Le clausole vessatorie penalizzano sempre il consumatori. Cerchiamo di capire quali sono, come si possono contestare e quando rendono nullo il contratto
Iniziamo dalla definizione: per clausole vessatorie si intendono tutte quelle clausole previste all’interno di un contratto che favoriscono una delle parti attraverso il prorio contenuto, determinando un vero e proprio squilibrio nel rapporto tra diritti e doveri di entrambi. In genere la parte che le subisce è quella più debole: il consumatore.
Dove viene normata la disciplina sulle clausole vessatorie? Prima di tutto nel Codice civile – articoli 1341 e 1342 – e nel Codice al consumo, nell’articolo 33 e seguenti.
Occorre fare ora una doverosa distinzione sulla determinazione della disciplina a cui fare riferimento, che segue la natura dei contratti, o meglio dei contraenti. Si dovrà utilizzare il Codice civile quando si parla di contratti che vedono coinvolti professionisti o imprenditori, o tra consumatori. Quando invece il contratto prevede un accordo tra le parti intese come professionista e consumatore, si applica la disciplina prevista dal Codice al consumo.
Consumatore e professionista, definizioni
Approfondiamo ora il ruolo dei protagonisti del contratto e le definizioni che li riguardano, ad iniziare dal professionista, ossia la persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività, sia essa professionale, imprenditoriale, commerciale, artigianale (compreso un diretto intermediario), così come prevede l’art. 3 c. 1 lett. c del Codice del consumo.
Con il termine consumatore invece si intende la persona fisica che agisce per scopi che sono estranei all’attività, sia essa professionale, commerciale, artigianale, imprenditoriale, come determinato nell’art. 3 c.1 lett. 1 del Codice del consumo.
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Clausole vessatorie e contratti, dove le troviamo
Dopo aver definito cosa sono e quali figure riguardano, approfondiamo ora il “dove” possiamo trovare maggiormente le clausole vessatorie. In primis, lsi trovano nei contratti etichettati come standard, e in tutti quei contratti che, durante la sottoscrizione, hanno previsto la sottoscrizione di formulari o di documenti stilati da una delle parti in maniera unilaterale, meglio conosciuti come contratti tipo.
Si tratta di contratti che vengono predisposti da uno solo dei contraenti, e dove il contratto mira a regolare diversi rapporti con il ricorso a condizioni generali di contratto. Un esempio? I contratti che regolano i consumi, dalle utenze elettriche a quelle del gas, fino alla telefonia e al comparto assicurativo.
Una caratteristica dei contratti in questione è il ruolo delle parti, nominate e definite rispettivamente con il termine di predisponente (colui che predispone il contratto) e l’aderente, colui invece che accetta e sottoscrive le condizioni generali di contratto.
È fondamentale, per la validità di un contratto di questo tipo, che l’aderente venga messo a conoscenza del contenuto integrale del contratto, così come richiamato dall’ordinaria diligenza dell’articolo 1341 c. 1 c.c.. Ecco dunque che la conoscibilità o conoscenza diventa condizione essenziale per l’efficacia del contratto, dimostrabile con sottoscrizione manifesta ed espressa in maniera esplicita, chiara e determinabile.
Qualora di debba ricorrere a un’interpretazione del contratto, occorre ricordare che, in questo specifico frangente, prevarrà l’interpretazione intesa a favore dell’aderente, come vuole la così detta interpretatio contra stipulatorem (art. 1370 c.c., art. 35 c. 2 Cod. Cons.).
All’interno del Codcie civile vengono regolati, oltre alle alle condizioni generali di contratto (art. 1341 c.c.), da intendersi come regolamento contrattuale predisposto unilateralmente da una delle parti, anche i contratti conclusi con moduli o formulari (art. 1342 c. 2 c.c.). Questi ultimi includono tutti quei contratti impiegati per contenuti vari e di quantità indefinita.
Ma cosa accade se sussistono, all’interno dello stesso accordo contrattuale, delle clausole aggiunte al formulario o al modulo? In questo caso, fermo restando la compatibilità tra le cluasole presenti nel modulo e quelle aggiunte, prevalgono queste ultime, anche se le clausole originali pre-esistenti non sono state esplicitamente cancellate.
Per evitare brutte sorprese e avere una direzione chiara nella tipologia contrattuale scelta, il Codice del consumo viene prontamente in aiuto sia per quanto riguarda la predisposizione di moduli e formulari, sia per quanto riguarda la predisposizione di un singolo contratto o la predisposizione di contratti di massa, anche noti come contratti standard.
La Cassazione (6802/2010) ha inoltre chiarito che la legge si muove a tutela del consumatore rispetto a una predisposizione unilaterale del contratto prevista dal professionista, ecco perché può riguardare anche un singolo affare.
L’elenco clausole vessatorie: obbligatorio o facoltativo?
A questo punto è doveroso rispondere a un primo interrogativo: l’elenco delle clausole vessatorie all’interno di un contratto come quelli sopra esplicitati è obbligatorio o facoltativo?
La risposta è duplice, come la disciplina a cui si fa riferimento, infatti se nell’art. 1341 c. 2 del Codice civile viene considerato come tassativo, nell’elenco di cui all’art. 33 del Codice del consumo, non è da considerarsi come obbligatorio.
Ma perché questa differenza? Nel Codice civile, definire obbligatoriamente le clausole vessatorie significa ovviare a una possibile interpretazione analogica, mentre per il Codice del consumo non sono da considerarsi tassative perché comprensive di quelle clausole che comportano il famoso squilibrio tra predisponente e aderente.
Codice Civile e clausole vessatorie
Come specificato in più punti, per individuare come e dove vengono regolate le clausole vessatorie all’interno del Codice civile, occorre fare riferimento sia all’art. 1341, identificato come “condizioni generali di contratto” che all’art. 1342 indientificato con la definizione di “contratto concluso mediante moduli o formulari”.
Attenzione a un particolare: all’interno del Codice civile e della disciplina da esso regolato non troverete l’espressione esplicita di clausole vessatorie, ma quella di clausole onerose. Entriamo ora nel vivo delle clausole vessatorie o onerose regolate dal Codice Civile.
Facoltà di recedere dal contratto, le clausole vessatorie
Tutte quelle clausole che garantiscono e attribuiscono la facoltà di recesso unicamente al predisponente sono da considerarsi vessatorie. Tale facoltà dovrà essere dunque attribuibile a entrambe le parti. In quest’ultimo caso, la facoltà di recesso, garantita sia al predisponenente che all’aderente, non costituisce aspetti vessatori, al contrario della prima condizione esplicitata a inizio paragrafo.
Decadenze a carico di un contraente e clausole vessatorie
Quando, all’interno di un accordo tra le parti, viene meno la possibilità di esercitare un diritto, si parla di decadenza o meglio di clausole contenenti decadenze da cui conseguono una serie di oneri e di doveri che ostacolano l’esercizio di un diritto per una delle parti. Ne consegue che, laddove si stabiliscano termini di decadenza particolarmente ostativi per un contraente nel caso dell’esercizio di un diritto, il patto diventa automaticamente nullo (art. 2965 c.c.). Pensiamo ai contratti di compravendita, a quelli assicurativi, laddove si operi escludendo specifiche garanzie o termini necessari alla tutela delle parti in relazione a un diritto specifico.
Limitazioni di responsabilità e clausole vessatorie
Cosa accade quando il predisponente viene sollevato, in maniera totale o parziale, dalle conseguenze del proprio mancato rispetto delle condizioni contrattuali? Siamo di fronte a una limitazione della responsabilità attraverso delle clausole ben specifiche e atte ad uno scopo ben determinato.
Ma questa condotta è lecita? La risposta arriva dall’art. 1229 del Codice civile che prevede inequivocabilmente la nullità di un accordo contrattuale che mira ad escludere totalmente o a limitare in maniera parziale tutte quelle che sono le responsabilità dell’aderente per dolo o colpa grave.
Via libera invece alle clausole di esonero della responsabilità per colpa lieve, naturalmente purché la loro applicazione non violi le norme di ordine pubblico. Laddove presenti, le clausole contenenti limitazioni delle responsabilità devono essere debitamente sottoscritte, o meglio occorrerà ricorrere a quella che viene definita come doppia sottoscrizione.
Limitazioni alla possibilità di opporre eccezioni e clausole vessatorie
Ancora una volta siamo di fronte a una limitazione, o meglio, a una limitazione che interviene quando si verifica la possibilità di opporre determinate eccezioni. Stiamo parlando di clausole che possono limitare l’aderente nelle facoltà processuali, clausole che diventano vessatorie quando escludono completamente la possibilità di sollevare delle eccezioni, e la legano magari a una controprestazione o al compimento di un altro atto.
Per chiarire questo importante aspetto è fondamentale ribadire che le clausole che limitano la facoltà di proporre delle eccezioni di nullità, annullabilità e rescissione (art. 1462 c. 1 c.c.) sono sempre vietate, a prescindere dalla loro manifesta, chiara o doppia sottoscrizione.
Per non fare confusione e non incorrere in dubbi è necessario fare una specifica. Secondo quando appena esplicitato, potrebbe infatti sembrare che le clausole che regolano la durata del contratto – e che pertanto costituiscono una limitazione – rientrino tra quelle vietate. Niente di più sbagliato. Queste clausole, per quanto contenenti una limitazione, non rientrano tra le clausole che vanno a limitare la facoltà di opporre eccezioni o restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, come contenuto nell’art. 1342 c.2 c.c.
Che si tratti di durate periodica o continuata, la definizione di un arco temporale entro il quale viene prevista l’esecuzione del contratto non è mai da intendersi come clausola onerosa, perchè attiene alla normale regolamentazione dell’accordo contrattuale.
Sospensione del contratto e clausole vessatorie
Introdurre o prevedere un clausola che contenga le modalità di sospensione del contratto può determinare la presenza di una clausola onerosa? Anche in questo caso la risposta è no. Laddove, all’interno di un patto tra le parti, venga indicato il termine riportante i tempi di esecuzione continuata o periodica, predisposto su moduli o formulari, non si parla mai di clausola onerosa nè vessatoria. (Cass. 17579/2015).
Compromissione della libertà contrattuale nei rapporti coi terzi e clausole vessatorie
A questo punto appare sempre più chiara quale sia stata la linea del legislatore nell’inquadrare la normativa delle clausole vessatorie. E nel caso di clausole che vadano a compromettere la libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, come dobbiamo intendere le nostre famose clausole?
Qualora l’autonomia del contraente/controparte venga limitata in merito a una futura conclusione di ulteriori contratti (es. patti di prelazione, prezzi imposti, divieti di alineazione) in tal caso le clausole possono essere considerate non onerose, sempre previa valutazione del contenuto.
Apriamo una parentesi sulle clausole cosiddette compromissorie, ossia quelle clausole che, in caso di risoluzione, assegnano il dirimere delle controversie a un arbitrato, sia esso irrituale o libero, determinando una rinuncia – parziale se non quasi totale – alla tutela giurisdizionale.
Clausole con deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria
Vi è un altro caso in cui siamo di fronte a una clausola vessatoria, ossia quando viene designato un foro non previsto dalla legge, determinando un’esclusione – secondo competenza territoriale – del ricorso alternativo a un altro giudice. Ne consegue l’obbligo di doppia sottoscrizione, salvo che lo stesso regolamento contrattuale sia stato redatto di comune accordo tra i contraenti, esprimendo e rendendo manifesta, la volontà di entrambe le parti, da intendersi come proponente e aderente.
Terminiamo il nostro viaggio all’interno del panorama delle clausole vessatorie o onerose trattando un ultimo aspetto, quello relativo al rinnovo del contratto contenente la proroga tacita. Attraverso l’inserimento di queste clausole è possibile aumentare o prorogare i termini temporali che regolano l’efficacia del contratto, determinando sia un vantaggio che uno svantaggio. Un vantaggio nei confronti di colui che predispone il contratto e uno svantaggio per l’aderente o sottoscrittore del contratto (parte debole). Tali clausole di tacita proroga sono da considerarsi vessatorie, anche nel caso in cui siano sottoscritte non in maniera unilaterale, bensì bilaterale, pertanto da ritenersi accettate da entrambe le parti.