Il caffè d’orzo e le altre alternative al classico espresso

CAFFÈ D'ORZO

Il caffè d’orzo può essere una valida opzione per coloro che non possono assumere caffeina. Ma attenzione a quello solubile. E poi come scegliere tra caffè di cicoria, tè matcha e ginseng

Una delle bevande più amate in Italia è il caffè, una tazzina non si nega a nessuno anche se l’altro lato dell’espresso sono i rischi di un abuso rispetto al funzionamento cardiocircolatorio e a livello del sistema nervoso centrale. Insonnia, agitazione, ansia, irrequietezza, tremori, innanzitutto, e poi c’è l’effetto della caffeina che riduce l’assorbimento e la disponibilità per l’organismo di alcune sostanze come la riboflavina, o vitamina B2, il ferro e il calcio.

Una pratica che si sta diffondendo è quella di cercare alternative etra queste c’è il caffè d’orzo, bevanda che si ottiene mediante l’infusione di orzo tostato e macinato e la si può preparare in casa con la normale moka (come faremmo col caffè), o tramite una specifica moka da orzo, più grande della moka da caffè. Da un po’ di tempo è possibile anche gustarlo al bar. Per un uso casalingo più rapido si trova in commercio anche l’orzo solubile.

Poiché non contiene caffeina, e neppure altre sostanze stimolanti, viene spesso utilizzato come sostituto del caffè tradizionale da coloro che non vogliono o non possono assumere sostanze eccitanti.

In realtà, oltre che costituire un surrogato, possiede anche delle proprietà nutritive benefiche per l’organismo. Vediamo quali.

 

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Le proprietà del caffè d’orzo

100 grammi di caffè d’orzo apportano circa 410 calorie, e contengono:

·       9,3 g di proteine;

·       2,4 g di lipidi;

·       85 g di carboidrati.

 

Un quantitativo identico di caffè d’orzo solubile apporta invece circa 350 calorie e contiene:

·       5 g di acqua;

·       5,5 g di proteine;

·       2,7 g di lipidi;

·       80 g di carboidrati;

·       78 g di amido;

·       2 g di zuccheri;

·       0,1 g di fibre;

·       73 mg di sodio;

·       52 mg di calcio;

·       4,6 mg di ferro;

·       580 mg di fosforo;

·       1840 mg di potassio;

·       0,5 mg di zinco;

·       0,1 mg di vitamina B2 o riboflavina;

·       17 mg di vitamina B3 o niacina;

·       0,3 mg di vitamina E.

 

Questa composizione fa della bevanda un alimento dalle proprietà:

·       Digestive;

·       Antinfiammatorie.

Poiché non contiene caffeina o altre sostanze stimolanti, è ideale per chi soffre di problemi di cuore e disturbi d’ansia.

È poco calorico ed è indicato durante la gravidanza o l’allattamento.

Non bisogna dimenticare, però, che l’orzo contiene glutine, pertanto il consumo di questa bevanda è sconsigliato ai soggetti celiaci o con intolleranza al glutine.

 

Fa sempre bene?

In realtà c’è un problema che questa bevanda ha in comune con il tradizionale caffè: l’acrilammide. L’alimento tostato contiene una dose considerevole di questa sostanza che, soprattutto nel lungo termine e a causa di un eventuale consumo in grandi quantità, risulta tossica per l’organismo umano. Il processo chimico chiamato anche “reazione Maillard”, si innesca soprattutto nei prodotti alimentari amidacei durante la normale cottura ad alte temperature (frittura, cottura al forno e alla griglia e anche lavorazioni industriali a più di 120° con scarsa umidità). Si forma per lo più a partire da zuccheri e aminoacidi (principalmente un aminoacido chiamato asparagina) che sono naturalmente presenti in molti cibi. Questa reazione, nociva nel lungo termine, è visibile poiché conferisce al cibo quel tipico aspetto di “abbrustolito” che lo rende più gustoso.

Nel giugno 2015 l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha emanato un parere scientifico dopo aver condotto un’accurata valutazione dei rischi per la salute pubblica connessi all’acrilammide presente negli alimenti, e ha concluso che negli alimenti aumenta il rischio di sviluppare il cancro nei consumatori di tutte le fasce d’età.

Poiché l’acrilammide è presente in un’ampia gamma di cibi di uso quotidiano, l’allarme riguarda tutti i consumatori, ma sono i bambini la fascia d’età più esposta, in base al peso corporeo.

I più importanti gruppi di alimenti che contribuiscono all’esposizione sono i prodotti fritti a base di patate, i biscotti, i cracker, i diversi tipi di pane croccante e il pane morbido, e appunto il caffè e alcuni sostituti.

 

Come fare allora?

La scelta del metodo di cottura a casa può influire in maniera sostanziale sul livello di acrilammide al quale gli esseri umani vengono esposti tramite l’alimentazione. Alcuni suggerimenti per ridurre i rischi ci vengono forniti da esperti, ma anche dal regolamento Ue 2017/2158 diventato applicativo dal 2018.

L’esposizione ai rischi dipende anche dalla nostre scelte sugli scaffali, come spiega in questo viaggio dedicato al caffè la dottoressa Chiara Manzi, nutrizionista, oscar per la salute 2018 e massima esperta in Europa di Nutrizione Culinaria, autrice del libro Acrilammide, il cancerogeno tabù (Art Joins Nutrition Editore).

Guardando bene le etichette possiamo adottare un consumo più consapevole.

 

Più rischi con il caffè d’orzo o di cicoria solubili

Come per il caffè, anche in questo caso la polvere solubile contiene una percentuale maggiore di acrilamide, pertanto gli esperti consigliano di consumarne al massimo una sola tazza grande al giorno.

Bisognerebbe consumare con moderazione anche le cialde preconfezionate perché spesso contengono zuccheri aggiunti, riscontrabili leggendo con attenzione l’etichetta.

Dunque, ridurre la quantità del consumo di bevanda è la prima regola. Ma siccome la sostanza cancerogena in genere si può formare nella cottura ad alta temperatura di alimenti che contengono amido e nella tostatura dei cereali e del caffè, possiamo anche scegliere di tostare i chicchi a casa.

Il caffè o sostituti a tostatura più chiara contengono generalmente più acrilammide di quelli a tostatura media o scura (cioè tostati più a lungo), il che può aumentare l’esposizione media del 14%. Una tostatura lunga, a temperature inferiori, è preferibile, magari raffreddamento subito dopo il procedimento.

In generale, 2/3 tazzine di caffè d’orzo non solubile al giorno sono ritenute sicure.

 

Gli altri sostituti del caffè

Una delle migliori alternative per chi non può assumere caffeina è il caffè di cicoria che, fermo restando i gusti personali, si avvicina molto più del ginseng al sapore del caffè.

Si ottiene dalla tostatura della radice della cicoria. Contiene sostanze astringenti come i polifenoli e poi i lattoni sesquiterpenici responsabili dell’effetto stimolante simile a quello della caffeina.

Inoltre, contiene inulina che ha un’importante azione probiotica.

Tuttavia conterrebbe più acrilammide rispetto al caffè a base di cerali, come quello d’orzo. A tal proposito, i ricercatori della Fondazione Veronesi citano alcuni studi i quali hanno dimostrato che i succedanei del caffè a base di cicoria contengono in media più acrilammide (3 mg/kg) di quelli a base di cereali (0,5 mg/kg).

Anche in questo caso valgono le raccomandazioni sulle quantità non eccessive e sulle modalità di tostatura.

Un altro surrogato viene da Oriente, ma è controindicato per chi non può assumere caffeina. Parliamo del tè matcha che, a differenza del caffè di cicoria, viene da agricoltura non Ue. Per cinesi e giapponesi è l’equivalente del nostro caffè. La caffeina, anche se in piccole quantità, è presente più del classico tè verde.

Il successo di questa bevanda in realtà è più dovuto alla presenza di molti antiossidanti, tali da renderlo un “superfood”. Ma questa convinzione non è del tutto vera, o più precisamente lo sarebbe se bevessimo il matcha biologico di qualità super premium che non troviamo nella grande distribuzione e che ha costi davvero proibitivi (in media 500-600 euro al kg) a differenza di quelli commerciali (in media 100-150 euro al kg). In questo caso la macinazione industriale, anziché quella lenta a pietra, riduce la qualità del prodotto.

Tra le alternative un po’ meno diffuse c’è il chai, che viene dall’India ma che riscuote molto successo in Occidente, un tè nero mescolato con spezie come zenzero, cardamomo, pepe, chiodi di garofano, anice. Quasi sempre si beve con il latte, come il nostro cappuccino e per questo motivo in commercio troviamo preparazioni solubili che contengono già questo ingrediente. Purtroppo non contengono solo latte. Nell’Original Chai Latte Tiger Spice David Rio troviamo anche: zucchero, olio di cocco, sciroppo di mais, il latte sotto forma di caseinato di sodio e i mono e digliceridi degli acidi grassi. Nel Chai Latte della Nordic Roast: zucchero, latte soprattutto sotto forma di siero e poi scremato in polvere, grassi idrogenati da cocco, maltodestrine, sciroppo di glucosio e una sfilza di additivi (E551, E341, E340, E452, E471) antiagglomeranti, stabilizzanti e i mono e digliceridi degli acidi grassi. Come illustriamo qui, meglio acquistare chai biologico in foglie e spezie e poi aggiungerci il latte.