“Al sapore di tartufo”, la frode è più comune sul web

tartufo

Il consumo di alimenti a base di tartufo, specialmente nel periodo invernale, è in continuo aumento ed è lecito chiedersi se questi siano etichettati correttamente e, soprattutto, che qualità di tartufo viene utilizzata come ingrediente. Ci ha pensato un attento monitoraggio del CVUA di Stoccarda. Il risultato? Le frodi corrono soprattutto on line

I tartufi sono davvero sempre usati per i prodotti al tartufo? Questi alimenti sono etichettati correttamente? I tartufi costosi sono usati come ingrediente? Sono queste le tre domande alle quali ha cercato di dare una risposta il monitoraggio effettuato dal 2019 al 2021 dagli esperti del CVUA di Stoccarda che hanno preso in esame 68 alimenti di origine animale con claims “al tartufo” e 26 alimenti che vantano il prezioso alimento acquistati on line.

I ricercatori hanno potuto verificare che la frode è rara nella vendita al dettaglio. Il tasso di reclami relativi alle informazioni inesatte sul tartufo nei campioni acquistati on line era significativamente più alto (circa il 46%). La frode più comune ha a che fare con il bassissimo quantitativo di tartufo identificato negli alimenti che vantavano la presenza del costoso ingrediente in etichetta: stiamo palando di formaggi, carne, pizze o primi piatti a base di tartufo. Solo in due casi gli esperti di Stoccarda non sono stati in grado di rilevare  qualitativamente nessun tartufo.

Quanto alla specialità di tartufo più usata come ingredienti, il CVUA ha dimostrato che è il tartufo estivo quello di gran lunga più diffuso. Le analisi hanno rilevato la presenza di  tartufo estivo (T. aestivum) in 62 campioni, ovvero in quasi il 74% dei campioni. In etichetta, viene genericamente usata la parola “tartufo”.

Simile al tartufo nero (T. melanosporum), il tartufo estivo ha una buccia scura e quasi nera, ma non può essere chiamato tartufo nero.

 

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