Chi di noi non è caduto nella tentazione del gioco delle tre carte, anche solo per capire come può l’occhio vedere quello che la mano gli nasconde? La nostra natura è fragile, siamo indotti ad errare e, in qualche caso, siamo anche contenti di essere stati ingannati. Esiste una forma di arte la “trompe-l’œil” che basa tutto il suo successo nel creare delle illusioni ottiche. Sembrerà strano, ma anche con gli alimenti si può verificare questo fenomeno creandone alcuni che sulle nostre tavole sembrano ciò che non sono e sono ciò che non sembrano essere. La ricerca e l’innovazione nel settore ha fatto passi da gigante e numerosi punti critici per la produzione, la conservazione e la sicurezza degli alimenti sono stati superati a vantaggio dei consumatori e delle stesse aziende produttrici. La ricerca ha anche investigato su come rendere ai nostri occhi, talvolta alla nostra coscienza e ai nostri principi etici, un prodotto accettabile pur essendo altro nella sua composizione.
Mangio senza glutine perché credo che mi possa fare bene
FALSO La premessa è che chi soffre di celiachia non può farne a meno e questo per evitare il peggioramento della sua salute. Essere celiaci significa in varia misura “male assorbire” perché l’intestino da qualcosa di simile ad un “tubo corrugato” si è trasformato in un tubo liscio e quindi di poco aiuto nell’assorbire. Il glutine è responsabile, in chi è geneticamente predisposto, ma da solo il glutine non può scatenare la celiachia senza questa predisposizione. L’umanità si può classificare in chi usa prevalentemente mais, chi frumento, chi soia etc. In Europa, come in altre aree vicine, siamo molto legati ai cereali fra cui il frumento, per cui il glutine è compagno a tavola da sempre. La ricerca per offrire alternative a chi non può essere esposto al glutine, oggi offre delle soluzioni sensoriali, tecnologiche e di cottura che permettono di fare pasta, pane, prodotti da forno etc. molto simili a quelli con glutine. Ai celiaci questa soluzione, non essendoci altra cura che eliminare il glutine dalla dieta, è assolutamente da suggerire. In altre parole, si può sopperire ad una necessità con prodotti a base di riso, mais o altro. Nel caso delle persone non celiache ma che per la moda del “senza glutine” adottano questi prodotti, converrebbe riflettere se il “gioco vale la candela”. Per sopperire al glutine e surrogare le sue proprietà, devo utilizzare vari additivi. Si ricorre alla CMC (carbossimetilcellulosa, E466), al guar (farina di semi di guar o gomma di guar E412), allo xantano (gomma di xantano, E415), allo psyllium (farina di psillio), alla farina di carrube (farina di semi di carrube E410) solo per elencarne alcuni. Si hanno prodotti senza glutine ma anche con meno fibre, molto amido e dunque con un indice glicemico elevato che comporta altri problemi metabolici. Questi additivi sono necessari per creare una sorta di cenotafio ovvero un contenitore vuoto, perché senza glutine, ma che sembra pieno, almeno a vederlo dall’esterno. Nel caso di chi soffre di celiachia il tutto ha un senso, in chi non ne ha necessità perché adottare a tavola questi prodotti, per giunta spesso più costosi dei tradizionali, ricavandone additivi, grassi e altri rischi metabolici? Questo tipo di alimentazione solleva la coscienza perché diamo all’innocente glutine le responsabilità delle nostre diete sbilanciate e squilibrate.
Ho eliminato caramelle e bibite zuccherate per stare meglio
VERO Lo zucchero troppo raffinato è da molti considerato uno dei nemici della salute più subdolo che ci sia. Nato per zuccherare gli alimenti dei ricchi, per contrappasso si è oggi diffuso moltissimo nelle classi sociali meno forti. Bibite gasate, prodotti iperzuccherati o simili sono oramai padroni della tavola di moltie oggi sovrappeso, obesità, sindrome metabolica, problemi cardio-vascolari e tanto altro ancora sono considerati una sorta di pandemia. La soluzione che sembra più valida è di conservare la dolcezza di uno snack o di una bibita eliminando lo zucchero e sostituendolo con degli edulcoranti. Anche in questo caso per chi ha patologie che impongano di ridurre i carboidrati semplici ma senza perdere il gusto dolce, un edulcorante può avere un senso. Alcuni di questi edulcoranti sono centinaia di volte più dolci dello zucchero, non aumentano la risposta glicemica e ci soddisfano sensorialmente. Adottare bevande light, snack edulcorati e prodotti simili, è per taluni però solo la motivazione per aumentare le porzioni in numero o dimensioni. Se le calorie sono inferiori rispetto al prodotto convenzionale, allora posso mangiarne due o più porzioni. Quello che era un vantaggio calorico, si scioglie così come neve al sole e le calorie che derivano da grassi, proteine etc. hanno abbondantemente sostituito quelle dei carboidrati assenti. A questo inganno calorico, si aggiungono anche degli effetti che per taluni edulcoranti sono noti, ad esempio diarrea, poco assorbimento di alcuni micronutrienti, per altri specie quelli ottenuti sinteticamente sono ancora in studio per capirne i reali limiti di tolleranza. Un qualcosa di simile si osserva con i grassi dove si usano molecole sintetiche che ne devono fare le veci senza dare troppe calorie, ma sono prodotti ideati e risolvono una parte dei problemi ponendone altri. In ambedue i casi il nostro occhio, il nostro gusto e la nostra coscienza penseranno di dormire sonni tranquilli quando la soluzione per godere di prodotti più convenzionali è nel trovare una misura, nell’aggiungere attività fisica, nell’essere attore di uno stile di vita migliore.
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La carne di origine non animale mi sembra una soluzione ideale
FALSO Alcuni prodotti come polpette, carni, latte etc. a base, ad esempio, di soia sono già da tempo sulla tavola. In effetti abbiamo importato dall’oriente qualcosa di meno comune per noi come la soia e oggi si trovano anche cracker, paste secche a base sempre di legumi dove le proteine di questi vegetali possono dare vita a prodotti alternativi. Nel caso della carne si è reso necessario anche un adeguamento visivo per cui polpette o hamburger di vegetali devono sembrare del tutto simili a quelli convenzionali. Questa scelta è spesso anche etica, per chi adotta una dieta vegana o vegetariana eliminare dalla tavola prodotti di origine animale è una priorità. Le motivazioni, che siano ambientali o di rispetto della vita degli animali, sono rispettabili e queste scelte spesso si pagano anche con costi maggiori per le tasche. Anche in questo caso per avere una “carne non carnea” si rende necessario un lavoro di “maquillage”, il che significa avere proteine vegetali ad esempio di soia ristrutturata, proteine del frumento, oli di semi, etc. Il prodotto non carneo subisce un processo più elaborato, contengono spesso grassi vegetali a base di cocco, di colza o di girasole, talvolta è presente della metilcellulosa (E451) come stabilizzante/gelificante o del sorbato come conservante. Questi prodotti sono la soluzione per chi è compreso nel circa 7% di italiani vegetariani o vegani e il mercato di questi prodotti cresce di oltre il 22% nell’ultimo anno. È una soluzione che rispetta i principi etici e ambientalisti di molti, e una alternativa alla misura del consumo di carni tradizionali. Il 93% degli italiani consuma carne di origine animale, ma per alcuni in quantità superiore a quanto consigliabile. Alcune agenzie di ricerca consigliano al massimo di consumare 350-500 g a settimana e concentrate in tre porzioni eliminando quanto più possibile le carni processate. Se a questo consiglio si aggiunge di aumentare frutta e verdura fino a circa 400 g al giorno possiamo essere sufficientemente tranquilli. Indirettamente una riduzione dei consumi di carni rosse a vantaggio della loro qualità e della tracciabilità porterebbe a vantaggi ambientali e a scelte zootecniche più compatibili con il benessere degli animali.
Credo che questi prodotti non convenzionali siano pericolosi
FALSO La paura dell’ignoto è qualcosa da cui si tende a fuggire come ci racconta Platone nel mito “della caverna”. Bisogna invece girarsi avanti e non accontentarsi delle ombre del passato. Il punto critico di tutto ciò è che il futuro andrebbe disegnato da chi non subordina il puro profitto al benessere. Prodotti che sono soluzioni per chi soffre di patologie come la celiachia, o ne ha bisogno per contrastare temporaneamente stili di vita errati o per chi ha eticamente necessità di avere delle alternative, sono benvenuti. Scelte alimentari equilibrate, armoniche, etiche etc. possono coesistere se a guidarle sono la qualità dei prodotti e la misura del loro consumo. Se qualcosa è ineluttabile quello è il futuro che arriva, le scelte fatte nel passato di contrastare l’innovazione sono state perdenti ed usare questo approccio è sempre un segnale di debolezza. I mercati del senza glutine o della carne non carnea o del senza lattosio, possono rispondere alle richieste dei consumatori che hanno sensibilità, problematiche o richieste specifiche. Diversamente la strada maestra da percorrere è sempre quella di migliorare il proprio prodotto convenzionale, renderlo più sicuro, tracciabile, e più sostenibile eticamente e ambientalmente perché l’alternativa è diventare l’Alonso Quijano di Miguel de Cervantes.
Conclusioni
La carne vegetale, i prodotti senza glutine, il senza zucchero etc. sono tutti prodotti che hanno una ragione di esistere nella risposta alla necessità di soluzioni alternative al prodotto convenzionale. Sostituire un alimento o un ingrediente laddove non è frutto di una necessità, ma solo per rispondere ad un trend, rappresenta un errore. Sempre è da considerarsi un errore quello di un atteggiamento manicheo dove scompaiono le zone grigie a vantaggio di un contrapporsi se non sterile quantomeno depauperatore di energia. La paura immotivata porta a scelte di parte, dove spesso è dominante la denigrazione dell’altro mentre è molto più efficace portare sulla tavola le motivazioni di un prodotto di qualità consumato nei modi e nelle quantità giuste.