Servizi a sovrapprezzo, WindTre nei guai: i Pm accusano ex dirigenti

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Secondo la Procura di Milano quella messa in atto da WindTre tra il 2017 e il 2020 era una truffa: la società, infatti, vendeva servizi a sovrapprezzo ad ignari consumatori che venivano ingannati da banner fraudolenti senza clic

Si sono chiuse le indagine avviate nel 2020 dalla Procura di Milano nei confronti di WindTre e 26 società di contenuti digitali: l’avviso è stato recapito a 33 33 persone, tra i quali dirigenti all’epoca di WindTre, di Pure Bros e di Vetrya. Il procuratore aggiunto Eugenio Fusco e il pm Francesco Cajani li ritengono, infatti, responsabili di aver venduto a ignari consumatori servizi a sovrapprezzo ingannandoli con banner fraudolenti senza clic. Un’attività remunerativa. I conti della Procura parlano chiaro: l’attività ha generato un introito di 99 milioni di euro poi spariti in vari conti esteri.

Tutto è iniziato nell’ottobre del 2020 quando – come scriviamo qui – il procuratore aggiunto di Milano Eugenio Fusco, che coordina il pool frodi reati informatici e tutela dei consumatori, e il sostituto Francesco Cajani iniziano ad occuparsi dei Vas, Servizi a valore aggiunto, attivabili a pagamento su telefoni e smartphone. Meteo, oroscopi, giochi, suonerie e molto altro che spesso ci vediamo attivati (e addebitati) senza averne fatto richiesta e senza neanche esserne consapevoli. Un giro d’affari da oltre un miliardo di euro all’anno in cui si muovono società tecnologiche con sede in paradisi fiscali e assetti societari da scatole cinesi, fornitori di servizi e dirigenti di azienda con rapporti opachi quando non vere e proprie complicità.

Qualche mese dopo, a gennaio 2021, il gip Stefania Nobile ha ordinato, su richiesta della Procura di Milano per l’ipotesi di reato di “frode informatica“, il sequestro preventivo a Wind di ben 21,2 milioni di euro, pari alla “percentuale incamerata da Wind per i servizi (a sovrapprezzo, ndr) attivati pacificamente con modalità fraudolente” fino al novembre 2018 dalle società produttrici di contenuti Brightmobi e Yoom per il tramite della piattaforma tecnologica Pure Bros.

Fino ad arrivare alla notizia di questi giorni. Secondo l’inchiesta il sistema prevedeva una media di 30/40 mila attivazioni di servizi a sovrapprezzo al giorno nella primavera del 2020, quando è stato fermato, e in tre anni come abbiamo scritto sono stati incassati circa 100 milioni di euro. La metà di questi sono finiti nelle casse di Wind Tre che ha preso la percentuale sui servizi attivati dal gruppo a sua insaputa: il procuratore ha disposto il sequestro di parte dei guadagni, alcuni dei quali transitati su conti esteri, e ha bloccato anche i guadagni “tossici”, ovvero quelli che Wind Tre ha preso come percentuale a sua insaputa.