Per fermare l’inquinamento, il governo chiede la riduzione di quasi un terzo degli allevamenti suini, bovini e avicoli. Secondo Lav e Wwf, la situazione in pianura padana è altrettanto drammatica dal punto di vista ambientale, e anche il consumatore deve fare la sua parte
Gli allevatori olandesi non l’hanno presa bene, com’era prevedibile. Sono partite manifestazioni, blocchi stradali, persino covoni di fieno bruciati. Tutto per contrastare il memorandum per le aree rurali presentato dal governo Rutte. Il programma, mettendo sul piatto 25 miliardi di euro, punta a ridurre la produzione di azoto e ammoniaca del 70% entro il 2030. Per ottenere il risultato, si chiede al paese la riduzione di quasi un terzo degli allevamenti suini, bovini e avicoli. Secondo i calcoli che circolano, a 17.600 aziende toccherebbe abbattere migliaia di capi di bestiame e circa 11.200 dovranno affrettarsi a riconvertire le loro attività o a spostarsi, per evitare la chiusura dell’azienda. Una misura forte che però si muove seguendo delle logiche di difesa dell’ambiente e della salute che non vanno trascurato. Vista la natura controversa della misura, abbiamo chiesto a due associazioni animaliste italiane un commento.
Wwf: misura giusta, serve anche in pianura padana
Franco Ferroni, responsabile Agricoltura del Wwf dichiara al Salvagente: “Dal nostro punto di vista, vediamo bene il fatto che il governo olandese si sia posto il problema di una riforma complessiva del settore zootecnico. In pianura padana, dove c’è il 70% della nostra produzione, c’è una situazione analoga. Il problema è la gestione della transizione ecologica. Più rinviamo la scelta di conversione del settore, più rischiamo effetti difficilissimi da gestire e risolvere”.
Azoto, ammoniaca, antibiotici, deforestazione, tutti i guai connessi
Per Ferroni, la riduzione dei capi allevati è inevitabile se si vuole rendere la produzione sostenibile. E questo perché agli allevamenti intensivi sono legati diversi problemi. “Innanzi tutto, l’approvvigionamento dei mangimi – spiega Ferroni – che arriva da paesi extra europei, causando deforestazione soprattutto nei paesi dell’America latina. Con questi numeri, anche se volessimo, non riusciremmo a produrre tutto il mangime che ci serve. Poi c’è la necessità di ridurre la quantità di liquami che vengono smaltiti. Questi finiscono nei terreni, causando molta contaminazione da azoto, presenza di nitrati e eutrofizzazione dei campi. Il bestiame è responsabile anche dell’emissione di metano. Nei liquami c’è poi anche l’ammoniaca, che contribuisce all’inquinamento dell’aria. In pianura padana, oltre un terzo delle polvere sottili deriva dagli allevamenti zootecnici. A questo, poi – continua l’esperto del Wwf – si aggiunga il maggior rischio di zoonosi, come la peste suina o l’influenza aviaria. E infine la contaminazione da antibiotici, che finiscono nelle falde acquifere, e contribuiscono all’antibiotico resistenza”.
Ma l’Italia non ha nessuna intenzione di ridurre l’allevamento intensivo
Per questo, per l’associazione ambientalista, decisioni come quella del governo olandese vanno prese prima possibile. “Certo – chiarisce Ferroni – bisogna preparare un piano e una tempistica in modo da far sì che l’operazione sia sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale, economico. Dunque bisogna fissare un orizzonte che non sia troppo in là per non diventare irrealistico, ma neanche troppo immediato in modo che ci sia tempo di attuare il piano in maniera sostenibile. In Italia andrebbe fatto, per esempio in cinque anni”. Il problema è che, secondo il responsabile agricoltura del Wwf, “L’Italia non ha nessuna intenzione di farlo. Nel piano strategico nazionale della Pac non vi è nessun riferimento alla necessità di ridurre la produzione di carne negli allevamenti intensivi.
Lav: “Nessuna lacrima versata per gli allevatori”
“Speriamo che l’Italia voglia seguire l’esempio positivo del governo olandese, che pur non essendo animalista, ha deciso di fare questa azione a tutela della salute pubblica e dell’ambiente” commenta Gianluca Felicetti, presidente di Lav Italia, che condividendo le preoccupazioni di Ferroni rispetto alla situazione preoccupante della pianura padana, non ci sta a piangere lacrime di fronte al rischio dell’abbattimento anticipato di migliaia di capi di bestiame in Olanda: “Non abbiamo nessuna remora etica rispetto alla decisione del governo olandese. Sono animali fatti nascere apposta per essere macellati, e questi allevatori protestano solo per ragioni economiche”.
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Ma i consumatori devono ridurre il consumo di carne
In ogni caso, insieme alle politiche nazionali, c’è un ruolo che solo il consumatore può giocare. “È impensabile invertire la rotta – spiega Franco Ferroni – se non si parte dalla riduzione del consumo di carne. Gli allevamenti intensivi esistono perché c’è una forte domanda di carne a prezzo sempre più basso. Invece gli italiani devono abituarsi a mangiarne di meno, ma di qualità , pagando il giusto”.