Il norovirus è insidioso e ancora poco conosciuto. È stato per anni il protagonista della contaminazione dei frutti di bosco surgelati in tutto il mondo. Potrebbe essere tra le cause del morbo di Crohn. Rigorose norme igieniche possono però allontanarlo.
Il ritorno a una parvenza di normalità, da quando sono decadute le misure restrittive di contenimento del Covid-19, ha abbattuto le barriere che ci tenevano lontani da comuni e insidiose infezioni. La fine del lockdown ha segnato la ripresa in circolazione di batteri e virus piuttosto diffusi, soprattutto nella catena alimentare. Uno di questi è il norovirus, un ospite indesiderato causa di focolai e intossicazioni.
In realtà consumare cibo crudo, soprattutto se non adeguatamente igienizzato, espone a tanti altri rischi. L’assunzione di cibi crudi è una pratica molto diffusa in tempi recenti. Uno stile di vita sicuramente sano (ridurre al minimo i trattamenti e la cottura della verdura, per esempio, aiuta a preservarne i principali nutrienti), ma che richiede cura e comportamenti adeguati.
Il consumo di frutti di bosco crudi negli ultimi anni ha provocato migliaia di casi di norovirus e di epatite A in Italia e non solo. Prima della pandemia i casi di contaminazioni da norovirus attraverso i frutti di bosco erano in aumento sia in Europa che nel resto del mondo. Già nel lontano 2013 due enterovirus come il noravirus e l’epatite A nei frutti di bosco congelati e consumati crudi, avevano messo in allerta la Danimarca. Le autorità sanitarie registrarono un incremento anomalo dei casi. L’anomalia lasciò subito spazio alla certezza che l’infezione derivasse dal noto “smothie”, il frullato a base di frutti di bosco congelati e diffuso nei Paesi scandinavi. Così, i focolai si estesero anche in Svezia, Norvegia e Finlandia. In poco tempo interessarono anche l’Italia.
Da quel momento, Covid a parte, la diffusione del norovirus ha segnato un costante aumento. Il norovirus nella lattuga contagiò 414 francesi nel 2016. In entrambi i casi (frutti di bosco e lattuga) l’unica soluzione per non ammalarsi sarebbe stata quella di bollirli prima del consumo, per evitare rischi e inutili.
Non conosci il Salvagente? Scarica GRATIS il numero con l'inchiesta sull'olio extravergine cliccando sul pulsante qui in basso e scopri cosa significa avere accesso a un’informazione davvero libera e indipendente
Il problema è che il norovirus circola anche attraverso altri cibi crudi e comportamenti poco igienici.
Cos’è il norovirus
L’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ricorda che i norovirus sono stati scoperti, e isolati per la prima volta nel 1972. Sotto la lente del microscopio si presentano con un singolo filamento di Rna e appartengono alla famiglia dei Caliciviridae. Questi semplici microorganismi sono tra gli agenti più diffusi di gastroenteriti acute di origine non batterica, costituendo così un serio problema nel campo della sicurezza alimentare.
Sono anche comunemente noti come virus di Norwalk, dal nome della città dell’Ohio centro di un’epidemia di gastroenterite segnalata nel 1968.
Dove si diffonde
Le infezioni causate da questo virus si manifestano soprattutto in contesti comunitari, negli ospedali, nelle case di riposo, nelle scuole. Da questa circostanza si spiega uno dei motivi per i quali hanno ripreso a contagiare da quando sono cadute le barriere del lockdown, soprattutto nei luoghi pubblici solitamente affollati come scuole e ospedali, e non adeguatamente igienizzati.
Il norovirus si diffonde anche in ambienti confinati e condivisi come per esempio le navi da commercio e da crociera.
Un nemico quasi invisibile
In passato i norovirus hanno posto qualche problema diagnostico. Infatti, fino a qualche anno fa era possibile identificarli solo con l’osservazione al microscopio elettronico, date le minuscole dimensioni, o misurando la presenza di anticorpi nel sangue.
Da una decina d’anni sono stati sviluppati test diagnostici rapidi con l’uso di marcatori molecolari o mediante test commerciali Elisa (acronimo dall’inglese Enzyme-Linked Immuno. Assay) per la ricerca del virus da campioni biologici. A oggi, sono noti tre genogruppi di norovirus: GI, GII e GIV in grado di infettare l’uomo, suddivisi in più di 30 genotipi.
Sintomi e incubazione
Il periodo di incubazione del norovirus è di 12-48 ore. L’infezione dura dalle 12 alle 60 ore.
Il norovirus si può manifestare con sintomi acuti e molto comuni, quindi facilmente confondibili con altre patologie o infezioni. In genere il norovirus si può manifestare con:
- gastroenteriti (Nausea e vomito, soprattutto nei bambini. E anche, diarrea acquosa e crampi addominali);
- leggera febbre.
Dove si trova
La trasmissione dei norovirus avviene direttamente da persona a persona, per via orofecale o via aerosol, oppure tramite acqua o cibo infetti, ma anche per contatto con superfici contaminate. Nella maggior parte dei casi documentati la trasmissione è avvenuta mediante il consumo di acqua o alimenti contaminati.
L’alimento potrebbe essere contaminato alla fonte, da acque infette, sia nel caso di frutti di mare (in particolare ostriche) sia di verdure fresche o di frutti di bosco. In molti casi, la contaminazione è stata attribuita alle cisterne di raccolta dell’acqua o a piscine e fontane.
Sono state inoltre descritte diverse epidemie legate al consumo di alimenti contaminati da parte di un produttore o distributore, subito prima del consumo.
Le epidemie sono spesso associate al consumo di frutti di mare crudi, insalate, frutti di bosco, acqua contaminata, cibi freddi, germogli, erbe e spezie.
Il pericolo
La malattia non ha solitamente conseguenze serie, e la maggior parte delle persone guarisce in 1, massimo 2 giorni, senza complicazioni. Normalmente, l’unica misura è quella di assumere molti liquidi per compensare la disidratazione conseguente a vomito e diarrea.
La disidratazione può rappresentare una complicazione più seria per i bambini, gli anziani e i soggetti con precario equilibrio metabolico o cardiocircolatorio.
Il punto è che questo virus è molto insidioso. Gli esperti ricordano che non esiste un trattamento specifico contro il norovirus. Ma, a differenza dell’epatite A (HAV), per il noravirus non esiste neppure un vaccino preventivo.
Senza contare che i meccanismi di immunizzazione sono poco conosciuti. Secondo i Cdc (Centers for Disease Control and Prevention) l’immunità dura solo alcuni mesi. Ciò significa che lo stesso individuo può essere infettato dal virus più volte nel corso della vita.
Il norovirus è altamente infettivo, al punto che bastano 10 particelle virali per dare vita a un’infezione. Data la loro persistenza nell’ambiente, che ne permette la replicazione e diffusione anche per due settimane dopo l’infezione iniziale, sono difficili da controllare ed è quindi necessario applicare rigorose misure sanitarie per prevenirli e contenerli.
I norovirus sono piuttosto resistenti nell’ambiente, sopravvivono a temperature sopra i 60°C e anche in presenza di cloro, normalmente utilizzato per disinfettare le acque potabili. Inoltre, rimangono nelle feci delle persone infette per almeno 72 ore dopo la guarigione.
Per tutte queste ragioni, è facile intuire i motivi per cui la famiglia di questi virus sia così temuta e insidiosa, con conseguenti problemi per la gestione di eventuali focali, casi di panico diffuso, possibili confusioni tra diagnosi e cure, e costi per il sistema sanitario che si possono evitare con semplici accortezze.
Come prevenire
L’unica forma di controllo efficace del norovirus è l’attuazione di rigorose misure igieniche nella manipolazione e distribuzione di cibi e bevande. Misure che dovrebbero diventare pratica normale anche nella vita quotidiana (sia domestica che nell’attività economica), visto che dall’igiene personale e dal lavaggio degli alimenti dipende la diffusione di tanti altri batteri e virus.
Nel caso di noravirus è evidente che solo misure molto stringenti, a partire da un’accurata igiene personale degli addetti alla manipolazione e distribuzione dei cibi, possono prevenirne la diffusione.
L’Istituto superiore di sanità suggerisce di seguire le norme e i consigli tipici della prevenzione di qualsiasi tossinfezione alimentare. Dunque, bisogna:
- lavarsi le mani molto bene prima di toccare i cibi (e più frequentemente);
- non lavorare e soprattutto non stare a contatto con il cibo quando si è indisposti, soprattutto se si è affetti da gastroenterite, e fino a 3 giorni dopo la guarigione;
- lavare e disinfettare accuratamente tutti i materiali e le superfici (dalle tovaglie e tovaglioli ai grembiuli e teli da lavoro, fino agli utensili) che possano essere venuti a contatto con una persona infetta e/o con il virus;
- utilizzare solo cibi di provenienza certificata, soprattutto nel caso di alimenti che vengono cotti poco, come i frutti di mare o le verdure fresche;
- eliminare tutte le scorte alimentari che potrebbero essere state contaminate da un addetto infetto e/o da altre fonti di norovirus;
- tenere separati i soggetti che portano pannolini e pannoloni, soprattutto in asili e case di riposo, dalle aree dove viene preparato e distribuito il cibo.
Il norovirus scatena il morbo di Crohn?
Questo interrogativo se lo sono posti, di recente, i ricercatori della Langone Health e della Grossman School of Medicine della New York University. Questi esperti sospettano che alla base del morbo di Chron non vi siano solo spiegazioni legate alla predisposizione genetica.
Nel loro studio, pubblicato sulla rivista scientifica Nature a ottobre del 2022, sono stati pubblicati i primi risultati di una serie di esperimenti sui topi e sui tessuti umani.
I ricercatori americani hanno scoperto, per la prima volta che nelle persone sane i linfociti T rilasciano una proteina chiamata inibitore dell’apoptosi 5 (API5). Questa proteina mette in allerta il sistema immunitario per arrestare l’attacco alle cellule delle pareti intestinali. Quando viene meno questo meccanismo di allerta, il sistema immunitario si attiva contro le cellule del tratto intestinale.
Una delle cause di questo cortocircuito potrebbe essere riconducibile anche all’infezione da norovirus, che annullerebbe il ruolo protettivo e difensivo di questa proteina rilasciata dai linfociti T. A quel punto il sistema immunitario va in crisi e l’intestino è vulnerabile agli attacchi, diventando probabilmente più esposto a una infiammazione cronica. Appunto, alla malattia del morbo di Chron. Una patologia che può portare alla morte ma soprattutto a un malessere e conseguenze croniche nel lungo tempo.