Permesso di soggiorno per lavoro: come chiederlo e cosa garantisce

PERMESSO SOGGIORNO LAVORO

Piccola guida al permesso di soggiorno per lavoro per i cittadini europei in un altro paese Ue: i casi nei quali è possibile richiederlo e quali sono i diritti che ne derivano. La differenza tra il soggiorno permanente e quello per periodi brevi

All’interno dei paesi dell’Unione europea la libera circolazione delle persone e il soggiorno all’interno degli stati membri rappresenta un pilastro della cittadinanza europea. Tale aspetto è stato rafforzato dal trattato di Maastricht del 1992, che ha portato alla graduale eliminazione delle frontiere interne nel quadro degli accordi di Schengen del 1985. Questi prevedono, nello specifico:

  • l’abolizione dei controlli alle frontiere interne per tutte le persone;
  • l’adozione di misure volte a rafforzare e armonizzare i controlli alle frontiere esterne. Questo vuol dire che tutti i cittadini dell’Unione europea possono entrare nello spazio Schengen esibendo semplicemente la carta d’identità o il passaporto;
  • una politica comune dei visti per soggiorni brevi, che permette ai cittadini dei paesi terzi figuranti nell’elenco comune dei paesi non membri di ottenere un visto unico, valido per l’intero spazio Schengen;
  • la cooperazione giudiziaria e di polizia, con tutte le forze di polizia dell’Unione che si prestano mutua assistenza nell’ambito dell’individuazione e della prevenzione dei reati. Inoltre, all’interno dello spazio Schengen, queste hanno la facoltà di perseguire i criminali in fuga nel territorio di uno stato limitrofo, con un sistema di estradizione condiviso che è rapido e prevede il reciproco riconoscimento delle sentenze penali;
  • la creazione e lo sviluppo del Sistema d’Informazione Schengen (SiS).

Gli accordi di Schengen sono stati ulteriormente rafforzati con la direttiva 2004/38/Ce relativa al diritto dei cittadini dell’Ue e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nei paesi membri e in quello dello Spazio economico europeo. I cittadini europei hanno dunque la possibilità di muoversi liberamente nei paesi dell’Unione europea e di scegliere di lavorare e vivere dove vogliono. Da tale condizione derivano degli obblighi e dei diritti.

Alla libera circolazione possono tuttavia essere applicate delle limitazioni, con lo stato membro ospitante che può, per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza o sanità pubblica, provvedere ad espellere un cittadino straniero comunitario. A tutela dei cittadini, tuttavia, sono previste delle garanzie per far sì che tali decisioni:

  • non siano adottate per ragioni economiche;
  • rispettino il principio di proporzionalità;
  • siano anche basate sul comportamento personale.

I diritti con il permesso di soggiorno per lavoro

Ma quali sono i diritti del cittadino europeo che ha permesso di lavoro in un altro paese Ue? Iniziamo parlando del caso in cui il cittadino europeo perda il lavoro durante il suo soggiorno in uno stato membro.

In tale situazione è previsto che il cittadino europeo possa continuare a stare nel paese dove ha fino a quel momento lavorato solo al verificarsi di determinate condizioni:

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  • è temporaneamente inabile al lavoro a causa di una malattia o di un infortunio;
  • è iscritto presso l’autorità competente come soggetto in stato di disoccupazione involontaria. Inoltre, se il soggetto in questione è stato occupato per meno di un anno, mantiene per almeno 6 mesi il diritto alla parità di trattamento con i cittadini del paese ospitante;
  • segue un corso di formazione professionale. A tal proposito si specifica che, qualora il cittadino comunitario si trovasse in uno stato di disoccupazione involontaria, è necessario che la formazione abbia un legame con il lavoro precedentemente svolto.

Segnalare la propria presenza e iscriversi come residente

Così come segnalato dal sito diYour Europe, in alcuni paesi membri dell’Unione europea è necessario che i cittadini europei segnalino la propria presenza alle autorità competenti entro un periodo di tempo ragionevole dal proprio arrivo. Si tratta di una pratica di rilevante importanza, visto che il mancato avviso comporta per il lavoratore delle sanzioni. Inoltre, nel caso di lavoratori dipendenti, è necessario che questi si iscrivano come residenti presso l’autorità competente del paese ospitante, al comune o in questura, dopo i primi 3 mesi di soggiorno.

In sede di registrazione viene rilasciato al lavoratore un certificato di iscrizione anagrafica che conferma il diritto del richiedente a soggiornare nel paese. Sarà necessario presentare:

  • la carta di identità o un passaporto in corso di validità;
  • un certificato di lavoro o un’attestazione di assunzione da parte del datore di lavoro;
  • (per i lavoratori autonomi) prova dello status di libero professionista.

Dichiarazione di presenza per soggiorni brevi

Anche per soggiorni brevi, ovvero inferiori a 3 mesi, in alcuni paesi dell’Unione europea è necessario dichiarare la propria presenza alle autorità competenti entro un periodo di tempo ragionevole successivo al proprio arrivo. Il rischio, per chi non adempie a questa pratica gratuita, è quello di incappare in una sanzione e dover pagare un’ammenda. Tuttavia, la mancata segnalazione non può mai costituire l’unica causa di espulsione da un territorio.

Per la registrazione per soggiorni brevi è necessario recarsi in questura o al comune e presentare la propria carta d’identità. Per chi alloggia in un hotel, solitamente, viene predisposto un apposito modulo dall’albergo stesso che, una volta ottenuta la compilazione da parte del cliente, provvede a fare tutto il resto contattando le autorità predisposte a tale operazione di controllo.

Al fine di permettere una migliore comprensione del meccanismo di registrazione per soggiorni in paesi Ue inferiore a tre mesi, si riporta un esempio pratico che riguarda l’Italia: un cittadino italiano è solito trascorrere le sue vacanze in Francia, paese Ue dove non è prevista per i cittadini della Ue la dichiarazione alle autorità per soggiorni inferiori a 3 mesi. Il cittadino italiano soggiorna per due mesi in Francia e, dunque, non è chiamato a dichiarare la propria presenza nel paese. Qualora, invece, il tempo di permanenza del cittadino italiano eccedesse i limiti del periodo breve, 3 mesi, lo stesso dovrebbe iscriversi in comune e dimostrare di avere mezzi sufficienti al suo sostentamento in Francia.

Il soggiorno permanente

Tra i diritti dei cittadini europei che lavorano in uno stato Ue diverso da quello di residenza, c’è quello di poter ottenere un permesso di soggiorno permanente. Questo viene rilasciato nei casi in cui il lavoratore abbia soggiornato legalmente in un altro paese dell’Ue in via continuativa per cinque anni, soddisfacendo tutte le condizioni previste. Raggiungere il soggiorno permanente vuol dire poter rimanere nel paese di destinazione per tutto il tempo che si desidera e, di fatto, poter essere equiparato ai diritti di tutti gli altri lavoratori.

In questo caso il cittadino riceve un documento che conferma la permanenza costante nel paese in cui vive e lavora, senza però l’aggiunta di particolari condizioni. È infatti un documento profondamente diverso rispetto al certificato di iscrizione anagrafica, che in molti paesi è obbligatorio e che non ha nessun carattere di obbligatorietà per i cittadini Ue. Ma perché farlo allora? A spiegarne i vantaggi è il portale di “Your Europe” che sottolinea come il permesso di soggiorno permanente per i cittadini dell’Unione europea possa rivelarsi uno strumento utile per l’adempimento di formalità amministrative o nei rapporti con le autorità competenti. Questo vuol dire che le autorità non possono più chiedere di dimostrare al cittadino comunitario se ha un lavoro, se dispone di risorse sufficienti o di un’assicurazione sanitaria. Appare evidente, dunque, che si tratti di uno sgravio amministrativo non da poco per chi intende vivere ed integrarsi in un paese Ue che non è il suo per nascita.

Nei casi di cittadini stranieri comunitari, il documento che certifica il diritto di soggiorno permanente può essere richiesto solo dimostrando che si è vissuto legalmente per almeno 5 anni nel paese ospitante. Andrà dunque presentata l’opportuna documentazione giustificativa che varia in base al tipo di lavoro svolto dal richiedente, sia questo un lavoratore dipendente, un libero professionista, un disoccupato, un pensionato, uno studente e così via. In linea di massima, tuttavia, è possibile elencare una serie di documenti condivisi da tutte le differenti tipologie di lavoratori. Si tratta:

  • del certificato di iscrizione anagrafica valido, rilasciato al momento dell’arrivo nel paese ospitante;
  • delle prove del fatto che si è vissuto nel paese. Si tratta, ad esempio, di bollette o contratti di locazione;
  • dei documenti, come buste paga, rendiconti bancari, bollettini per il pagamento delle imposte, che provano che il cittadino straniero comunitario ha effettivamente lavorato, studiato, svolto un’attività professionale nel paese;
  • dei documenti che attestano che il cittadino straniero comunitario è autosufficiente o sta cercando in quella fase una nuova occupazione.

Nel momento in cui un cittadino straniero comunitario presenta la richiesta per ottenere un soggiorno permanente, le amministrazioni sono tenute a lasciare il documento nel minor tempo possibile. In merito ai costi di questa attività, la legge comunitaria prevede che per il rilascio del permesso di soggiorno permanente per i cittadini dell’Unione europea, non possano essere applicati prezzi maggiori di quelli richiesti ai cittadini nazionali per il rilascio della carta d’identità. Qualora tale fattispecie dovesse verificarsi, il richiedente può rivolgersi ai servizi di assistenza comunitaria.

Si ricorda inoltre che, una volta ottenuto, il permesso di soggiorno permanente per i cittadini Ue è automaticamente rinnovabile, senza particolari condizioni o requisiti, mentre la sua validità tende a variare a seconda dei diversi paesi. Infine, va sottolineato che i diritti riservati a chi ha un permesso di soggiorno permanente si applicano anche ai familiari cittadini dell’Ue. Quest’ultimi, nello specifico, potranno richiedere il documento di soggiorno permanente se hanno vissuto legalmente nel paese per 5 anni consecutivi.

È bene a tal proposito ricordare che la continuità del soggiorno non viene in alcun modo pregiudicata da:

  • assenze temporanee inferiori a sei mesi all’anno;
  • assenze di durata superiore ai sei mesi per l’assolvimento degli obblighi militari;
  • un’assenza di 12 mesi consecutivi per giustificati motivi come la gravidanza, la maternità, la malattia grave, il lavoro, la formazione professionale o il distacco per motivi di lavoro in un altro paese.

A comportare la perdita del diritto di soggiorno permanente è l’assenza dal paese ospitante per oltre 2 anni consecutivi.

Soggiorno permanente prima dei 5 anni canonici

Vi sono dei casi nei quali è possibile acquisire il diritto di soggiorno permanente prima dei 5 anni canonici. Tale possibilità è riservata:

  • a chi va in pensione e ha lavorato nell’anno precedente nel paese ospitante oppure vi ha soggiornato per tre anni consecutivi;
  • a chi smette di lavorare perché non più abile al lavoro e ha soggiornato nel paese in questione per due anni consecutivi;
  • a chi smette di lavorare perché non è più abile al lavoro a causa di un infortunio sul lavoro o di una malattia professionale. In tale scenario si ha il diritto di rimanere nel paese a prescindere da quanto tempo si sia vissuto lì prima dell’incidente o della malattia;
  • a chi inizia a lavorare in un altro paese dell’Ue come lavoratore frontaliero, ma in precedenza ha lavorato in modo continuativo per 3 anni nel paese nel quale intende ottenere il diritto di soggiorno permanente.

I motivi di espulsioni o invito a lasciare il paese

In linea di principio è possibile dire che finché un lavoratore straniero comunitario soddisfa le condizioni previste in materia di soggiorno può rimanere nel paese ospitante dell’Ue. Qualora però tali condizioni dovessero venire meno, è potere delle autorità nazionali ospitanti invitare il cittadino straniero a lasciare il paese.

Altro motivo di espulsione è legato a motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza, modalità questa che si attiva nei casi in cui si riesca a dimostrare che il cittadino straniero rappresenti una minaccia grave per il paese ospitante. Nei casi in cui si riuscisse a palesare la pericolosità di un soggetto per l’ordine pubblico, questo andrà informato dell’espulsione tramite comunicazione per iscritto all’interno della quale andranno precisati tutti i motivi del provvedimento e indicate le modalità e i termini per presentare l’eventuale ricorso.