Sicurezza alimentare: l’Europa ha davvero poco da insegnare agli altri paesi

SICUREZZA ALIMENTARE

Oggi, 7 giugno, è la giornata internazionale della sicurezza alimentare. Ma i segnali che tirano in Europa non sono per nulla rasserenanti per i consumatori, come hanno dimostrato i due ultimi scandali alimentari: quello delle pizze Buitoni e degli ovetti Kinder Ferrero. I pericoli di un sistema che delega troppo all’autocontrollo delle industrie

Il 7 giugno ricorre la Giornata mondiale della sicurezza alimentare, il World Food Safety Day proclamato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite per la prima volta nel 2019.

Una giornata che, come è ovvio, ha una valenza e degli obiettivi diversi a seconda in quale parti del mondo la si declini. Sappiamo bene che la globalizzazione abbia garantito in questi decenni i diritti delle merci (a circolare) ma non quelli dei lavoratori, dei consumatori e dell’ambiente a poter godere di tutele identiche.

Vengono alla mente, tanto per fare un solo esempio, le politiche ipocrite di chi, come i paesi europei, vieta i pesticidi e le sostanze oramai palesemente tossiche ma chiude tutti e due gli occhi quando si tratta di esportare le stesse molecole, fabbricate in Ue, nei paesi in via di sviluppo.

Lo abbiamo raccontato più volte sul nostro giornale, percui in questa giornata cambiamo punto di osservazione e rimaniamo concentrati sull’Europa. Che non sembra quel paradiso della sicurezza alimentare che in tanti vogliono dipingere.

Per capire come più di una cosa non vada anche nel Vecchio Continente torniamo su una vicenda che ha meritato titoli e pagine sui giornali di ogni angolo del mondo, mentre è stata scarsamente raccontata in Italia (eccezion fatta per ilsalvagente.it e pochi altri): quella che ha turbato i sonni dei consumatori francesi delle pizze fresche Buitoni e, in tutto il mondo, dei patiti di ovetti Kinder Ferrero e altre goloserie dell’azienda nata ad Alba (e ora residente in Lussemburgo).

Non conosci il Salvagente? Scarica GRATIS il numero con l'inchiesta sull'olio extravergine cliccando sul pulsante qui in basso e scopri cosa significa avere accesso a un’informazione davvero libera e indipendente

Sì! Voglio scaricare gratis il numero di giugno 2023

Ancora una volta partiamo dai fatti. Da quelli di casa Nestlé, e da una data: il 22 marzo quando in Francia finiscono nello scandalo le pizze surgelate Fraich’Up Buitoni, la linea fatta con pasta fresca, non precotta che deve cuocere il consumatore. Il responsabile dell’allerta è il batterio E.Coli, che ha già causato l’insufficienza renale a circa 75 bambini, due dei quali purtroppo deceduti. Serve qualche settimana di indagini alle autorità sanitarie francesi per trasformare il sospetto in un j’accuse contro le gravi carenze igieniche dello lo stabilimento di Caudry, a Sud di Lilla. A giudicare dalle cronache, le gravi carenze igieniche comprendono perfino la presenza di topi nelle aree produttive.
Nel caso della Ferrero, invece, dobbiamo oltrepassare la Manica per trovare le prime tracce di un allerta pubblico, quello della Food and standard agency su una presunta contaminazione da salmonelle che sta provocando decine di contagiati. Siamo ad inizio aprile e questa volta l’allarme fa rapidamente il giro dell’Europa (e non solo). Si scopre che in questo caso le responsabili sono le salmonelle, e il cioccolato proviene da Arlon, stabilimento belga da dove escono tonnellate di questi prodotti destinati a tutto il mondo. Italia compresa.
La Ferrero, inizia a richiamare alcuni lotti, ma ben presto finisce per subire provvedimenti che impongono il richiamo totale dagli scaffali. Ed emerge che già a dicembre 2021 aveva scoperto la contaminazione, limitandosi a richiamare i lotti che presumeva coinvolti (e che la cronaca dei mesi seguenti dimostrerà non essere i soli), senza comunicare adeguatamente l’incidente all’ente pubblico di controllo.
Uno scivolone clamoroso per l’azienda italiana che costa il ricovero a centinaia di bambini (i primi casi italiani sono emersi proprio durante la scorsa Pasqua) e di fronte al quale l’azienda chiede pubblicamente scusa.
Questi due episodi hanno ovviamente in comune il fatto di essere stati talmente gravi da non poter essere ignorati (quasi) ovunque. Ma a nostro giudizio denunciano anche una consuetudine, assai pericolosa in tempi come questi, di considerare le industrie come realtà che debbono autoregolarsi, in grado cioè di controllarsi da sole in maniera efficiente e senza troppi “intoppi burocratici” da parte di dovrebbe assicurare la salute pubblica.
Non serve essere degli acuti analisti, né tantomeno avere un atteggiamento preconcettualmente ostile, per prendere atto che le cose così non hanno funzionato. E che la logica dell’autocontrollo (o sarebbe meglio dire l’autoregolamentazione?) delle industrie non ha prodotto la sicurezza alimentare prevista. E difficilmente potrà farlo se si abdica da una forte vigilanza pubblica come si è fatto in questi anni e come molti degli attori di Big Food chiedono di fare a grandi passi in questi mesi di emergenza produttiva dovuta alla guerra in Ucraina.
Barattare la sicurezza alimentare con un presunto accesso facilitato ai cibi, scrivevamo qualche tempo fa, è un errore che può far bene solo ai profitti. O addirittura neppure a quelli, come dimostrano i danni all’immagine prodotti dalle vicende di Buitoni e Ferrero.