Disturbo dell’apprendimento non verbale: come si manifestano i sintomi e come favorire le esigenze dei bambini in difficoltà
Il disturbo dell’apprendimento non verbale non ha sempre la dovuta attenzione, nonostante gli aiuti stanzioni per le detrazioni fiscali nel corso degli anni. Quali sono le difficoltà che chi ha questo disturbo incontra durante il suo percorso di apprendimento a scuola e non solo? Cerchiamo di capirlo.
Quali sono i deficit delle abilità non verbali
Il disturbo dell’apprendimento non verbale si presenta con difficoltà di percezione, nell’imparare gesti e movimenti, nel muoversi e nella coordinazione in generale. Il disturbo ha come sigla DANV. I bambini che hanno questo disturbo hanno o possono avere:
- difficoltà nel definire la posizione degli oggetti nello spazio;
- l’impossibilità di definire mappe mentali in base a informazioni disponibili solo in base a percezioni;
- facilità nel memorizzare concetti espressi a parole;
- rallentamento nel rispondere a situazioni nuove o impreviste;
- vocabolario complesso per la propria età;
- disagio emotivo legato alla mancata comprensione di regole di comportamento sociale non scritte;
- differenza tra quoziente intellettivo e percettivo.
Questi deficit – e anche le caratteristiche positive nel bambino legate al disturbo di apprendimento non verbale – iniziano a dare i primi segnali in famiglia e a scuola, dove il minore entra in contatto con persone della propria età.
Che cos’è l’intelligenza non verbale
L’intelligenza non verbale racchiude tutte quelle capacità intellettuali che non hanno bisogno della parola per essere espresse. Si va dal problem solving all’elaborazione delle informazioni ricevute dalle percezioni, fino all’interpretazione, all’organizzazione e alla manipolazione di oggetti o stimoli esterni.
Si distinguono tra alte e basse capacità. Le alte sono quelle che si possono riscontrare a scuola o nel mondo del lavoro. Le basse, invece, sono quelle che intervengono nella vita quotidiana o per affrontare situazioni comuni. Una persona che ha un disturbo di apprendimento non verbale ha difficoltà in entrambe, ovvero in ogni situazione dove non serve parlare o scrivere per capire il contesto.
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Per capire se un soggetto ha un disturbo dell’apprendimento non verbale o no, c’è a disposizione un test che può essere effettuato da uno psicologo per capire qual è la situazione della persona e la gravità del suo disturbo.
Quali sono le difficoltà visuo-spaziali
Le difficoltà visuo-spaziali sono quelle che si presentano quando una persona non riesce a orientarsi in base a stimoli esterni non verbali e ha difficoltà nella memoria visuo-spaziale o fotografica. Supponendo di vedere un ambiente per la prima volta, una persona comune ricorderà quell’ambiente quando ci ripasserà poco dopo. Chi ha difficoltà visuo-spaziali potrebbe non riuscirci se non c’è un cartello scritto o se c’è un’indicazione solo visiva.
Non si tratterebbe di un problema di memoria a breve termine, ma solo di non avere una mappa mentale sufficiente per inserire ogni stimolo in un determinato contesto, in modo da creare un percorso ideale e orientarsi di conseguenza.
Cosa sono i disturbi di apprendimento
In generale, i disturbi dell’apprendimento sono dei livelli di apprendimento più bassi rispetto alla norma. Questo può dipendere da una serie di fattori e non si parla di un solo disturbo. Infatti, la difficoltà e il livello troppo basso si riferiscono a una tipologia specifica di apprendimento: linguaggio, percezione, memoria, verbale, non verbale, ecc.
I disturbi si manifestano soprattutto in età prescolare e scolare, in base alla tipologia del disturbo. Rivolgendosi a un medico, si possono ottenere delle visite specialistiche che serviranno a capire la gravità del disturbo e attuare strategie utili per colmare il deficit con un percorso personalizzato.
Cosa può fare la scuola
La scuola italiana prevede di utilizzare un Piano didattico personalizzato se ci sono certificazioni dei disturbi dei bambini. Ci dovrebbe essere un docente di sostegno per aiutare i più piccoli a colmare i deficit e a seguire in base alle loro necessità. Il disturbo deve essere certificato da un medico, altrimenti si rischia di confondere la non voglia di studiare con un disturbo reale.