Tra le sanzioni imposte dal datore di lavoro al proprio dipendente c’è la lettera di richiamo: cosa può fare il ricevente per contestarla

lettera di richiamo ufficio

Tra le sanzioni imposte dal datore di lavoro al proprio dipendente c’è la lettera di richiamo: cosa può fare il ricevente per contestarla

In un rapporto di lavoro subordinato viene data la facoltà al datore di lavoro di sanzionare i propri dipendenti al verificarsi di determinate condizioni previste dalla legge. Si tratta di sanzioni che hanno ripercussioni solo da un punto di vista civilistico e che, dunque, non possono mai sfociare nel piano amministrativo o penale. Secondo quanto riportato dal Codice civile, il dipendente ha l’obbligo di svolgere le sue mansioni osservando:

  • diligenza nella prestazione dovuta, nell’interesse dell’impresa e di quello della produzione nazionale;
  • l’obbligo di fedeltà all’azienda, ovvero il divieto di trattare affari per conto proprio o di terzi in concorrenza con l’imprenditore, o di divulgare notizie attinenti al proprio lavoro.

Nei casi in cui dovessero venire meno tali disposizioni, il datore di lavoro potrà provvedere ad applicare delle sanzioni al proprio dipendente. Queste possono essere:

  • il rimprovero verbale;
  • l’ammonizione (o biasimo) scritta;
  • la multa, ovvero delle trattenute in busta paga dell’importo corrispondente ad un massimo di 4 ore di retribuzione base;
  • la sospensione dal servizio con conseguente interruzione della retribuzione (per un massimo di 10 giorni);
  • il trasferimento ad altra sede o reparto;
  • il licenziamento.

Si tratta, come evidente, di sanzioni con diversi effetti per il lavoratore, indicate in precedenza in ordine di gravità, dalla più leggera alla più pesante. Le stesse sanzioni, infatti, andranno proporzionate alla gravità della condotta in contestazione del dipendente che, tuttavia, ha degli strumenti a sua disposizione per potersi difendere nei casi in cui ritenesse ingiusto il trattamento subito.

Come contestare una lettera di richiamo

Ci soffermiamo in questa fase dell’ammonizione scritta o lettera di richiamo, cercando di capire con quali mezzi e strumenti questa può essere contestata formalmente dal dipendente.

Come primo atto, il dipendente che riceve un’ammonizione scritta e intende contestarla, deve inviare una lettera di generica contestazione all’azienda attraverso una raccomandata o un indirizzo Pec entro il termine massimo di 60 giorni che decorrono dal momento in cui il dipendente ha avuto conoscenza della sanzione. In questa missiva non deve essere necessariamente spiegato il motivo della contestazione, ma è sufficiente che il dipendente riporti la propria chiara volontà di contestare la sanzione applicata in quanto la ritiene illegittima.

Non conosci il Salvagente? Scarica GRATIS il numero con l'inchiesta sull'olio extravergine cliccando sul pulsante qui in basso e scopri cosa significa avere accesso a un’informazione davvero libera e indipendente

Sì! Voglio scaricare gratis il numero di giugno 2023

La lettera di contestazione alla sanzione, tuttavia, non viene quasi mai tenuta in considerazione dal datore di lavoro che, difficilmente, ritratterà la sanzione applicata. Al dipendente che intende far cancellare la propria sanzione non resta dunque altra via che ricorrere al tribunale. In questo caso il termine massimo per il ricorso è fissato a 180 giorni dal ricevimento della lettera di contestazione, ovvero quella da spedire nei 60 giorni dal ricevimento della lettera di richiamo. Servirà poi che il dipendente indichi un proprio avvocato difensore che lo assista nell’iter del processo giudiziario. A decidere sulla cancellazione della lettera di richiamo sarà in questo caso un giudice che si esprimerà sulla base delle testimonianze e delle prove lui pervenute.

Lettera di richiamo, cos’è in dettaglio

In base a quanto già detto in precedenza, la lettera di richiamo o biasimo rappresenta una delle forme più lievi di sanzioni che possono essere applicate dal datore di lavoro nei confronti di un lavoratore dipendente. Questo vuol dire che la sua applicazione non comporta in nessun modo delle conseguenze sulla remunerazione del lavoratore, come nel caso delle multe, e sul suo servizio, come nel caso della sospensione o del trasferimento. In tal senso possiamo dire che la lettera di richiamo rappresenta un vero e proprio ammonimento, messo in atto dal datore di lavoro per far si che il proprio dipendente comprenda l’errore commesso e torni ad operare secondo i criteri di diligenza prevista dal proprio contratto. Così come avviene nel calcio, dove per essere espulsi dal campo di gioco servono due cartellini gialli nella stessa partita, anche nel mondo del lavoro una lettera di richiamo – che nelle metafora in atto rappresenta il cartellino giallo – serve ad informare il dipendente che, in caso di ulteriori e reiterati comportamenti non idonei, potrebbero essere prese delle sanzioni più pesanti ed incisive. Se ne deduce che la lettera di richiamo è uno strumento sanzionatorio rivolto ad infrazioni di piccola gravità.

Per evitare di generare confusione, si ricorda inoltre che la lettera di richiamo è profondamente diversa dalla nota di qualifica. Quest’ultima, infatti, non ha natura sanzionatoria, ma si limita a fornire una valutazione complessiva dell’attività del lavoratore dipendente, ed è redatta dal superiore gerarchico. Qualora al suo interno venisse offerta una valutazione del dipendente fortemente negativa, la nota di qualifica potrebbe essere il punto di partenza per una successiva sanzione a sé stante che, tuttavia, non conferisce carattere sanzionatorio autonomo alla nota.

Lettera di richiamo: quando, come e perché viene spedita

Una lettera di richiamo viene generalmente adottata dal datore di lavoro nei casi in cui il dipendente:

  • non rispetta gli orari e le consegne del lavoro;
  • non svolge in maniera diligente e puntuale le proprie mansioni;
  • ha un comportamento pericoloso per la sicurezza nei luoghi di lavoro;
  • ha un comportamento scontroso con un cliente;
  • utilizza un linguaggio non adatto nei confronti del datore di lavoro;
  • utilizza materiale aziendale per scopi personali.

Al fine di rendere efficace e valida una lettera di richiamo, il datore di lavoro deve necessariamente rispettare la procedura imposta dallo Statuto dei lavoratori per tutte le sanzioni disciplinari. In primo luogo il datore di lavoro ha l’obbligo di comunicare al dipendente l’avvio del procedimento disciplinare a suo carico, al fine di consentirgli di difendersi. Si tratta di un passaggio che è prodromo alla lettera di richiamo, il che vuol dire che il dipendente non potrà mai ricevere un’ammonizione scritta se prima non è stato informato direttamente dal datore di lavoro e non ha avuto modo di presentare le proprie ragioni.

Inoltre, è previsto che la comunicazione di avvio del procedimento disciplinare debba essere tempestiva e specifica. Nel primo caso, quello della tempestività, si intende che la lettera di richiamo deve essere inviata con sollecitudine rispetto ai fatti contestati e non diverso tempo dopo. Il datore di lavoro, dunque, una volta appreso di un comportamento sanzionabile di un suo dipendente, dovrà dare subito il via a brevi indagini per verificare l’eventuale responsabilità del dipendente e spedirgli prontamente la contestazione. La pena, in caso di tempi troppo lunghi, è l’illegittimità della sanzione stessa.

Con specifica, invece, si fa riferimento al fatto che l’ammonizione scritta deve individuare con sufficiente precisione l’illecito commesso dal dipendente, inquadrandolo in relazione al tempo e alle circostanze concrete. Andrà dunque indicato uno specifico comportamento ritenuto illecito del dipendente, specificando quando e in che modo tale operosità avrebbe rappresentato una violazione del codice disciplinare o della legge.

Per quel che riguarda l’invio della lettera di richiamo, l’azienda deve comunicare l’avvio del procedimento disciplinare attraverso raccomandata a/r o consegna a mano con copia controfirmata dal dipendente. Anche nei casi in cui il procedimento viene anticipato oralmente, questo sortisce i suoi effetti solo con l’invio della comunicazione ufficiale.

Lettera di richiamo, il ruolo del dipendente

Quando il dipendente riceve una lettera di richiamo, a mano o con raccomandata a/r, ha un massimo di cinque giorni di tempo per presentare le proprie difese. Queste potranno essere rivolte al proprio datore di lavoro sia a voce che per iscritto, con quest’ultima ipotesi che ha senza dubbio un maggior ruolo garantista. Nella redazione della propria difesa il lavoratore dipendente può avvalersi della collaborazione di un sindacato o di un avvocato. La risposta scritta al provvedimento disciplinare può essere presentata a mano e controfirmata, oppure inviata tramite raccomandata a/r o via Pec. In tale risposta, solitamente, viene chiesto un incontro con il datore di lavoro il quale per legge non potrà sottrarsi a tale opzione. All’incontro, qualora sia nelle volontà del dipendente, potrà essere presente anche un sindacalista, ma non l’avvocato. Qualora il dipendente non dovesse presentarsi all’incontro, potrà richiederne il rinvio solo in presenza di un giustificato motivo.

Il datore di lavoro, una volta che si sono verificati gli eventi precedentemente descritti, ovvero sia avvenuto l’incontro con il dipendente o siano trascorsi cinque giorni, deve decidere tempestivamente come proseguire e, in caso di conferma della sanzione, comunicarlo al dipendente. La lettera di richiamo, come detto, dovrà essere inviata senza ritardo e motivata con le ragioni per le quali non è stata ritenuta sufficiente la difesa posta in essere del dipendente. Quanto ai tempi di comunicazione della lettera di richiamo, il datore di lavoro e il dipendente devono fare riferimento al contratto collettivo nazionale.