Api e siccità, situazione drammatica in Sicilia per i produttori di miele

api miele

La siccità sta creando problemi drammatici all’agricoltura, ma in alcune aree del paese e per alcune categorie, si può parlare di un vero e proprio allarme; come in Sicilia dove gli apicoltori rischiano di perdere gran parte della produzione di miele

La siccità sta creando problemi drammatici all’agricoltura, ma in alcune aree del paese e per alcune categorie, si può parlare di un vero e proprio allarme; come in Sicilia dove gli apicoltori rischiano di perdere gran parte della produzione di miele. A raccontarlo al Salvagente è Antonio Coco, presidente dell’Associazione Regionale Apicoltori Siciliani (Aras).

Coco, qual è la situazione in Sicilia alle difficoltà relative alle condizioni climatiche per gli apicoltori, di cosa stiamo parlando?
In generale gli agricoltori e gli allevatori sono in prima linea di fronte alla crisi ambientale, in particolare sulla siccità, e noi apicoltori siamo quelli che viviamo in pieno questa crisi.
Come influenza la vita delle api l’assenza di acqua?
I fiori danno come ricompensa per le api, per il loro servizio di impollinazione, il nettare. In questa situazione di crisi anche i fiori, sempre che siano spuntati, non hanno molto da dare come ricompensa. E in molte aree non ci sono stati i fiori. Basta fare una passeggiata da Catania a Palermo, nell’area centrale, c’è veramente un prato come se fosse luglio, e dove c’è stata fioritura, i fiori hanno dispensato ben poco, quindi sufficiente fino a oggi per la sopravvivenza delle api.
Però non basta…
Siamo pronti anche a dare eventualmente una nutrizione di soccorso, perché se permane così la situazione, non ci arrivano ad un’altra primavera.
In cosa consiste la nutrizione di soccorso?
Significa che chi è fortunato o chi lo fa per attenzione e scrupolo ha dei favi di miele messi da parte e quindi li userà, se non si hanno, si utilizzano le sostanze zuccherine autorizzate per l’alimentazione, da somministrare all’interno dell’alveare.
I cambiamenti climatici non sono una novità di quest’anno
Stiamo vivendo una crisi ambientale enorme perché non è il primo anno, anche lo scorso anno noi pensavamo di aver toccato il fondo e invece quest’anno ci ritroviamo in una situazione che si prospetta ancora peggiore. Non si tratta solo della produzione, il problema è tenere in vita gli alveari.
Come è andata lo scorso anno?
Lo scorso anno abbiamo avuto un calo di produzione in media tra il 70 e l’80%, Poi tenga presente che ci sono delle microzone dove c’è una produzione un po’ più consistente, ma in generale in Sicilia abbiamo avuto questo caso di produzione.
Quando parliamo di apicoltori siciliani parliamo di quante aziende?
Le persone che detengono api sono poco più di 3200, in realtà poi le persone che vivono di apicoltura sono un numero molto minore.
Lo scorso anno c’è stata anche un’importante moria d’api?
Quando io ho iniziato 43 anni fa era normale, tra virgolette, una morìa annuale inferiore al 5%. Oggi una mortalità considerata normale si attesta intorno al 20%. Nel 2021, per portare qualche esempio, sugli Iblei, delle famiglie di api che non siamo riusciti a spostare, a portarle in montagna o in un’altra parte della Sicilia, ne sono morte il 50%.
Il nomadismo apistico è sempre stato comune per l’apicultura, non solo siciliana, e normalmente l’obiettivo era quello di produrre dei mieli differenti, ci spostavamo in montagna per produrre i mieli di castagno oppure per inseguire le fioriture estive classiche, come il timo. Ora sempre più spesso diventa una pratica di emergenza che serve a salvare gli areali che hanno la produzione.
Sono fallite aziende a causa della siccità?
Conosco diverse aziende, anche amiche, che negli ultimi cinque anni hanno chiuso e non per problemi anagafici, ma proprio perché è sempre più difficile avere un reddito. Ma è anche particolarmente triste perché soprattutto chi fa apicoltura da reddito e vende il miele all’ingrosso ha avuto l’anno scorso il problema di vendere perché c’era il mercato europeo intasato da un similmiele che ha invaso i mercati non solo italiani ma europei, in genere. Accanto a questo abbiamo il problema ambientale che è fatto di tanti pezzi tra cui i cambiamenti climatici sono la cosa più importante. Abbiamo sempre avuto in agricoltura, in isotermia, delle annate sfavorevoli. Il problema è che negli ultimi dieci anni siamo passati da un’annata brutta a una peggiore, con pochissime eccezioni
Quest’anno le previsioni sono che vada peggio dell’anno scorso?
Catastrofica. Ma essendoci siccità dappertutto, chiaramente l’ipotesi per il futuro prossimo sono estremamente negative.
Ci sono anche delle responsabilità dell’uomo secondo lei, nella gestione della crisi idrica in Sicilia, nel senso si poteva fare di più e diversamente?
Per quanto riguarda l’agricoltura e la zootecnia, siccome loro si confrontano con gli agroecosistemi in linea di massima, sicuramente si può fare più rispetto all’agricoltura, significa raccogliere l’acqua quando c’è, con i bacini di raccolta. Noi siamo proprio fanti di trincea in questa guerra non dichiarata, ma di fatto dichiarata all’ambiente, per cui noi siamo dentro i sistemi naturali oltre che negli agroecosistemi, e lì non possiamo fare assolutamente nulla perché se i fiori non hanno acqua non possiamo innaffiarli.
Perché?
I campi coltivati a sulla, una pianta per il foraggio, nel centro Sicilia chiaramente non possono essere irrigati perché comunque non ci sono le condizioni.
Quindi per salvare le api, cosa si può fare?
Noi abbiamo sempre la possibilità di fare delle cose come comunità umana, come singoli e come comunità. Nello specifico chiaramente noi abbiamo la necessità in questo momento di far sopravvivere le aziende apistiche. Non è un problema di quel migliaio di apicoltori che vivono di apicoltura, ma riguarda l’agricoltura, quindi il nostro cibo e il nostro ambiente, perché la gran parte dei fiori, sia negli ambienti naturali che negli ambienti agricoli, sono impollinati grazie alle api.
E gli altri insetti impollinatori?
In questo momento i pronubi, cioè quelli che propiziano le nozze dei fiori, che nella gran parte sono degli insetti, quelli selvatici vivono la crisi ancora più, perché mentre noi apicoltori proteggiamo le nostre api, le riproduciamo anche artificialmente, mettiamo degli input nel sistema di allevamento, per quanto riguarda i pronobi selvatici, subiscono pienamente la crisi ed è una crisi ampiamente documentata in tutta Europa, per cui in questo momento chi regge le sorti del pianeta sono le api, in gran parte allevate dall’uomo.
Cosa serve agli apicoltori per ridurre l’impatto climatico sul loro lavoro? Chiaramente tutte le politiche che vanno a salvaguardare gli ambienti naturali, quindi riduzione drastica di tutto quello che sono i fitofarmaci, che è una cosa possibile, per la salvaguarda degli ecosistemi. Poi anche banalmente per salvaguardare le aziende: comprare prodotti sani e locali. Per quanto riguarda l’ambiente, tutte le politiche veramente green sono essenziali. Ma il problema da far capire solo non è salvare le api o gli apicoltori.
E cosa?
Il problema è che le api ci stanno dando il segnale d’allarme fondamentale, e in questo momento è come se ci fosse un fiume in piena e ci sono gli ultimi argini retti da queste famiglie di insetti. Quando il fiume praticamente sfonderà a quel punto tutti quanti ci renderemo conto, ma di fatto il fiume è già esondato. Il problema, ripeto, non è salvare quei mille agricoltori siciliani. Il problema è capire che questa cosa è fondamentale per tutti.

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