Fermo amministrativo: quanto costa “sbloccare” il veicolo

FERMO AMMINISTRATIVO

Come funziona e quanto si paga il deposito per fermo amministrativo

Il fermo amministrativo di un veicolo è un atto con cui le pubbliche amministrazioni o gli enti competenti bloccano un veicolo, in seguito a due principali eventi:

  • una cartella esattoriale non pagata;
  • una contravvenzione per la quale il codice della strada prevede questa sanzione accessoria.

Questa condizione di solito implica quindi il blocco di un bene mobile, molto spesso l’automobile, che non potrà essere utilizzata dal legittimo proprietario per un certo periodo di tempo. Considerato l’impatto di questa misura sulla qualità di vita, al cittadino viene riservata la possibilità di opporsi e contestare davanti al giudice tale provvedimento.

Condizioni: quando un veicolo viene sottoposto a fermo

Come detto, le condizioni in seguito alle quali si verifica un fermo sono in genere due. In genere l’idea di base è che un creditore (l’ente di riscossione o una pubblica amministrazione) sottoponga un veicolo ad un fermo al fine di recuperare le somme che il debitore non ha pagato. Spesso può trattarsi però anche di una sanzione accessoria a determinate violazioni del codice della strada. Tra queste, si citano:

  • circolare con un ciclomotore privo di targa;
  • circolare con un ciclomotore dotato di una targa appartenente ad un altro mezzo;
  • trasportare un passeggero su motoveicoli di qualsiasi cilindrata o sui ciclomotori da parte di un conducente minorenne;
  • guida senza patente perché mai conseguita;
  • guida senza istruttore da parte dell’allievo autorizzato ad esercitarsi;
  • circolare sprovvisti di casco, senza che esso sia allacciato o omologato.

Si fa riferimento, in questo caso, all’articolo 214, in cui si stabilisce che a seguito del fermo dell’aiuto al proprietario è vietato circolare con quel mezzo. Oltre alle gravi infrazioni del codice della strada, esistono diverse altre circostanze in cui è possibile che un veicolo venga sottoposto a fermo. Questo è il caso, ad esempio, dei veicoli non assicurati, quando i proprietari degli stessi non abbiano effettuato l’assicurazione obbligatoria Rc-auto o la stessa è scaduta. Il provvedimento potrebbe essere avviato anche in caso di mancata revisione periodica obbligatoria, o se il veicolo risulta non idoneo alla circolazione; altro caso è quello in cui si sospetti che il veicolo sia stato rubato o non siano stati pagati i bollettini auto relativi alla tassa di proprietà, all’assicurazione o ad altri tributi.

Rispetto al mancato pagamento di una cifra dovuta, nota come cartella esattoriale, l’articolo 86 del Dpr n.602 del 29 settembre 1973 stabilisce che il concessionario ha la possibilità di disporre il fermo di beni mobili del debitore e dei coobbligati iscritti in pubblici registri, dandone notizia alla direzione regionale delle Entrate e alla regione di residenza. Questo può accadere, però, soltanto dopo 60 giorni dalla notificazione della cartella di pagamento. L’agente di riscossione avvia quindi la procedura di iscrizione del fermo, notificando al debitore con una comunicazione preventiva dell’avviso. In questa comunicazione dovrà leggersi che, in mancanza di pagamento delle somme dovute entro 30 giorni, verrà eseguito il fermo senza ulteriori comunicazioni. Il fatto che si parli di una cartella esattoriale esclude che il fermo possa dipendere da debiti diversi, come quelli con le finanziarie, le banche o le società fornitrici. Gli unici debiti cui si fa riferimento sono quelli di mancato pagamento di tasse e imposte, sanzioni amministrative (penali o tributarie) e multe stradali.

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Gli effetti

Chiaramente la prima conseguenza di un fermo è che il veicolo non può circolare. Non può neanche essere cancellato dal Pra, essere esportato o rottamato, ma deve essere custodito in un luogo non soggetto a pubblico passaggio, ad esempio un garage o cortile privato. Può tuttavia essere venduto, ma il nuovo proprietario avrà le stesse limitazioni del precedente, per cui non potrà circolare, rottamare l’auto o esportarla e dovrà chiaramente custodirla in luogo privato.

Secondo quanto stabilito dal codice della strada, il proprietario che venga nominato custode (o, in sua assenza, il conducente o altro soggetto obbligato) dovrà far cessare la circolazione e provvedere alla collocazione del veicolo in un luogo di cui abbia disponibilità o, a proprie spese, in un luogo non comunque sottoposto a pubblico passaggio.

Sul veicolo dovrà essere apposto un sigillo che, decorso il periodo di fermo, verrà rimosso dall’ufficio da cui dipende l’organo di polizia che ha accertato la violazione. Il documento di circolazione sarà trattenuto dall’organo di polizia, con menzione nel verbale di contestazione.

I prezzi

All’autore della violazione o a uno dei soggetti obbligati che si rifiutino di trasportare o custodire, a proprie spese, il veicolo, vengono applicate:

  • una sanzione amministrativa da 774 a 3.105 euro;
  • una sanzione accessoria della sospensione della patente di guida, da uno a tre mesi.

L’organo che procede al fermo dispone la rimozione del veicolo e il suo trasporto in apposito luogo di custodia; di ciò deve ovviamente essere fatta menzione nel verbale di contestazione.

E di quali sanzioni si parla per chi non rispetta il fermo?
Ci si trova di fronte alle opzioni di confisca del mezzo e di una sanzione compresa tra 776 e 3.111 euro. In aggiunta alla multa da pagare, quindi, spesso possono essere applicate eventuali sanzioni amministrative accessorie che comprendono la confisca del veicolo e la revoca della patente.

In quanto ai prezzi del deposito, invece, bisogna sapere che al momento di ritirare il mezzo occorrerà pagare il deposito secondo le tariffe disposte a livello locale. In media, la tariffa giornaliera è di 5 euro per veicoli di massa complessiva superiore a 1,5 tonnellate e di 2,50 euro per i veicoli di massa complessiva inferiore a 1,5 tonnellate. Sulla base di quanto detto, appare quindi evidente come i costi del fermo dipendano essenzialmente da alcuni fattori, come il tipo di infrazione commessa, le eventuali spese amministrative aggiuntive, il tipo di veicolo e la durata del fermo.

A questi oneri bisognerà aggiungere:

  • il diritto di chiamata, di circa 12 euro, per trasportare il mezzo nel luogo di custodia;
  • le operazioni legate a carico e scarico del veicolo (circa 18 euro);
  • l’indennità chilometrica del luogo di stazionamento del carro attrezzi al luogo d’intervento e al luogo di custodia.

Chi non può subire un fermo

L’ordinamento italiano prevede che alcuni soggetti non possano essere destinatari del provvedimento. Tra questi, si indicano:

  • titolari di automobili acquistate sfruttando i benefici della legge 104/1992, cioè di veicoli destinati al trasporto dei disabili;
  • chi dimostri che il veicolo oggetto della contestazione è indispensabile per l’esercizio della propria attività professionale o imprenditoriale, ossia mezzi che sono strumentali all’attività lavorativa. Il mezzo, in questa circostanza, dovrà essere iscritto nel registro dei beni ammortizzabili.

Esistono altre condizioni in cui potrebbe essere escluso il provvedimento, per esempio per motivi di forza maggiore, come un’emergenza sanitaria, un intervento di soccorso o un incidente. In alcuni paesi, i veicoli utilizzati dalle forze dell’ordine o quelli di soccorso sono esclusi dalla possibilità di fermi; in ogni caso, le regole specifiche possono variare notevolmente a seconda del paese e delle circostanze.

Come opporsi

Esistono delle condizioni, estranee ai casi di inapplicabilità, in cui è possibile opporsi al provvedimento dell’Agenzia delle Entrate. Quando si può quindi contestare un fermo?

Essenzialmente in due casi, che sono:

  • esiste un difetto del procedimento, per esempio nel caso in cui il fermo venga iscritto non rispettando le tempistiche previste. In assenza di preavviso, o senza che sia stata regolarmente notificata la cartella esattoriale, è possibile quindi opporsi;
  • c’è la prescrizione della pretesa del creditore, pari a 5 anni se il fermo si riferisce a multe stradali o sanzioni amministrative, così come per le imposte dovute al comune (Imu e Tari), bollo auto, contributi Inps o Inail; sale, viceversa, a 10 anni quando il fermo si riferisce ad imposte dovute allo Stato, come bollo, Iva e Irpef;
  • viene data possibilità di opporsi anche quando il pagamento che ha dato origine a tale misura è stato effettuato o è stato sospeso su ricorso dal giudice.

Per potersi opporre, secondo quanto previsto dall’articolo 615 del codice di procedura civile, non vi sono limiti di tempo nei casi in cui l’oggetto della contestazione sia la prescrizione del debito o la mancata notifica della cartella esattoriale. In genere il giudice di pace si occupa dell’opposizione per multe stradali, mentre la Corte di Giustizia tributaria di primo grado si incarica dell’opposizione al fermo per imposte e tributi. In ultimo, nei casi dei contributi Inps e Inail, interverrà il tribunale ordinario.

In linea di massima, per poter procedere alla contestazione, bisognerebbe seguire i seguenti passaggi:

  • verificare le motivazioni del fermo;
  • raccogliere le prove, nel caso in cui si ritenga che il provvedimento sia stato preso erroneamente;
  • contattare le autorità competenti;
  • attendere la risposta.