ottimo perché semplifica la vita ai consumatori, ma l’Unione Europea può imporlo

FALSO/VERO Scegliere di trasferire un messaggio utilizzando una grafica è contemporaneamente il sistema migliore ma anche molto rischioso. L’occhio giudica in maniera rapida e fornisce al cervello coscienza del messaggio. I segnali stradali hanno questo scopo, visione e immediata reazione del conducente evitano incidenti e danni. In questo caso il pericolo è univoco, basato su un semplice concetto, la reazione attesa è altrettanto semplice: frenare, girare, etc. Nel caso degli alimenti la scelta non sempre fa conciliare rapidità di comprensione con la completezza dell’informazione. I consumatori ricevono dagli occhi un input che rapidamente li indirizza verso alimenti confezionati e graficamente “sani” così da contrastare patologie croniche, obesità o la pandemia del diabete. Gli obiettivi sono eccellenti, ma talvolta semplicità non fa rima con chiarezza e si sacrifica all’immediatezza una parte dei contenuti. L’Unione Europea nel caso dell’etichettatura alimentare non può imporre alcun sistema e tantomeno il Nutri-score ai vari paesi, ma rendere condiviso le stesse regole per confrontare i prodotti fra di loro è uno degli obiettivi in agenda e nel breve si verificherà tale ipotesi.

 

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Il Nutri-score ha delle criticità evidenti che lo rendono perfettibile

VERO Il golfista Tiger Woods afferma che “Non importa quanto sei bravo perché puoi sempre migliorare…” ed è questo il caso del Nutri-score che si basa su un algoritmo e si sa che gli algoritmi non sbagliano mai, ma il loro punto debole sono gli umani che li hanno creati. L’algoritmo alla base del Nutri-score è stranamente benevolo verso alcuni alimenti ultra-processati nei confronti di alimenti, ad esempio, più calorici ma a prima vista più naturali e tradizionali. Sono numerosi i casi in cui ad un prodotto, dove lo zucchero è completamente sostituito da un edulcorante artificiale, è meglio posizionato di un prodotto naturale. Per assurdo alimenti salutistici come l’olio extra-vergine d’oliva pagano un pesante dazio e si posizionano in basso nella classifica per la quantità di calorie che introduce nella dieta rispetto ad un prodotto ultra-processato ma meno calorico. L’algoritmo è “stupidamente” capace di sommare i vari parametri andando ad addizionarli fra di loro per elaborare un colore o una lettera, ma non tiene conto di microelementi, vitamine, sinergie, quantità utilizzate e qualità dei diversi macronutrienti per dare un giudizio complessivo. Un mediano di rottura in una squadra di calcio fa un lavoro oscuro ma prezioso perché il team sia vincente, se si fossero sterilmente sommati i valori dei singoli giocatori non si spiega la vittoria dell’Argentina al mondiale di calcio del 1986 in Messico. Non è la somma che fa il totale, contraddicendo Totò, quanto è l’affiatamento e le interazioni che ci sono. C’è da dire che il Nutri-score non è un sistema statico, è dinamico che deve adattarsi alle conoscenze e alle evidenze per cui è vero che i grassi sono fonte di tante calorie, ma i polinsaturi sono protettivi per il nostro corpo. L’algoritmo non riesce ad autocorreggersi, occorre la mano e la mente dell’uomo che lo genera, ed ecco che la condivisione delle regole con cui fare le classifiche è ben più essenziale del sistema da adottare.

Le grandi aziende vogliono adottare il Nutri-score perché è conveniente

VERO I grandi player che operano nel settore agro-alimentare hanno comunicato più volte e in vari contesti che adotteranno infograficamente il Nutri-score sui loro prodotti trasformati nonostante non sia stato reso ancora obbligatorio dall’Unione Europea. La domanda da porsi è perché questa decisione è stata presa proprio da chi meno te lo aspetti. È possibile che la semplificazione sugli ingredienti degli alimenti e la loro trasformazione in colori e lettere possa non evidenziare tutto ciò che non rientra nei “magnifici parametri dell’algoritmo”? È lecito chiedersi se i prodotti ultra-processati, che per molti rappresentano il futuro dell’alimentazione, non possano ulteriormente avvantaggiarsi di una grafica semplice ma ancorché incompleta? L’Italia sembra prendere le distanze perché nel caso del nostro paese e del nostro sistema agro-alimentare la produzione di tanti prodotti, formaggi, prodotti carnei, prodotti da forno etc. sono brand così “forti” a livello mondiale che la loro difesa è da considerarsi un dovere più che una scelta.

Esistono varie criticità sul Nutri-score da chiarire

VERO Intanto tutto è calcolato sulla base di un consumo di 100 g, ma non tutti gli alimenti si consumano allo stesso modo. Può accadere che un prodotto classificato come “verde” per un consumo di 100 g possa diventare poco salutistico se consumato al doppio o al triplo di questa porzione. Significa indurre i consumatori a non considerare quanto mangino e assolverli dagli eccessi perché consumano magari un prodotto giudicato “verde”. Un segnale grafico così evidente potrebbe essere interpretato per il “finis” al termine della scuola facendoci credere di essere liberi di consumarne a volontà. In altre parole, il colore non indicherebbe le porzioni ammesse e abbasserebbe le minime barriere cognitive che possediamo. Una seconda criticità è nell’umana debolezza dell’uomo. Se la classificazione è frutto di una intelligenza artificiale, scevra di interessi e sentimenti, non lo sono i criteri che la creano. Ogni tentativo di identificare un numero limite crea de facto un dentro e un fuori; aumentare o diminuire minimamente il valore di un limite di legge per una tossina può decidere la sorte di centinaia di migliaia di agricoltori. La differenza fra due numeri non è nella semplice unità ma nelle conseguenze che può provocare a valle. La dinamicità del Nutri-score è un vantaggio, le regole fisse sono da sempre un disastro, ma allo stesso tempo permettono di “diluire” una criticità che non può scomparire anche se vi è una massa maggiore di valori positivi. A scuola una insufficienza in Storia e Geografia poteva consentire la promozione se le altre materie davano una media alta, ma questo non sanava l’ignoranza che era la base dell’insufficienza. Il Nutri-score è un ponte fra consumatori e produttori, ma da ricordare è la feroce lotta che da sempre esiste fra chi è alla ricerca del giusto guadagno e chi difende la propria salute. I grandi player potrebbero utilizzare il Nutri-score per esaltare determinate caratteristiche positive che nella giusta quantità vanno a diluire la già menzionata “insufficienza”, ad esempio calorica, dovuta al contenuto di grassi o di zuccheri. Il consumatore ha ancora un ulteriore punto di pericolo laddove è la grande distribuzione a indirizzare semaforicamente i consumi mostrando di più luci verdi ed evitando le luci rosse, ma come abbiamo detto non sempre questi colori corrispondono ad una reale qualità nutrizionale e salutistica.

Conclusioni

Chi classifica valuta nell’interesse collettivo e le sue scelte sono paragonabili ad una “Sliding doors” e il suo giudizio può fortemente influenzare la vita e la salute dei consumatori. Fortunatamente, e diversamente, dal film del 2008, la pellicola si può riavvolgere e cambiare così il giudizio finale, ma purtroppo chi può farlo e fin dove può farlo non sono ancora aspetti condivisi con chi risentirà delle scelte. La soluzione alternativa al sistema Nutri-score non è semplice, ma deve essere primaria la scelta di condividere quanto più è possibile i criteri di classificazione, tenendo conto delle varie criticità che già sono venute a galla in questa fase di preparazione. Gli obiettivi prefissati sono nobili, altrettanto elevati devono essere gli attori e gli strumenti utilizzati perché siano aiutati i consumatori nelle loro scelte alimentari.