Quando e come vengono concessi i permessi premio ai detenuti

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Perché vengono concessi i permessi premio ai detenuti? Su quali principi si fondano queste concessioni di libertà? Alcune risposte alle domande più comuni sull’argomento

 

Uno degli argomenti che più solleticano la pancia del populismo è la giustizia. La realtà è molto più complessa di come venga semplificata, spesso per ragioni di calcolo partitico o per un tornaconto che non sia di vero interesse pubblico, o di interesse del condannato e delle vittime della giustizia.

La giustizia italiana per funzionare deve essere fondata sull’equità e sui diritti a garanzia di tutti. Ma è evidente che il meccanismo necessità di riforme perché intrappolato nei fitti meandri della burocrazia e della corruzione fuori controllo.

 

I problemi della giustizia italiana

Il giurista, ex giudice della Corte Costituzionale Sabino Cassese ha fotografato lucidamente i problemi endemici della macchina giudiziaria italiana.

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“Le cause – osserva – sono soprattutto da ricercare nella lentezza dei processi e nei numeri impressionanti delle “cause pendenti”. I tempi “morti” della giustizia, allontanano dalla Giustizia stessa. Una sentenza che riconosce dopo diversi anni il diritto della parte che si è rivolta al giudice non è infatti sinonimo di … ingiustizia?

La consapevolezza nei cittadini della lentezza dei processi, nelle cause civili, comporta spesso la fuga dalle aule giudiziarie e il ricorso a vie extragiudiziali. Accade spesso così per le controversie in materia di lavoro, risolte dagli Ispettori del Lavoro, per la mole di casi che giacciono nelle sedi dei Tribunali.

Nelle cause penali, il fenomeno ha conseguenze ancora più gravi. Da un lato, vi sono persone già sotto accusa pur essendo ancora in attesa di processo. Dall’altro, si allontana la punizione del vero colpevole che, approfittando della lentezza, potrebbe svicolare dalle maglie della giustizia, avvalendosi della prescrizione”.

L’incapacità dello Stato di assicurare fatti e responsabilità in tempi ragionevoli ha determinato la condanna, numerose volte, da parte dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.

Cassese ricorda che il malessere della giustizia italiana è legato anche ai processi mediatici o processi politicizzati. “In uno Stato di diritto va ascoltato il giudice, non l’accusa che inizia la procedura”.

 

La giustizia giusta

Ci sono però 3 aspetti che differenziano in positivo la nostra Giustizia da quella di altri Paesi stranieri.

  • La Costituzione italiana obbliga la legge ad assicurare “la ragionevole durata di un processo”. “Ogni persona ha diritto ad un’equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole”. Tuttavia, i tre gradi di giudizio previsti dal nostro ordinamento servono a tendere il più possibile verso una verità processuale, a garanzia di tutti i cittadini. Per fortuna in Italia sono pochi i casi di persone condannate e poi rivelatesi innocenti. In America molti di loro sono stati giustiziati con la pena di morte.

 

  • Il secondo aspetto riguarda l’azione punitiva delle misure restrittive della libertà personale. Il diritto italiano concepisce il carcere (o le varie misure restrittive) secondo il principio di rieducazione del condannato. I corpi e le professionalità dello Stato italiano lavorano in funzione del reinserimento del condannato nella società. Tanto è forte questo principio che un decreto del 24 luglio 2014, numero 148, ha introdotto un credito d’imposta per le assunzioni di detenuti e di internati in regime di affidamento della pena. Il decreto prevede sgravi fiscali a beneficio del datore di lavoro fino ad un massimo di 530 euro mensili.

Il principio di redenzione è comunque una porta aperta che lascia anche uno spiraglio di umanità. Il saggio “Dei delitti e delle pene” dell’illuminista italiano Cesare Beccaria, pubblicato nel lontano 1764, in tal senso è stato lungimirante.

  • Nel processo penale, l’Italia è passata dal modello inquisitorio (con il giudice supremo) al modello accusatorio (le prove contro un imputato si formano durante la fase dibattimentale). Una conquista di civiltà importante.

 

I problemi delle carceri italiane

E veniamo alle misure detentive e alla restrizione delle libertà personali. Le carceri italiane sono concepite nel modo giusto, ma non funzionano. Stanno collassando a causa del sovraffollamento. I suicidi degli agenti di Polizia penitenziaria e dei detenuti sono inaccettabili.

Per non parlare degli intoppi burocratici e dei casi eclatanti, come quello raccontato nel 2016 a Il Salvagente di un detenuto che ha ricevuto il conto salato da Equitalia dopo 15 anni di carcere.

Tutto questo porta l’opinione pubblica, già disinformata e solleticata da politici populisti, a pensare che le misure restrittive alternative, i permessi premio o la liberazione anticipata di un detenuto siano una ingiustizia. Così va a finire che la disinformazione o la scarsa informazione rischiano di compromettere la legittimità di questi principi scritti nel Diritto e nella Costituzione. Il problema semmai è nel funzionamento della macchina giustizia e nella gestione della stessa.

Perché vengono concessi i permessi premio ai detenuti

La legge del 10 ottobre 1986, numero 663, conosciuta anche come legge Gozzini (dal suo promotore Mario Gozzini), disciplina queste misure e le libertà detentive in generale.

Approvata con l’intento di valorizzare l’aspetto rieducativo della carcerazione rispetto a quello punitivo. Questo impianto normativo fu approvato con il voto contrario dei neofascisti all’epoca del Movimento Sociale Italiano (Msi).

 

Quali sono i permessi premio ai detenuti e quando vengono concessi

Abbiamo 2 tipologie di permessi premio. Entrambi rientrano nelle “Disposizione particolari di carcerazione”. Vediamo quali sono e come funzionano:

  • Permessi premio.

Consistono in una concessione di libertà rispetto alla misura di restrizione e detentiva. Il giudice di sorveglianza può autorizzare per un tempo non superiore a 45 giorni all’anno il condannato a lasciare il carcere.

Per l’applicabilità di questa misura è richiesto che il colpevole sia stato condannato a meno di 3 anni di detenzione.

Viene concesso anche a chi è stato condannato a più di 3 anni, a patto che il detenuto abbia scontato almeno il 25% della pena, oppure che abbia scontato almeno 10 anni se condannato all’ergastolo.

Per l’applicazione della norma è in linea di principio sufficiente non nuocere agli altri detenuti o all’amministrazione della prigione.

 

  • Affidamento in prova al servizio sociale.

Il detenuto condannato a meno di 3 anni di detenzione (Ricordiamo che non è previsto il carcere per una pena fino a 4 anni) può subire alcune limitazioni alla sua libertà di circolazione o alle sue frequentazioni, quando viene inserito in un programma di riabilitazione. Questo programma prevede fra le altre cose l’inserimento del condannato nel mondo del lavoro e la disintossicazione da eventuali dipendenze o comportamenti antisociali.

 

Tra le disposizioni particolari di carcerazione vi sono anche altre misure:

  • Detenzione domiciliare.

Applicabile quando restano non oltre 2 anni di reclusione da scontare (in alcuni casi anche di più), o quando la condanna è limitata all’arresto di qualsiasi durata. La legge prevede di scontare la pena in casa propria o altrui, o in altro luogo di dimora, anche pubblico.

Questo beneficio si può ottenere nei casi seguenti:

  • Donna incinta o che allatta la propria prole ovvero madre di prole di età inferiore a tre anni con lei convivente;
  • Persona in condizioni di salute particolarmente gravi che richiedono costanti contatti con i presidi sanitari territoriali;
  • Persona di età superiore a 60 anni, se inabile anche parzialmente;
  • Persona di età minore di 21 anni, per comprovate esigenze di salute, di studio, di lavoro e di famiglia.

 

  • Regime di semilibertà.

Quando non si è affidati ai servizi sociali, le pene detentive non superiori ai 6 mesi possono essere scontate in regime di semilibertà, cioè con la concessione al beneficiario di passare parte della giornata all’esterno dell’istituto per svolgere attività lavorative, istruttive o comunque utili al reinserimento sociale. In caso di condanna all’ergastolo il carcerato deve aver scontato almeno 20 anni in carcere.

 

  • Libertà condizionale.

In caso di ergastolo, la legge prevede la possibile libertà condizionale dopo 22-26 anni.

 

  • Estinzione della pena dell’ergastolo.

Può essere concessa dopo 5 anni di libertà condizionale. A patto che il condannato non abbia commesso altri reati. A quel punto la pena può essere dichiarata estinta.

 

  • Liberazione anticipata.

La norma prevede che il condannato, in determinate circostanze, possa scontare la pena seguendo un calendario di 9 mesi invece che di 12, ovvero vedendosi scontati 45 giorni di pena ogni 6 mesi di carcerazione. La normativa prevede di contare fra i 6 mesi di carcerazione anche i momenti in cui il carcerato ha beneficiato di altre agevolazioni.

 

A che serve il permesso premio?

Serve proprio alla causa del reinserimento sociale e alla redenzione del detenuto. Questa è la funzione primaria della detenzione così come concepita in Italia. Il permesso premio è un atto di fiducia verso chi dimostra un cambiamento concreto.

Il problema è che il meccanismo a volte si inceppa. Le concessioni facili, ad esempio di uomini condannati per tentato femminicidio o per delitti gravi, che poi hanno reiterato i reati una volta in libertà. Ma questi pochi casi non devono compromettere la fondatezza di un principio. Chiaramente il meccanismo va riformato e reso più efficiente.

 

Come si fa per il permesso premio per un detenuto?

L’istanza di concessione dei permessi premio deve essere presentata dall’avvocato che tutela il detenuto al magistrato di Sorveglianza territorialmente competente, depositata all’ufficio matricolare del carcere in cui è ristretto il richiedente, con raccomandata A/R o per posta.

Il magistrato, prima di pronunciarsi sull’istanza, si confronta con il direttore dell’istituto penitenziario e assume ogni informazione circa le ragioni a sostegno della domanda presentata. Il magistrato di Sorveglianza può concedere la misura alternativa in via provvisoria valutando la presenza o meno del “grave pregiudizio”, la sussistenza dei presupposti per l’ammissione alla misura e l’assenza di pericolo di fuga.

La modulistica per tutte le modalità di istanze è presente sui siti ufficiali del Tribuna di Sorveglianza di ciascun Tribunale.