Abbiamo portato in laboratorio 22 marchi di uova fresche e li abbiamo sottoposti a decine di prove per valutarne l’igiene, la freschezza e l’eventuale presenza di residui di insetticidi. I risultati sono confortanti tanto da farci riflettere sul fatto che l’uovo gode di buona salute… la gallina un pò meno (il riferimento è al benessere animale)
Alternativa economica alla carne, l’uovo ha vissuto negli ultimi anni due momenti di gloria. Il primo nel 2022 quando il lockdown ci ha trasformato – per forza di cose – in cuochi provetti e l’altro in questi mesi in cui il costo alle stelle di alcuni alimenti, lo ha fatto diventare la scelta anti-crisi per eccellenza. Un successo per niente immeritato: l’uovo di gallina è un alimento molto nutriente. Possiede proteine con amminoacidi essenziali (quelli cioè che l’organismo non produce e deve, per forza, prenderli dagli alimenti), vitamine (A, D, K, E e del gruppo B), sali minerali (ferro, zinco, fosforo, calcio e selenio) e grassi (mono e poli insaturi, non solo colesterolo come si crede comunemente).
L’Italia, con i suoi 12,6 miliardi di uova (dati Ismea), nel 2020 è stata il quarto produttore europeo, dopo Francia, Germania e Spagna. Sono 41 milioni le galline ovaiole tricolori, 2.600 allevamenti soprattutto nel Nord Italia (Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna) dove si concentra la maggior parte della produzione. Oltre due miliardi e mezzo di euro il volume d’affari, per la parte agricola, la lavorazione e la trasformazione del prodotto.
Le nostre prove
Una filiera che tutto sommato funziona e soprattutto garantisce che le uova che raggiungono i supermercati, prima, e poi le nostre tavole siano di qualità. Messo alla prova sull’eventuale presenza di tracce di insetticidi e sul livello di igiene, il nostro campione composto da 22 uova di diversi marchi non ha deluso.
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I marchi testati sono: Aia, Cà Bianca (Md), Carrefour (bio e non), Casa Bonelli (Todis), Coccodì Bio, Conad (bio e non), Coop (bio e non), Delizie del Sole – Eurospin (bio e non), Esselunga (bio e non), Le Naturelle (bio e non), Le Stagioni d’Italia, Ovito, Terra – Lidl, Todis Biologico
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Tutte passano il nostro test con un voto che va da Eccellente a Ottimo. Archiviati gli scandali Fipronil, che nel 2017 ha sconvolto mezza Europa con una contaminazione partita da un allevamento olandese, e prima ancora quello diossina, un orribile allarme sanitario nonché un caso politico in Belgio che ha avuto ripercussioni roboanti in tutta Europa, dall’Inghilterra all’Italia, le uova si godono il loro successo a tavola, forti anche dei nuovi e assolutori studi clinici.
Colesterolo e non solo
È vero, sono una fonte di colesterolo alimentare, ma contengono anche una varietà di nutrienti essenziali. Alcuni ricercatori hanno mostrato come un consumo moderato possa aumentare la quantità di metaboliti salutari per il cuore nel sangue. I risultati suggeriscono che mangiare fino a un uovo al giorno può aiutare a ridurre il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari. Tuttavia, per la salute del cuore, le uova vanno inserite in una dieta sana e bilanciata, che aiuti a ridurre l’accumulo di colesterolo nei vasi sanguigni. Pollice verso, dunque, ad alcuni accoppiamenti come uova e bacon. L’assoluzione dalla vecchia e diffusa condanna di essere la principale causa di colesterolemia libera questi alimenti da un pregiudizio lunghissimo. Ma non ci scarica di certo dalle responsabilità di prevedere nella dieta una buona dose di proteine vegetali, fibre e vitamine da frutta e verdura, acidi grassi Omega 3 dalla frutta secca e dal pesce per ridurre i livelli di colesterolo “cattivo” Ldl nel sangue. Senza dimenticare che una vita sana, anche per il cuore, include sempre l’attività fisica regolare.
Di fronte a un rinato protagonismo delle uova nei nostri acquisti, però, cresce anche l’attenzione degli italiani per il benessere delle galline. Secondo i dati registrati in Anagrafe nazionale, nel 2020 il 49% delle ovaiole è allevato “a terra”, il 42% in “gabbie arricchite”, il 4% all’aperto e il 5% in allevamenti biologici. Sebbene i metodi di allevamento alternativi siano la maggioranza, quello in gabbia è ancora (purtroppo) una triste realtà.
Il benessere animale? Spesso dimenticato
L’industria alimentare si sta allontanando sempre più da questi modi di produzione crudeli e gli effetti si vedono: negli ultimi anni molti marchi, dai supermercati ai produttori di cibi che usano le uova come ingredienti, hanno annunciato di volerli abbandonare, per ragioni etiche ma anche per i pericoli per la salute e per i danni ambientali. Una transizione documentata anche quest’anno dal report EggTrack di Compassion che ha monitorato i progressi di 232 aziende di tutto il mondo (128 in Italia). E all’orizzonte, anche se lontano, si vede già il divieto definitivo degli allevamenti in gabbia che l’Unione europea si appresta a mettere nel 2027.
La prova di freschezza
Oltre alle analisi microbiologiche e a quelle chimiche, abbiamo sottoposto il nostro campione a una prova di freschezza condotta attraverso un esame sensoriale che ha valutato diverse caratteristiche dell’uovo. Ci siamo rivolti a un laboratorio che ha condotto la valutazione della freschezza, innanzitutto, mediante il “test dell’acqua”: l’uovo è stato adagiato in un recipiente contenente acqua e ne è stato osservato il comportamento.
L’uovo fresco si posa parallelamente al fondo; se tende più o meno a inclinarsi siamo di fronte a un prodotto che ha iniziato la sua fase di invecchiamento; se rimane in verticale fermo si può affermare che non è fresco; se, infine, galleggia non è commestibile. Il campione è stato, poi, rotto e gli esperti ne hanno osservato le principali caratteristiche: tuorlo, albume, germe e odore. L’esame si è concluso con la cottura che ha evidenziato eventuali odori e sapori estranei.
I risultati sono quelli riassunti nelle grafiche intervallate in questo articolo: come vedete, non c’è nessun giudizio perché la tenuta delle condizioni di freschezza dell’uovo fino al Termine minimo di conservazione (Tmc) dipende da una molteplicità di fattori che ha reso, di fatto, impossibile una valutazione coerente del campione. (continua dopo l’immagine)
Come ci hanno spiegato gli esperti del laboratorio cui ci siamo rivolti, a generare l’invecchiamento delle uova sono reazioni enzimatiche, microbiologiche e chimiche. Queste reazioni partono da quando vengono deposte le uova (28 giorni prima del Tmc obbligatoriamente indicato in etichetta) e procedono con diverse velocità dipendenti da fattori esterni: stato dell’animale, conservazione dell’alimento, temperatura ambientale, trasporto, manipolazione e via dicendo. Dunque, anche a parità di data di deposizione, ci sono uova che hanno già iniziato l’invecchiamento e altre che, invece, sono ancora fresche.
Abbiamo utilizzato come giudizio “ottimale” e “non ottimale” per sottolineare che, anche in presenza di alcune criticità, non è mai stata messa in discussione la commestibilità dell’uovo. (continua dopo l’immagine)
C’è da dire che il test dell’acqua per verificare la freschezza dell’uovo non è l’unico che si può condurre su questi alimenti ma è certamente una prova inequivocabile e facilmente effettuabile anche a casa: basta, infatti, far invecchiare un uovo e verificare il suo comportamento in ammollo.
L’altro metodo è quello della speratura: le uova vengono sottoposte a un controllo visivo in apposite camere dove un operatore nella semioscurità osserva in controluce le uova che scorrono su un nastro trasportatore, in modo da poter osservare in trasparenza il contenuto e mettere in evidenza incrinature del guscio, macchie di sangue, presenza di inclusioni, disposizione e grandezza del tuorlo e della camera d’aria. Le uova difettose possono essere declassate, scartate o destinate alla trasformazione a seconda del tipo di difetto. È il metodo utilizzato dalle aziende, e soprattutto dai centri di imballaggio, per classificare i prodotti prima di metterli in commercio.
Certo, questo metodo avrebbe fornito dei dati analitici da confrontare con limiti previsti (il Regolamento Ue 589/2008 prevede che le uova di categoria A debbano presentare alcune caratteristiche quali l’altezza della camera d’aria inferiore a 6 mm mentre per le extra questa altezza non deve superare i 4 mm) e probabilmente di avere anche l’entità dell’invecchiamento. Peccato che i laboratori indipendenti dai produttori che effettuano questa prova siano talmente pochi che per noi si sia rivelato impossibile trovarne uno accreditato.