Zero calorie ma troppi rischi cardiaci: il nuovo studio che accusa l’eritritolo

eritritolo

Non è decisamente un buon periodo per i dolcificanti: prima l’Oms ha chiaramente detto che non devono essere utilizzati per ridurre il peso. Oggi un nuovo studio pubblicato su Nature punta il dito verso l’eritritolo accusato di essere associato ad un maggior rischio cardiaco. Il nostro speciale in edicola

L’eritritolo potrebbe essere associato ad un maggior rischio di sviluppare infarto o ictus. Non solo: in altri studi condotti su prelievi di sangue di volontari sani, pare esserci un possibile impatto sui processi della coagulazione a breve termine. Come se non bastasse la recente bozza pubblicata dall’Organizzazione mondiale della sanità a mettere sotto osservazione i dolcificanti, un nuovo studio pubblicato su Nature Medicine getta nuove ombre sull’eritritolo, un sostituto dello zucchero che ha il suo stesso aspetto e il suo stesso sapore, ma è caratterizzato da un apporto calorico quasi nullo. C’è da dire che quello in discussione è uno studio osservazionale, ovvero che mira solo a valutare se può esistere un’associazione tra due elementi, ma non un diretto rapporto causale.

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Gli studiosi, come segnalano nel lavoro, hanno preso in esame la possibile associazione tra assunzione di dolcificante e rischio di patologia in diverse situazioni utilizzando la metabolomica (tecnica che consente di osservare come l’organismo “digerisce” una determinata molecola). Nei primi studi aspecifici su pazienti (quindi già affetti da patologie cardiovascolari) sottoposti a valutazione del rischio cardiaco, hanno seguito più di 1150 pazienti monitorati per il rischio cardiovascolare: nei tre anni successivi hanno visto che chi aveva livelli nel sangue più alti di edulcoranti, ed in particolare di eritritolo, presentava un rischio più elevato di sviluppare eventi avversi cardiovascolari maggiori come infarto o ictus. Poi sono state svolte specifiche analisi su due popolazioni, per un totale di circa 300 persone, per convalidare questa ipotesi. Anche queste indagini hanno confermato le prime osservazioni oltre a mostrare una potenziale attività del composto sui processi coagulativi. Infine, un’ulteriore possibile conferma su questa specifica azione dell’eritritolo nel sangue è giunta da un’analisi su una piccolissima popolazione di volontari sani.

Ad oggi non sono disponibili dati prospettici sui polioli, come appunto eritritolo o xilitolo. E mancano informazioni sui possibili livelli di questi componenti nel sangue oltre che sulle possibili variazioni metaboliche che questi composti potrebbero teoricamente indurre nel tempo. Peraltro, non è la prima volta che l’attenzione degli studiosi si concentra sull’eritritolo in rapporto con la salute cardiaca. Nel 2014, uno studio pilota pubblicato su Acta Diabetologica (primo nome Nir Flint) condotto da studiosi dell’Università di Boston metteva in luce un’associazione protettiva tra il consumo di questo composto e la funzione dell’endotelio (lo strato più interno della parete arteriosa) oltre alla migliore elasticità dell’aorta in persone con diabete di tipo 2.

Dicevamo in apertura di questo articolo della bozza di linee guida sull’uso dei dolcificanti pubblicata dall’Oms: ne abbiamo parlato a lungo in un servizio pubblicato sul numero in edicola del Salvagente (si può acquistare qui): secondo l’Organizzazione mondiale della sanità i dolcificanti non dovrebbero essere utilizzati per perdere peso e per prevenire malattie croniche. Dubbi che parte della comunità scientifica aveva già sollevato anni addietro. È il caso dell’Istituto Ramazzini di Bologna, che 18 anni fa ha scoperto i rischi di un altro dolcificante molto utilizzato, l’aspartame.

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